Era particolarmente atteso il nuovo report IPCC dopo il drammatico appello rivolto al mondo intero il mese scorso. É ormai inutile parlare di ultima chiamata, per certi versi si è già oltrepassato il punto di non ritorno ma ancora si può – e si deve – pensare a mitigare gli impatti dell’attività antropica rallentando l’innalzamento della temperatura terrestre. É una questione primaria per la generazione attuale e per quelle future, specie considerando che il decennio passato è stato quello in cui si sono registrati i più alti livelli di gas serra in atmosfera della storia (da quando esistono gli strumenti di rilevazione).
Nel Sixth Assessment Report, l’Intergovernmental Panel on Climate Change avvisa che si rende necessaria un’azione profonda e immediata, pena il mancato raggiungimento dell’obiettivo 1,5 °C (che significa raggiungere il picco nel 2025 e ridurre le emissioni del 43% entro il 2030). C’è ancora una flebile speranza, perché sì, l’inquinamento non è mai stato così elevato come ora, ma il tasso di crescita è in frenata e ciò significa che qualcosa di buono si sta facendo, specie dal punto di vista energetico con politiche ad hoc sull’incentivazione delle rinnovabili.
Obiettivo 1 (preferito): contenimento aumento temperatura di 1,5 °C entro il 2050. Picco emissioni entro il 2025, riduzione del 43% entro il 2030.
Obiettivo 2: contenimento aumento temperatura di 2 °C entro il 2050. Picco emissioni entro il 2025, riduzione del 25% entro il 2030.
I MEZZI LI ABBIAMO
L’IPCC è convinta che il percorso intrapreso da tanti Paesi sia quello giusto, ora bisogna estenderlo a livello globale per ottenere primi risultati che siano da incentivo all’innovazione. “Il know how l’abbiamo“, si legge nel documento sottoscritto da 195 governi, dimezzare le emissioni da qui al 2030 ed arrivare a un abbattimento del 70% nel 2050 non è un’utopia. E da qui deve partire – o meglio, proseguire in modo più deciso – la rivoluzione energetica, con l’abbandono dei combustibili fossili in favore di fonti rinnovabili.
LE CITTÀ
Gli edifici zero-energy e zero-carbon rappresentano il futuro e, perché no, il presente. Sono diverse le città in cui si stanno realizzando soluzioni eco-sostenibili, elemento imprescindibile per ridurre le emissioni nelle aree a forte urbanizzazione. L’IPCC sottolinea l’importanza di costruire città di piccole dimensioni, compatte, cosicché le persone si muovano preferibilmente a piedi anziché usare l’auto. Nonché di elettrificare i trasporti e di creare aree verdi in città per catturare il carbonio.
L’INDUSTRIA
Il settore produttivo è chiamato a ridurre il proprio impatto lungo l’intera filiera, dal reperimento delle materie prime sino alla dismissione ed al recupero. Migliorare il processo significa emettere meno gas serra in atmosfera, utilizzare materiali eco-compatibili, ridurre i rifiuti e progettare i beni affinché questi possano essere facilmente riciclati.
AGRICOLTURA E USO DEL SUOLO
Ridurre l’uso del suolo significa contenere le emissioni GHG e consentire ad un numero maggiore di piante e alberi di immagazzinare la CO2. Il ruolo assunto da agricoltura e silvicoltura sarà sempre maggiore nel corso dei prossimi anni.
AGIRE ADESSO
“Ora o mai più“, dice Jim Skea di IPCC. Adottare tutte le misure possibili ci porterà ugualmente a superare il limite di 1,5 °C, ma solo temporaneamente, per poi ritornare al di sotto della soglia critica. Servono “riduzioni immediate e profonde delle emissioni in tutti i settori“, che consentano di raggiungere l’obiettivo del net-zero carbon (emissioni zero al netto delle compensazioni) il prima possibile. Solo in quel momento la temperatura media globale raggiungerà un suo equilibrio, stabilizzandosi. Se così non sarà, si verificherà un surriscaldamento costante irreversibile.
Il denaro c’è, ma non viene speso in modo adeguato. Serve investire, e tanto, ma i benefici saranno superiori ai costi considerando gli effetti positivi su ambiente, società ed economia. E non solo quelli diretti, ma anche quelli indiretti e indotti. Dice Priyadarshi Shukla dell’IPCC:
Senza tener conto dei vantaggi economici della riduzione dei costi di adattamento o degli impatti climatici evitati, il PIL globale sarebbe solo di pochi punti percentuali inferiore nel 2050 se intraprendessimo le azioni necessarie per limitare il riscaldamento a 2 °C o inferiore, rispetto al mantenimento delle politiche attuali.
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