Con Horse Ridge e il controllo criogenico la multinazionale vuole superare gli ostacoli per rendere scalabili i supercalcolatori
Le rivoluzioni più importanti a volte sono quelle che si consumano in silenzio, magari nel gelo dei -273 gradi centigradi dell’ultimo computer quantistico realizzato da Intel. È questo lo spazio fisico dove si aspira a risolvere problemi fondamentali in ambito crittografico, finanziario, meteorologico e medico. “Per poter risolvere problemi utili e concreti però avremo bisogno di un milione di qubit, rispetto agli attuali 50/60. E non è solo una questione numerica ma anche di qualità. Noi abbiamo trovato un modo per risolvere uno storico collo di bottiglia di queste macchine“, spiega a Wired Stefano Pellerano, principal engineer di Intel Labs.
Addomesticare il qubit
Gli attuali computer quantistici di Ibm, Google o Honeywell sono dispositivi dai tratti spiccatamente sperimentali con capacità di calcolo potentissime ma un livello di operatività molto ridotto. Voluminose macchine di quantum computing da laboratorio che consumano decine di kilowatt costrette a stazionare dentro grandi refrigeratori. “Per sfruttare i principi quantistici e allungare la vita del qubit bisogna avvicinarsi allo zero assoluto; la zona più fredda è 300 volte inferiore a quella dello spazio profondo“, ricorda Pellerano. Il qubit insomma è un ospite difficile e pretenzioso ma dai grandissimi talenti. Il suo principale pregio è quello di poter elaborare le informazioni in una frazione del tempo che sarebbe necessario ai sistemi classici più veloci. Una supremazia quantistica dimostrata per la prima volta da Google nel 2019, sfruttando fra i tanti trucchi la cosiddetta “sovrapposizione”.
“Immaginate il bit di un classico pc come una lampadina, spenta o accesa, zero o uno. Un computer quantistico può essere zero, uno o entrambi insieme con proporzioni diverse. Come una moneta che gira e che finché va avanti, insieme ad altre, consente di risolvere algoritmi molto complessi“, puntualizza l’esperto di Intel Labs. La criticità è che per consentire alle “monete” di girare limitando al minimo le interferenze esterne bisogna ridurre drasticamente le temperature, impiegare materiali particolari e fra le tante apparecchiature anche degli specifici controller per i qubit.
“La rivista Nature ha riconosciuto le peculiarità della nostra ricerca realizzata in collaborazione con QuTech (Delft University of Technology e Netherlands Organisation for Applied Scientific Research nei Paesi Bassi, ndr). I nostri chip di controllo criogenico chiamati ‘Horse Ridge’ sono una soluzione al problema della scalabilità del quantum computing“, spiega Pellerano. Per altro sono stati chiamati così perché è la zona più fredda dell’Oregon, lo Stato dove è situata la sede di Intel Labs.
Intel Horse Ridge
Intel ha deciso di risolvere quel collo di bottiglia nel calcolo quantico che si verifica tra il chip che risiede a temperature criogeniche nel refrigeratore e l’elettronica di controllo dei qubit (esterna) che opera a temperatura ambiente. Si chiama “ostacolo del cablaggio” ed è una delle criticità che rende difficile l’incremento dei qubit: bisognerebbe affidarsi a migliaia o milioni di collegamenti fisici per le macchine del futuro.
“La nostra sperimentazione ha confermato che utilizzando uno speciale chip di controllo per qubit specificatamente progettato per operare all’interno della macchina e quindi a temperatura criogenica possiamo ottenere gli stessi risultati di alta fedeltà delle componenti elettroniche che operano a temperatura ambiente“, puntualizza l’ingegnere.
In pratica il chip Horse Ridge porta le funzioni chiave di controllo nel refrigeratore criogenico “alla minima distanza possibile dai qubit stessi, per ridurre la complessità dei cablaggi di controllo per i sistemi quantici“. La prima generazione basata sulla tecnologia FinFet Low Power da 22 nanometri di Intel anticipa la futura integrazione del chip di controllo e i qubit sullo stesso circuito o package, poiché tutto è basato su silicio. E questa è senza dubbio una delle tappe fondamentali per la scalabilità dei computer quantistici e la futura implementazione di macchine più potenti e (un domani) normalmente commerciabili. Si chiama praticità quantistica.
“Horse Ridge di fatto gira la moneta e ne legge poi il risultato. Le informazioni vengono poi veicolate all’esterno in una modalità più semplice da gestire e anche resistente alle interferenze. Aver tanti quibit senza risolvere il collo di bottiglia del controllo sarebbe come guidare una Formula 1 durante l’ora di punta sulla tangenziale di Milano“, sottolinea lo specialista.
Spin qubit a noleggio
Il quantum computing nella maggior parte dei casi oggi è accessibile come servizio cloud a pagamento: si “noleggia” una certa quantità di calcolo per un determinato tempo. Sono pochissime le realtà che acquistano una macchina per i propri laboratori. Ecco il motivo per cui Intel ha intenzione di attivare per il futuro un servizio a pagamento come i concorrenti Google e Ibm. Horse Ridge diventerà quindi uno degli elementi hardware delle macchine che verranno impiegate.
La prima unità sperimentale usata per dimostrare l’accuratezza del progetto di ricerca consentiva solo il controllo dei qubit, ma la seconda attualmente in fase di test include anche l’azione di monitoraggio e altre funzioni. Pellerano sottolinea: “I qubit fisicamente assomigliano a transistor, dispositivi che Intel è in grado di produrre su grandissima scala grazie a processo produttivi litografici. La differenza rispetto ai modelli Google e Ibm basati su superconduttori è che il nostro spin qubit rispetto al loro qubit è piccolo come un chicco di riso di fronte a un campo da calcio“.
Gli spin qubit di Intel Labs funzionano sulla base della rotazione del momento magnetico (spin) di un singolo elettrone nel silicio, controllato da impulsi a microonde. Ricordano i qubit superconduttori però hanno qualche pregio in più. Sono assimilabili ai componenti semiconduttori presenti nell’hardware tradizionale, consentono una temperatura di esercizio leggermente più alta, rimangano coerenti molto più a lungo e un miliardo di loro potrebbero teoricamente stare in un millimetro quadrato di spazio.
“L’efficienza del quantum computing non è solo nel numero dei qubit o la loro qualità ma anche il cosiddetto full stack che include software, algoritmi quantistici e altri elementi – conclude Pellerano -. Agli Intel Labs ci sono più di 700 ricercatori ma è la combinazione di più discipline il nostro punto di forza. Non aspiriamo a prevedere il futuro, bensì a crearlo“.
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