Prodotti e servizi maiuscoli, ma la formula del keynote fiume, del grande happening tecnologico, ormai è logora. Tim Cook deve inventarsi qualcos’altro: senza uno scarto di fantasia vince la noia
C’è tutto tranne l’emozione. Perché i prodotti presentati da Apple sono di valore e qualità. E l’ecosistema non è mai stato così teso e compatto, integrato verticalmente nelle tecnologie, strutturato nei servizi, preparato nella vendita e nell’assistenza post vendita. Però sul palco dello Steve Jobs Theater, dove Tim Cook e i suoi hanno presentato per un’ora e 45 minuti le novità che detteranno il passo all’industria tecnologica di consumo per questo Natale, l’effetto sorpresa o l’emozione trascinante, il pathos, sono completamente assenti.
Cominciamo da cosa manca: niente 5G per i telefoni ovviamente (si sapeva) ma anche niente pennino per gli iPhone 11 Pro e Pro Max (i nomi si sapevano) o connessione Usb-C. Grande rilievo per iPhone 11, che è sostanzialmente la nuova versione dell’iPhone XR, perché è quello che costa relativamente meno, combatte con l’esercito dei telefoni cinesi di fascia medio-alta, e venderà di più.
Il design dei telefoni era già stato svelato, ma vedere la tripla telecamera montata su un doppio palchetto rettangolare e poi circolare delle ottiche fa pensare a una scaletta per formiche: una minuscola piramide che sale, un microscopico tempio dell’immagine. Non emoziona ma l’integrazione del software con l’hardware, i chip progettati in casa, la potenza di fuoco di Apple anche sulla filiera dei fornitori e soprattutto la capacità di progettare e disegnare soluzioni che hanno sempre un 20% di innovazione anche quando sembrano solo miglioramenti evolutivi fanno di questi tre telefoni (e soprattutto dei Pro) probabilmente i migliori telefoni sul mercato per uno o due anni.
Solo la possibilità di utilizzare le tre ottiche tarate in fabbrica contemporaneamente (più quella per i selfie) e registrare quattro stream video 4K contemporaneamente permette di ripensare completamente il modo con cui si girano pubblicità e film. Se fossi un giovane regista indipendente il sogno non è l’altissima risoluzione della Red One, ma la flessibilità quasi assurda dell’iPhone 11 Pro.
Non è la prima volta che succede: Apple bilancia sempre la parte di innovazione dell’idea con delle iterazioni di sviluppo, arrivando all’eccellenza del prodotto che si presenta come “diversamente nuovo” (cioè sostanzialmente già visto) ma tecnologicamente una bomba. L’unica novità sta casomai nel fatto che adesso le iterazioni siano tre e non più due come per gli iPhone precedenti.
Cosa dire degli iPad da 10,2 pollici e degli Apple Watch Serie 5? Che sembrano identici ai predecessori ma vanno molto meglio e hanno costi meno drogati verso l’alto. In buona sostanza, ne venderanno a palate.
Cosa dire dei servizi Arcade e Tv+? Che costano la cifra giusta, 4,99, e che probabilmente verranno offerti in bundle con iCloud e costeranno ancora meno. E che soprattutto l’idea di regalare Tv+ per un anno a chi compra qualsiasi cosa Apple è praticamente come regalare le caramelle davanti alle scuole: si accelera il mercato dei servizi e si drogano i numeri molto bene (perché non tutti ovviamente attiveranno il servizio).
Non c’erano AirPods di terza generazione, Apple Tag (piccoli aggeggi Rfid per ritrovare qualsiasi oggetto) e altre cose di cui fantasticava il mulinello delle indiscrezioni. Poco male. Non c’era l’emozione Apple: questo è un po’ male, a dire il vero. Meno male però che ci sono i prodotti e prezzi meno irragionevoli del solito. Il resto è stata ahimé una grande noia.
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