Grazie al decadimento del radiocarbonio, la necessità di ricarica sarà un ricordo del passato.

I pezzi del puzzle necessari per creare il futuro previsto da Fallout (la serie di videogiochi da cui è stata tratta l’omonima serie Tv) stanno piano piano andando in posizione: tensioni internazionali, Stati Uniti che parlano di annessione del Canada, e ora anche le batterie nucleari.
Un team di ricercatori guidato dal professor Su-Il In, del sudcoreano Istituto di Scenza e Tecnologia Daegu Gyeongbuk, sta infatti sviluppando una batteria nucleare alimentata a radiocarbonio; essa promette di durare decenni (o anche di più) senza mai richiedere una ricarica.
I risultati di questo progetto sono stati presentati durante l’incontro primaverile dell’American Chemical Society, tenutosi dal 23 al 27 marzo 2025, e stanno suscitando grande interesse per le sue potenziali applicazioni.
Queste batterie, definite betavoltaiche, sfruttano il decadimento del radiocarbonio, noto anche come carbonio-14, per generare elettricità attraverso un processo che converte la radiazione beta in energia utilizzabile.
Spunti di approfondimento:
Il radiocarbonio decade emettendo particelle beta, che sono essenzialmente elettroni ad alta energia. Questo processo avviene quando un neutrone nel nucleo del carbonio-14 si trasforma in un protone, rilasciando un elettrone e un antineutrino. L’elettrone, carico negativamente, è la chiave del funzionamento della batteria: viene catturato e utilizzato per creare una corrente elettrica.
In una batteria betavoltaica, il radiocarbonio è incorporato in un materiale semiconduttore. Quando le particelle beta colpiscono questo semiconduttori, creano una differenza di potenziale che produce elettricità.
Il processo è intrinsecamente stabile e continuo, poiché il radiocarbonio ha un’emivita di circa 5.730 anni, il che significa che impiega migliaia di anni per dimezzare la sua attività radioattiva. Ciò garantisce una produzione di energia costante per decenni, senza la necessità di ricariche o interventi esterni.
Proposte di lettura:
Tuttavia, l’efficienza di conversione è un punto critico: le particelle beta emesse dal radiocarbonio hanno un’energia relativamente bassa, e una parte significativa di questa energia si perde sotto forma di calore o non viene catturata dal semiconduttore.
Per migliorare le prestazioni, il team di Su-Il In sta lavorando su due fronti: ottimizzare la struttura degli emettitori di raggi beta, per massimizzare il numero di particelle utilizzabili, e perfezionare il materiale di assorbimento, in modo da catturare più efficacemente l’energia emessa e convertirla in elettricità.
Un altro aspetto interessante del radiocarbonio è la sua sicurezza relativa. A differenza di altri isotopi radioattivi usati in passato per batterie betavoltaiche, come il trizio o il nichel-63, il carbonio-14 emette radiazioni beta a bassa energia. Queste possono essere facilmente schermate con materiali leggeri – basta uno strato sottile di alluminio per fermarle – riducendo i rischi per l’utente.
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Inoltre, il radiocarbonio è un sottoprodotto delle centrali nucleari, il che lo rende abbondante e relativamente economico; inoltre offre un’opportunità di riciclo per materiali che altrimenti sarebbero considerati scarti. Questo approccio non solo prolunga la vita utile dei dispositivi, ma contribuisce anche a un ciclo di produzione più sostenibile.
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