Alberto sta impilando alcuni cubi colorati sul pavimento, al centro di una stanza. Mariella lo sta aiutando, portandogli altri cubi sparsi su una scrivania alle sue spalle. Quei cubi, però, non hanno consistenza: sono fatti di bit, come le pareti, il pavimento e la scrivania. Alberto, infatti, impugna un joystick che gli consente di interagire con quegli oggetti digitali. E Mariella è con lui solo virtualmente: i cubi, infatti, sono mossi dal suo avatar, che lei controlla in un’altra stanza sul lato opposto del corridoio.
Siamo all’Università Milano-Bicocca, che ha appena inaugurato due laboratori d’eccellenza per lo studio della realtà virtuale e delle tecnologie indossabili: MiBTec (Mind and Behavior Technological Center) e BiCApP (Bicocca Center for Applied Psychology).
I laboratori, costati 13,2 milioni di euro – di cui 7,4 arrivano dal Miur – non si limitano a creare e testare nuove tecnologie digitali ma studiano anche il loro impatto sull’uomo. Il progetto infatti, come ha spiegato la rettrice dell’ateneo Giovanna Iannantuoni, «è stato sviluppato dal Dipartimento di psicologia, e coinvolge 100 docenti, 8 settori psicologici, e una forte collaborazione interdisciplinare con ricercatori di informatica, ma anche linguistica, storia e filosofia. Perché l’interazione fra l’uomo e le macchine non è solo una questione di ergonomia dei dispositivi, ma ha ricadute su mente e corpo, attraverso fattori percettivi, cognitivi, emotivi e linguistici. Le nuove tecnologie, infatti, modificano la nostra percezione e il nostro comportamento, perciò necessitano di un approccio a tutto tondo».
I due laboratori svolgeranno attività di ricerca non solo a servizio dell’ateneo, ma anche delle aziende che vogliano creare o testare nuovi prodotti digitali.
Il MibTec, in particolare, ospita uno dei più grandi laboratori d’Italia per lo studio della realtà virtuale, con due “cave” (Cave Automatic Virtual Environment), ovvero due stanze dotate di proiettori video che creano un ambiente immersivo, come quello in cui sono Alberto e Mariella citati all’inizio. «Siamo fra i pochi ad avere due stanze separate, in cui si può simulare l’interazione digitale in uno spazio virtuale condiviso fra persone presenti in luoghi fisicamente distanti» spiega Alberto Gallace, direttore del centro. Secondo eMarketer, gli utenti della realtà virtuale nel mondo oggi sono 101,6 milioni di persone, a cui si aggiungono altri 64 milioni nel campo della realtà virtuale (con o senza casco), per un giro d’affari globale di quasi 11 miliardi di dollari. Cifre in costante crescita, come raccontavamo su Focus 354 (aprile 2022). Tutte tecnologie che hanno già da tempo superato il pur coinvolgente campo dei giochi: «Le applicazioni da esplorare sono infinite» aggiunge Gallace. «Si va dalla riabilitazione neurologica alla guida sicura, dalle teleconferenze alla didattica. Il virtuale non è un surrogato della realtà ma una nuova realtà da studiare: basti pensare ai come si può giocare con la propria identità assumendo sembianze totalmente diverse».
Ecco perché, sugli scaffali del laboratorio, oltre ai visori AR, appaiono dispositivi aptici (cioè tattili): un braccio meccanico capace di riprodurre la sensazione di peso e resistenza quando si sposta un oggetto virtuale sul monitor; oppure un tappetino di stimolazione a ultrasuoni, usato per far arrivare sul palmo di una mano stesa sopra di esso la sensazione di essere investiti da bolle d’aria. «L’abbiamo usato per riprodurre l’emissione di bolle di metano dai fondali marini, un progetto didattico. Molto efficace, perché l’uomo si è evoluto per imparare attraverso il corpo. Con la realtà virtuale si possono migliorare le proprie capacità simulando, in un ambiente protetto, la guida di un veicolo piuttosto che un colloquio di lavoro o una conferenza davanti a molte persone» dice Gallace.
Ecco perché il laboratorio è dotato di diversi strumenti per misurare le reazioni del corpo durante l’uso dei dispositivi elettronici: un casco per rilevare l’attività neuronale, elettrocardiogramma, bracciali per misurare la conduttanza elettrica della pelle, ma anche tute con sensori e un kit per riprodurre un’ampia gamma di odori per i test olfattivi. «Diverse aziende usano gli aromi per migliorare il benessere e la produttività degli impiegati: si è scoperto, ad esempio, che l’aroma di limone dà una carica d’energia e benessere a chi lo annusa», aggiunge ancora Gallace.
Altrettanto ricca l’attività del secondo centro, il BicApp: come rivela il nome, qui si svilupperanno progetti di ricerca sulle tecnologie mobili (app per cellulari) e indossabili, dai bracciali per il fitness alle T-shirt intelligenti. Il centro sarà in grado di sviluppare e testare app e dispositivi. «Abbiamo messo a disposizione dei nostri studenti anche una piattaforma no-code che consente di progettare e sviluppare app anche a chi non abbia conoscenze di programmazione informatica» spiega il direttore Massimo Miglioretti.
In tema con l’inaugurazione è stata lanciata anche un’app per cellulari Android, Bic@pp: presenta le attività del centro e consente di candidarsi a partecipare o a proporre progetti di ricerca.