C’è uno scenario che inizia a delinearsi in alcuni titoli di giornale ed è quello della crisi dell’auto elettrica. A trainare il carrozzone sono state le ultime notizie legate a Tesla, azienda che è diventata ormai il barometro della “pressione elettrica” sul mondo automotive per la notorietà che è riuscita a ritagliarsi.
ALTALENA TESLA
Nel bene o nel male, l’azienda americana di Musk è ormai diventata il riferimento anche a causa dei movimenti di borsa, un’altalena di apprezzamenti e deprezzamenti spesso troppo influenzata dalle notizie, anche di fronte all’ultima trimestrale, quella in cui i profitti sono in calo, ma che conferma la redditività per il 18esimo trimestre di fila.
Su Tesla si è detto un po’ di tutto: il mondo dei produttori tradizionali l’ha sfidata insinuando che la gamma inizia a diventare vecchia ed è ancora troppo ridotta: 5 modelli non sono certo tanti per contrastare gli altri brand, e aziende come Mercedes, dal volume produttivo comparabile se consideriamo le 2 milioni di auto prodotte nel 2023, hanno in gamma un numero ben maggiore di auto e di motorizzazioni.
L’anno scorso Tesla si è fermata a quasi 1.846.000 unità prodotte spinta dall’auto più venduta al mondo nel 2023, la Model Y, ma i suoi veicoli sono diversi come concezione perché Musk ha sempre seguito una logica di miglioramento continuo e incrementale e non si è legato al concetto di model year, restyling e via dicendo.
Inoltre c’è anche la questione del software che va ad influire profondamente sulla vettura: quando mai si è visto che un cliente acquista un’auto nel 2021 senza fari a matrice di LED e nel 2024, “a sorpresa”, questa funzionalità diventa disponibile e utilizzabile senza che il suddetto cliente abbia messo mano all’hardware?
CONTAMINAZIONE SOFTWARE
La strategia del software sembra essere, ad oggi, la contaminazione più importante che Tesla ha imposto sul mondo dell’auto, se escludiamo la grande spinta all’elettrificazione.
Ignoriamo infatti gli enormi investimenti messi in campo dai produttori per le elettriche, ignoriamo il fatto che termini come Gigafactory siano ormai utilizzati anche dai marchi del mondo “legacy automotive”: concentriamoci su quello che è cambiato negli ultimi anni da Volkswagen a Kia, da Mercedes ai marchi cinesi. Tutti hanno capito che il software sarà fondamentale sulle auto del futuro. Mercedes ha seguito la strada dei pacchetti che sbloccano funzionalità pagando un aggiornamento: la tua auto ha le quattro ruote sterzanti? Bene, con un aggiornamento puoi acquistare un angolo di sterzo maggiore per renderla ancora più maneggevole nelle manovre.
Anche Kia, con le ultime novità a partire dalla EV9, sta puntando sui “Kia Upgrades”, un abbonamento che permette di popolare l’infotainment di bordo con le applicazioni per l’intrattenimento o la produttività: temi per la strumentazione (quello della squadra del cuore o di Star Wars, come per gli smartphone), Netflix, Spotify, ma anche le chiamate di lavoro.
I cinesi lo hanno capito benissimo e tutte le startup, più o meno cresciute negli ultimi anni grazie alla spinta statale, hanno impostato la rotta seguendo la linea del “software first”, tanto che alcune di queste si definiscono software company e non hanno neanche delle fabbriche di proprietà, ma fanno assemblare le proprie vetture dai grandi gruppi che operano nel Paese. Per far si che il software possa entrare di diritto a rappresentare una fonte di introiti nel bilancio, però, bisogna iniziare a vendere le auto e metterle in mano ai clienti…
I NUMERI DELLE CINESI: MG E BYD
Guardando ai dati ACEA di marzo 2024 si scopre che la Cina non ci ha (ancora?) invaso come si ipotizzava qualche tempo fa, e che l’unica cinese ad avere un peso importante è SAIC: il gruppo proprietario del marchio MG ha una quota europea di mercato dell’1.9%, ha venduto quasi 26.000 unità a marzo e nel primo trimestre 2024 ha raggiunto le 58.000 unità, crescendo del 30% rispetto allo stesso periodo del 2023.
SAIC (con MG) in Europa vende più di Suzuki, più di Mazda, più di Honda e Mitsubishi. Ma Meno di Tesla, di Ford, di Nissan e via dicendo.
Che differenza c’è tra MG-SAIC e gli altri produttori cinesi? La prima, non trascurabile, differenza è che MG viene percepito dagli utenti come un marchio occidentale, pur non essendolo. Così come Volvo non è più occidentale. Così come Jaguar-Land Rover non lo sono più, ormai da tempo sotto al cappello degli indiani di TATA… e via dicendo. La seconda, e forse più indicativa, è che MG non fa solo auto elettriche, ma propone classicissime auto a benzina e, ora, anche Full Hybrid come la MG3.
Anche un colosso come BYD deve accontentarsi, per il momento, di numeri non certo da invasione: nel 2023 ha venduto meno di 16.000 auto in Europa, tutte elettriche. L’obiettivo è arrivare ad una quota di mercato maggiore visto che all’orizzonte c’è anche l’idea di portare tutte le sue NEVS, termine con il quale il produttore intende le elettriche pure, ma anche le ibride plug-in (Seal U). Per il momento, però, la gamma in vendita resta al 100% elettrica, e l’azienda sta gettando le basi da una parte con la fabbrica in Ungheria (oggi è un campo vuoto), dall’altra con l’incremento dell’awereness, tra cui la sponsorizzazione UEFA Euro 2024.
CHI L’HA VISTO?
Dal macro provo a scendere al “micro” in questa mia analisi: l’Italia. “Micro” non perché voglio sminuire una nazione che oggi ha ancora un suo peso economico, ma semplicemente perché i volumi di vendita del nostro Paese non sono certo quelli che muovono il mondo automotive globale. Se guardo alle presentazioni in cui sono stato coinvolto l’anno scorso, scopro che la tanto annunciata invasione cinese non si è concretizzata, oppure è in ritardo sulla tabella di marcia.
Ottobre 2023: Nio EL6. Stando alle dichiarazioni raccolte durante quella presentazione, già nel 2024 l’azienda avrebbe dovuto strutturarsi in Italia almeno a livello di brand, ma ad oggi la situazione è ben diversa. Nio Italia sembra aver tirato i remi in barca e la linea del fronte si è spostata ad Amsterdam dove c’è l’avamposto europeo in questa “guerra” tra produttori. E anche un Paese come la Germania ha fatto segnare dati irrisori (39 Nio vendute a dicembre 2023).
E Great Wall Motors? Non pervenuta. A dicembre 2023 provo la GWM WEY 03, ascolto le dichiarazioni di trattative in corso per le officine e la rete commerciale. L’auto c’è, i prezzi italiani sono stati più o meno annunciati… eppure ad oggi il marchio e il team sembrano essere nuovamente spariti dai radar.
I DUBBI SU CHERY: OMODA E JAECOO
C’è poi Chery, altro marchio cinese che in Europa vuole debuttare con OMODA e Jaecoo: investimenti ingenti, una nuova struttura italiana inaugurata di recente, ma ancora dobbiamo scoprire come e quanto potrà contare qui e nel Vecchio Continente in generale, visto che è l’ultima. Il loro piano è di creare una rete di assistenza Italiana, e i modelli previsti sono sia elettrici, sia termici/elettrificati.
La loro strategia sembra un copia/incolla di MG: l’elettrico da loro prestigio, ma per i numeri punteranno su altro: OMODA E5 è elettrica, ma sarà OMODA 5 a benzina quella che potrà sperare di fare qualche vendita in Italia, e lo farà con un motore 1.6 turbo benzina che non si preannuncia certo il più efficiente tra i benzina visto che il consumo medio WLTP dichiarato è di 7,6 litri / 100 km, altissimo perché nella realtà sarà superiore, e ancora non conosciamo l’affidabilità visto che i cinesi sono forti sugli elettrici (più semplici), ma rappresentano un rischio quando si parla di termiche più complesse come questa che ha anche un cambio doppia frizione (tutto da scoprire nei costi di manutenzione e nell’affidabilità).
Insomma, costa “poco”, ha tutti gli optional (ma vedremo se gli ADAS saranno decenti), ma verosimilmente non sarà economico da mantenere. : Volkswagen T-Roc con il benzina 1.5 TSI e cambio DSG dichiara 6 litri ogni 100 chilometri nel WLTP combinato…
AUTO ELETTRICHE OGGI E IERI
L’Italia non è il mondo. L’Europa è un mercato importante, ma ha delle specificità impossibili da ignorare. Questo per dire che è impossibile parlare oggi di “morte” dell’auto elettrica. Torniamo al 2019, l’anno in cui vi raccontavo del mio esperimento di abbandonare il diesel e passare un anno solo con le auto elettriche.
In quel video ripercorrevo anche la storia delle auto elettriche, e c’è una grande differenza tra la crisi dell’auto elettrica di fine anni novanta e della prima decade del nuovo millennio, quando moriva la EV1 di GM e nascevano Tesla e Leaf, e la tanto sbandierata crisi dell’auto elettrica di oggi.
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Il contesto di ieri non vedeva una strada spianata verso la decarbonizzazione dei trasporti. Non c’erano gli enormi investimenti dei grandi gruppi: oggi non esiste un produttore auto che non abbia investito ingenti cifre nell’elettrico. E gli investimenti del mondo automotive guardano almeno al medio termine visto che le linee, gli impianti e i progetti non sono certo rapidi da realizzare.
Ora però torniamo ad una dimensione più piccola, e anche personale. Sono cambiate tantissime cose negli ultimi cinque/sei anni. Se riguardo quel video e ripenso al mio 2018 di sole auto elettriche, mi viene in mente uno scenario in cui molti hotel e strutture non avevano ancora le colonnine, e per viaggiare bisognava davvero pianificare con le poche stazioni disponibili come avrebbe fatto Marco Polo durante il suo viaggio in Cina.
L’esperimento di “HDelettrico” di sei anni fa è stato quello che ha gettato le basi per convincermi ad acquistare un’auto elettrica come unica vettura personale, per lavoro e per piacere, e oggi non devo più pensare a dove ricaricare, seppur restino alcune delle criticità evidenziate che in Italia sono più presenti che nel resto d’Europa.
L’auto elettrica doveva morire nel 2019 stando a quello che si diceva in risposta a quel video e a quell’esperimento. L’auto elettrica dovrebbe morire a breve stando a quello che si dice oggi. Eppure l’auto elettrica non è ancora morta e il 2024 diventerà probabilmente l’anno con più modelli in uscita e, al contempo, sarà quello che ha iniziato ad abbassare i prezzi medi di acquisto.
Nessuno ha la sfera di cristallo: lo dicevo nel 2019, lo ripeto nel 2024. Saranno quindi tre le tappe fondamentali che segneranno, in un modo o nell’altro, la storia delle auto elettrica. La prima è quella politica, con le elezioni europee di giugno 2024 che decideranno il nuovo corso governativo, ma che non potranno certo portare ad un passo indietro clamoroso in tempi rapidi. La macchina politica è un diesel, non scatta certo con la coppia istantanea di un EV…
La seconda tappa è quella del 2025, l’anno in cui dovrebbero arrivare le auto elettriche economiche. Ci sono già vari annunci, Renault ha iniziato a gettare le basi con la Renault 5 elettrica (ma quella del 2024 sarà la versione più costosa), il gruppo Volkswagen dovrebbe arrivare con il nuovo progetto della gamma ID e Tesla? Vedremo se Musk riuscirà a rivitalizzare il progetto Model 2 come annunciato nell’ultima trimestrale…
La terza, e qui è ancora più difficile fare previsioni, è quella delle auto elettriche cinesi economiche. Ci sarà davvero un’invasione di prodotti? Dipenderà tutto dai dazi, dalle decisioni dell’Europa e da altri fattori tutti legati fra di loro…
VERSO LA DECARBONIZZAZIONE
Il trend della decarbonizzazione non sta subendo particolari battute d’arresto. Le rinnovabili crescono e, sebbene i combustibili fossili siano lontani dall’estinzione, una strategia su tutte si sta imponendo, quella della diversificazione. Gli Stati, anche in conseguenza delle turbolenze geopolitiche, stanno elaborando una strategia di diversificazione delle fonti per affrontare con conseguenze meno impattanti le eventuali crisi future. Si è tornato a parlare di nucleare, anche in un’Italia che aveva detto “no” ormai da diverse decadi.
Nel mondo delle auto i numeri delle elettriche sono cresciuti, ma in termini assoluti rappresentano ancora una minoranza. Quel che è invece certo, è che l’elettrificazione è la via e lo dimostrano anche i dati di mercato. L’ibrido diventa sempre più elettrico e oggi, facendo i conti con la concretezza, è l’unico modo abbordabile in termini di prezzo per acquistare un’auto nuova che abbia consumi ridotti nei contesti in cui l’auto viene utilizzata maggiormente, quelli urbani ed extra-urbani.
In attesa delle auto elettriche economiche, però, ci si deve chiedere anche chi pagherà il conto della decarbonizzazione nell’immediato, prima quindi di raggiungere quella fase (avanzata) in cui un sistema decarbonizzato farà risparmiare (anche) sulla spesa pubblica grazie ai benefici derivanti da una migliore qualità dell’aria locale, da minori costi dell’energia o da una maggiore indipendenza dagli approvvigionamenti esteri.
L’idea è che si tratti di un inizio, non di una fine. O meglio, di quella fase del mercato in cui l’avvicinarsi della maturità tecnologica inizia a fare selezione tra chi si merita di sopravvivere e chi, invece, è destinato a fallire. Come ai tempi delle dot.com, non tutti possono trasformarsi in Google e Amazon…