Mentre la fotografia si prepara a catturare immagini invisibili per l’occhio umano e a scattare ologrammi proiettabili anche con lo smartphone, si festeggiano i 180 anni dalla sua nascita con il dagherrotipo. Messo a punto dal francese Louis Jacques Mandé Daguerre, il metodo venne presentato al pubblico il 7 gennaio del 1839 dallo studioso Francois Arago, all’Accademia francese di Scienze. Tuttavia, la prima fotografia nota era stata scattata nel 1827, da Joseph Nicéphore Niépce, con cui Daguerre aveva collaborato.
Niépce catturò l’immagine del panorama che vedeva dalla finestra della sua casa a Le Gras, utilizzando una lastra di rame di sua invenzione, che aveva ricoperto di una soluzione fotosensibile composta da bitume di Giudea. Da quest’idea nacque la tecnica della dagherrotipia che forniva un’unica copia positiva dell’immagine, non riproducibile, su supporto in rame su cui era applicato uno strato d’argento.
La fotografia analogica, che permetteva di ottenere una sorta di negativo riproducibile, invece, nacque qualche anno dopo, nel 1841 in Inghilterra: William Henry Fox Talbot creò il metodo chiamato calotipia e basato sull’utilizzo di un negativo di carta. Circa 50 anni dopo, nel 1888 nacquero la Kodak N.1 e la pellicola avvolgibile, che fecero diventare la fotografia un hobby possibile per chiunque. L’era dei rullini avvolgibili è durata circa un secolo ed è finita con l’arrivo delle foto digitali scattate da macchine fotografiche che utilizzano, al posto della pellicola fotosensibile, un sensore in grado di catturare l’immagine e che adesso sono installate in tutti gli smartphone.