Quello delle auto elettriche è un mercato a cui fare sempre più attenzione, anche e soprattutto in vista dei cambiamenti che ci aspettano nei prossimi anni; uno su tutti quello decretato dal Parlamento Europeo, che ha dato il via libera alla proposta di interrompere la vendita di auto endotermiche a partire dal 2035.
Tralasciando per ora le polemiche che hanno accompagnato questa svolta, è innegabile che la via tracciata sia quella verso una mobilità più sostenibile, di cui l’auto elettrica si fa portabandiera. Chi ha provato a usarne una – a proposito, questa era stata la mia esperienza con la mia prima auto elettrica – oltre ai necessari aggiustamenti che un cambio di paradigma come questo impone, avrà dovuto confrontarsi col tema della ricarica.
Un tema cogente, perché se è vero che la rete delle colonnine di ricarica pubbliche è andata ampliandosi negli ultimi anni, è anche vero che, per chi ne ha la possibilità, la ricarica casalinga è molto più vantaggiosa in termini di costi e comodità. Se i primi tempi ci si può adattare al cavo in dotazione che termina con una Schuko, a lungo andare conviene considerare l’acquisto di una wallbox. Noi abbiamo provato a installarne una: ecco com’è andata.
CHE COS’È UNA WALLBOX?
Prima di tutto, un po’ di contesto: le wallbox sono dispositivi con i quali ricaricare le batterie delle vetture elettriche in casa; in pratica prelevano la corrente dall’utenza domestica e la trasmettono tramite cavo all’auto.
Di default le auto elettriche hanno in dotazione un caricatore per la ricarica casalinga con la Schuko: tuttavia, se non sono di quelli evoluti con il sensore di temperatura alla presa – e sono pochissimi – c’è comunque un rischio remoto ma concreto di far passare corrente in maniera costante finendo per surriscaldarsi.
A differenza di una normale presa Schuko però le wallbox supportano e sopportano in sicurezza potenze ben più alte, o la stessa potenza più a lungo senza i rischi di surriscaldamento della spina da 10/16A. Per esempio, quando ho provato la mia prima auto elettrica (una Twingo ZE Full Electric) ci volevano più di 12 ore per ricaricare la piccola batteria da 22 kWh a casa con il cavo.
Esteticamente, questi apparecchi ricordano le colonnine di ricarica pubbliche, ma hanno dimensioni più compatte e vengono montati a parete: la tecnologia è comunque la stessa. La potenza di una wallbox può arrivare fino a 7,4 kW in monofase, oppure un massimo di 22 kW in trifase. Alcuni modelli hanno anche la funzione Dual, per effettuare due ricariche allo stesso tempo se opportunamente calibrati con l’impianto elettrico.
Oltre alla tecnologia di base che le accomuna, le wallbox possono essere più o meno elaborate: quelle più economiche sono semplici scatole portafusibili con cavo, senza altre dotazioni, mentre i modelli più intelligenti misurano il consumo di energia, possono essere condivise con più utenti e i consumi possono essere quantificati e ripartiti. Le wallbox smart possono essere controllate tramite app e non vi fanno saltare il contatore di casa quando accendete forno e lavatrice durante la ricarica.
QUAL È IL PERCORSO PER INSTALLARNE UNA?
Il primo passo è informarsi per scegliere il modello che fa per voi. Nel nostro caso abbiamo scelto Silla Prism Basic perché è una soluzione che può crescere nel tempo ma è già ben dotata: la versione base può caricare senza “far saltare il contatore” perché gestisce automaticamente la potenza. Inoltre, con un accessorio, si trasforma in wallbox intelligente quando vogliamo completare la nostra transizione energetica con fotovoltaico e batteria di accumulo.
Tornando a noi, una volta chiamato il tecnico arriverà a casa vostra, e farà una perizia; bisogna stabilire la giusta dimensione dei cavi per avere poi la certificazione, che ad esempio è utile in un contesto condominiale.
Se si è proprietari di casa si può decidere liberamente di far installare la wallbox. In genere non servono autorizzazioni, ma conviene sempre informarsi anche presso il proprio comune sui documenti richiesti e sui relativi eventuali costi di questi ultimi, motivo per cui è utile rivolgersi a tecnico qualificato che è al corrente di procedure a livello comunale e può consigliare come rispettarle.
Se si vive in condominio invece ci sono specifiche regole: se si ha un posto auto fisso, per esempio un garage sotterraneo, bisogna verificare se sia già presente la necessaria linea e se questa è collegata al vostro contatore o a quello condominiale; se si è in affitto bisogna parlarne col padrone di casa.
Se non si ha box auto di proprietà o se si vuole installare wallbox in un’area di pertinenza del condominio bisogna presentare il progetto – cioè la relazione dell’installatore che spiega cosa si andrà a montare – all’amministratore di condominio, che dovrà indire un’assemblea condominiale dove si potrà ottenere la compartecipazione di tutti i condomini alle spese per la wallbox che diventerà di uso comune per tutti gli abitanti del palazzo.
In questo caso si sceglierà una wallbox che funziona con tessere individuali dotate di chip Rfid perché ognuno paghi l’energia che preleva. Se il condominio dice di no o non si pronuncia entro 3 mesi si può procedere a montarla a proprie spese e resterà di proprietà individuale. In un secondo momento, altri condomini interessati possono condividerla rimborsando la quota di spese a chi l’ha installata in origine.
Per esempio nel nostro caso i passaggi sono stati due: il primo ha visto collegare il box, già dotato di una presa elettrica, con il contatore privato dell’appartamento. Il secondo riguardava il dimensionamento dei cavi perché quelli “di serie”, a meno che la casa non sia recentissima, sono solitamente sottodimensionati. L’elettricista ha quindi installato un cavo da 6 mm quadri per collegare contatore e box, irrobustendo l’impianto per una wallbox monofase da 7,4 kW massimi
CHE TIPO DI WALLBOX SCEGLIERE?
Normalmente si sceglie una wallbox monofase che è supportata da tutte le auto moderne e dal loro caricatore da 6/7 kW o 11 kW integrato. Cambiare l’impianto al trifase è un costo molto alto, quindi a parte eccezioni, si sceglie sempre una wallbox monofase da 4,5/7,4 kW a seconda delle necessità.
Nel nostro caso, la wallbox che abbiamo scelto è Prism Basic con la Smart Cover Solar RFID: già nella versione base si tratta di una wallbox monofase che gestisce fino a 7,4 kW di potenza a seconda della linea di casa, lavorando ai classici 230 V, ed è dotata di un sensore che legge in ogni momento la potenza richiesta dalla casa.
Quando questa aumenta, invia alla colonnina un comando automatico di sospensione della ricarica o di rimodulazione della potenza: così il contatore non salta più (come invece era successo a me la prima sera che avevo messo in ricarica l’auto nel box di casa e poi avevo acceso la lavatrice). Nel nostro caso è stata installata pur mantenendo un contatore da soli 3 kW (3,3 kW effettivi con la tolleranza).
La differenza tra la versione Basic e la Solar qui installata è che quest’ultima è dotata anche di connessione, quindi ha anche ingresso ethernet e un modulo WiFi che funziona anche da hotspot, ed è predisposta per monitorare i consumi di casa insieme a quelli del garage e dell’auto e alla produzione del fotovoltaico; per passare dalla prima alla seconda basta acquistare la Smart Cover e fare l’upgrade, anche in un secondo momento.
QUALI SONO I COSTI?
A casa, il costo varia in base al contratto: calcolando un costo compreso tra 0,25 e 0,30 euro per kWh, potete fare il calcolo in base alle dimensioni della batteria della vostra auto elettrica.
Ovviamente il costo della ricarica casalinga non cambia sia che decidiate di usare una Schuko o una wallbox, perché si paga a consumo. Quello che cambia sono i tempi di ricarica, che con la wallbox si potrebbero accorciare un po’.
Il risparmio invece c’è rispetto alle colonnine pubbliche, dove il prezzo per kW può essere anche il doppio, anche se scende un po’ con gli abbonamenti o i pacchetti di ogni operatore. Per esempio io quando stavo provando la ZE Electric trovavo la ricarica casalinga così scomoda e lenta da preferire passare un’oretta collegata alle colonnine (anche gratuite) di certi supermercati piuttosto che ricaricarla a casa. La situazione è però diversa con una wallbox con il controllo dei carichi: ho accesso a una potenza maggiore, la sperimentazione Arera consente di avere gratuitamente l’aumento di potenza la sera e non devo preoccuparmi di staccare l’auto quando attivo forno o lavatrice. In questo modo la mobilità elettrica diventa davvero senza stress: collego la spina e non devo pensare più a niente.
I prezzi per una wallbox da 7,4 kW partono da circa 600€, la nostra ne costa 790 ma ha già il sensore per i carichi. Con 395€, la possiamo aggiornare alla Solar RFID connessa a internet e pronta per fotovoltaico, tessere RFID per utilizzo condiviso e batterie di accumulo. Si svitano alcune viti e il gioco è fatto, non serve chiamare di nuovo il tecnico.
Oltre al costo della wallbox occorre aggiungere i costi per l’installazione che deve essere eseguita da un professionista. L’ammontare dei costi dipende da vari parametri: quanto dista la wallbox dal quadro elettrico, quante aperture nel muro devono essere realizzate per il cablaggio, in che misura devono essere posate le linee. Noi con 30 metri di cavo da sostituire abbiamo speso tra i 400 e i 600 euro, ma chiedete un preventivo al vostro elettricista perché i costi variano da zona a zona.
A questo proposito per l’installazione di una wallbox è anche possibile approfittare degli incentivi, che però invece di essere erogati al momento dell’acquisto come per le auto elettriche seguono il percorso del credito d’imposta; sono assimilati ai normali interventi di ristrutturazione edilizia.
SERVE UN SECONDO CONTATORE?
Installare un secondo contatore potrebbe non essere necessario, anzi sarebbe meglio farne a meno. In questo caso, infatti, tutto ricade su un unico contatore che comprende anche gli altri consumi, come se la ricarica dell’auto fosse un elettrodomestico.
Da questo punto di vista, se scegliete una wallbox con sensore dei carichi integrato come nel nostro caso, la “colonnina casalinga” sarà in grado di capire quando la casa richiede più energia e diminuirà la potenza erogata all’auto in maniera automatica. Quando il forno o la lavatrice hanno finito, la wallbox tornerà automaticamente ad erogare il massimo alla vettura.
Se invece si vive in condominio la situazione cambia perché ricaricare in garage è possibile e non è necessario disporre di una delibera condominiale per farlo, ma installare un secondo contatore aumenta i costi fissi. Meglio trovare un modo di collegarsi a quello dell’appartamento, se riuscite.
Inoltre non è detto che sia necessario aumentare la potenza dell’impianto: se si possiede una piccola citycar (o si fanno pochi chilometri) i 3kW dell’impianto domestico possono anche bastare, ma anche in caso contrario in genere si può optare per i 6 kW che non richiedono un costoso adeguamento dell’impianto. Per esempio la Prism Solar RFID è connessa a internet e compatibile con la sperimentazione ARERA che aumenta a 6kW la potenza la notte e nei festivi, tutto gratuitamente.
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Contenuto realizzato in collaborazione con Silla Industries