La sonda Juice si prepara a lasciare l’Europa diretta alla base di Kurou (Guyana Francese), da dove in aprile è previsto il lancio verso Giove, che dovrebbe raggiungere nel 2030. Obiettivo della missione sono le lune Ganimede, Europa e Callisto, che sotto la loro superficie ghiacciata potrebbero nascondere oceani in grado di ospitare forme di vita. A bordo della sonda dell’Agenzia Spaziale Europea (Esa) una targa dedicata a Galileo Galilei, che nel 1640 scoprì le grandi lune di Giove, e 11 strumenti, tre dei quali finanziati e sviluppati sotto la guida dell’Agenzia Spaziale Italiana (Asi).
Dagli stabilimenti di Tolosa, dove sono stati completati i test, la sonda Juice (Jupiter Icy Moon Explorer) è stata presentata oggi prima della partenza per Kourou. In particolare, è stata presentata la placca commemorativa che contiene alcune pagine del Sidereus Nuncius, il libro nel quale Galileo Galilei aveva descritto le lune di Giove Io, Europa, Ganimede e Callisto. “Dopo tanti anni di lavoro, è sempre un’emozione unica vedere finalmente tutti gli strumenti montati a bordo per le ultime verifiche prima del trasporto verso la rampa di lancio”, ha detto Giuseppe Piccioni, dirigente di ricerca dell’Istituto Nazionale di Astrofisica (Inaf) e responsabile scientifico dell’accordo tra Asi e Inaf per la partecipazione italiana alla missione.
L’obiettivo di Juice è studiare le condizioni per la formazione dei pianeti e la comparsa della vita, considerando che le lune ghiacciate di Giove potrebbero rappresentare un ambiente potenzialmente in grado di supportare forme di vita per tempi lunghi.
Degli 11 strumenti di Juice, forniti da sette Paesi, il contributo maggiore è italiano, con il sistema di telecamere Janus realizzato con l’Università Parthenope di Napoli presso gli stabilimenti di Leonardo a Campi Bisenzio (Firenze), il radar Rime realizzato con l’Università di Trento e Thales Alenia Space, che scruterà sotto i ghiacci e 3Gm, messo a punto con l’Università Sapienza di Roma, che misurerà l’estensione dei mari nascosti. A questi si aggiunge la forte partecipazione italiana nello spettrometro Majis (Moons and Jupiter Imaging Spectrometer) guidato dall’agenzia spaziale francese Cnes e del quale Leonardo ha fornito la testa ottica iperspettrale per studiare nubi, ghiaccio e minerali sulle superfici delle tre lune.
Alla realizzazione degli strumenti l’Italia ha collaborato anche con il Jet propulsion Laboratory (Jpl) della Nasa e con le agenzie spaziali tedesca Dls, francese Cns e israeliana Isa. Il contributo italiano alla missione Juice “rappresenta lo stato dell’arte sia dal punto di vista tecnologico che scientifico. Siamo convinti che gli sforzi congiunti fatti in questi anni ci porteranno a risultati sorprendenti mai raggiunti prima e rafforzeranno il ruolo di leadership raggiunto dall’Italia in molti settori dell’esplorazione planetaria”, osserva Angelo Olivieri, delegato dell’Asi allo Steering Committee di Juice.
Negli strumenti di Juice sono coinvolti inoltre, per l’Italia le sedi di Roma, Teramo e Padova dell’Istituto Nazionale di Astrofisica (Inaf), le Università di Trento, Sapienza di Roma, Roma Tre, Bologna, Roma Tor Vergata, Istituto Geoscienze e Georisorse (Igg) del Consiglio Nazionale delle Ricerche (Cnr), Partenope di Napoli, del Salento, Cisas – Università di Padova, Politecnico di Milano, Fondazione Bruno Kessler (Fbk).
Nello stabilimento Leonardo a Nerviano (Milano), infine, sono nati i pannelli solari di Juice, i più grandi mai realizzati per una missione interplanetaria, con una superficie di 85 metri quadrati per fornire la potenza elettrica necessaria a una distanza di oltre 750 milioni di chilometri dal Sole.