Ci sono bolle nella Via Lattea: no, non è un avviso di imminente pericolo – così come non lo è il buco nero Sagittarius A che l’uomo è riuscito a fotografare per la prima volta – ma il risultato della straordinaria scoperta fatta da un team di astronomi guidati dall’Inaf di Roma grazie all’applicazione dell’intelligenza artificiale sui dati forniti dalla mappa più dettagliata esistente della distribuzione dell’idrogeno atomico nella nostra galassia. Queste bolle – o, meglio, impronte di bolle – derivano dall’esplosione delle stelle nella struttura del gas della Via Lattea.
Lo studio – in pubblicazione su Astronomy & Astrophysics – aiuta a capire meglio – ma ancora non del tutto – il percorso evolutivo della materia prima di cui sono composte le stelle (l’idrogeno). Si sa infatti che le nubi di idrogeno gassoso formano densi agglomerati per poi trasformarsi in stelle, ma il processo attraverso cui ciò avviene è ancora in larga parte sconosciuto.
Juan Diego Soler e il suo team di ricerca sono così partiti dai dati forniti da Hi4Pi, “la più dettagliata campagna osservativa su tutto il cielo riguardante l’emissione dell’idrogeno atomico nelle onde radio“. Si tratta di informazioni estremamente importanti e precise raccolte da diversi telescopi e radiotelescopi: Parkes (64 metri, Australia), Effelsberg (100 metri, Germania), Robert C. Byrd Green Bank (110 metri, USA).
Alla lunghezza d’onda di 21 centimetri vengono mostrati dati sulla distribuzione del gas nel cielo, nonché la sua velocità nella direzione di osservazione. Queste informazioni, “combinate con un modello di rotazione della Via Lattea, indicano quanto sono lontane le nubi che emettono il segnale“, spiega Sergio Molinari dell’Inaf.
Per conoscere la distribuzione delle nubi di idrogeno è stato applicato lo stesso algoritmo “che i computer utilizzano per trattare le immagini digitali“. In questo modo è stata identificata una rete di “sottili strutture filiformi” (filamenti), la maggior parte delle quali è. rivolta verso l’esterno del disco della nostra galassia. Queste le parole di Ralf Klessen del progetto Ecogal che ha collaborato allo studio:
Si tratta probabilmente dei resti di esplosioni multiple di supernove che spazzano via il gas e formano bolle che scoppiano quando raggiungono la scala caratteristica del piano galattico, come le bollicine che raggiungono la superficie in un bicchiere di spumante.
Patrick Hennebelle del Dipartimento di Astronomia del Cea/Saclay (Francia) aggiunge:
Il ritrovamento di queste strutture filamentose nell’idrogeno atomico è un passo importante per comprendere il processo responsabile della formazione stellare su scala galattica.
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