La vita di coppia è stata cruciale per l’evoluzione della società ed è stato un passaggio intermedio tra la vita solitaria a quella di gruppo: lo indica la ricerca pubblicata sulla rivista Science Advances dall’Università del Texas a San Antonio, sotto la guida dell’antropologo italiano Luca Pozzi, che insieme all’Istituto Leibniz per la ricerca sui primati ha studiato 326 specie di questi animali.
“Abbiamo cercato di capire come i primati abbiano aderito alla vita di gruppo, con relazioni sociali molto complesse. Tra queste c’è anche la vita di coppia, che dal punto di vista evolutivo non ha molto senso, è un po’ un paradosso nei mammiferi perché i maschi potrebbero avere un maggior tasso di riproduzione se non si legassero ad una sola femmina”, spiega Pozzi all’ANSA. Tra i mammiferi, i primati e i carnivori sono quelli con il più alto numero di specie che vivono in coppia: circa la metà di tutte le specie di primati vive in gruppo e il 20% in coppia, mentre il resto da solo.
“Abbiamo testato diverse teorie elaborate in passato per ricostruire la loro struttura sociale nel tempo e capire la transizione dalla vita in solitaria a quella in gruppo e di coppia”, prosegue il ricercatore. E’ emerso così che la teoria più coerente con i dati indica la vita di coppia è un passaggio intermedio verso il sistema più complesso della vita di gruppo. “Le femmine si distribuiscono dove ci sono le risorse per vivere. Se sono molto lontane tra loro, il maschio non potrà monopolizzarne più di una. Facendo quindi coppia con una sola – rileva Pozzi – otterrà un maggior vantaggio riproduttivo”. In diverse specie di primati accade inoltre che le femmine si associno con altre della loro famiglia perché in questo modo rimangono in una zona le cui risorse sono notte e hanno un aiuto nell’accudire la prole. “La vita di coppia – conclude – ha quindi funzionato come transizione verso la maggiore complessità del gruppo”.