Quella scoperta dal rover Perseverance su Marte potrebbe essere una “potenziale impronta di vita microbica“, anche se serviranno ulteriori studi per accertare che sia realmente frutto di processi biologici generati da forme di vita passata. Lo affermano gli esperti della Nasa durante la conferenza stampa indetta in concomitanza con la pubblicazione sulla rivista Nature dello studio condotto sul campione marziano.
La scoperta riguarda alcune delle rocce sedimentarie più giovani mai studiate dalla missione, dunque Marte potrebbe essere stato abitabile per un periodo più lungo di quanto si pensasse.
I potenziali indizi di vita passata riguardano insoliti minerali associati a carbonio organico che potrebbero essere compatibili con processi biologici e che vengono dunque considerati come ‘potenziali biofirme‘ meritevoli di ulteriori indagini per accertare se derivino da forme di vita passata. L’annuncio viene dato da un team internazionale di ricerca a cui partecipa anche l’Italia, con l’Istituto Nazionale di Astrofisica.
Lo studio è frutto di un campionamento di rocce argillose che Perseverance ha condotto nel 2024 nel cratere Jezero, nella cosiddetta formazione ‘Bright Angel‘ (un affioramento roccioso situato alla base del lato settentrionale dell’antica valle fluviale ‘Neretva Vallis’, che converge nel cratere Jezero).

Le analisi sul campione chiamato ‘Sapphire Canyon‘ indicano la presenza di minuscoli noduli e granuli arricchiti di fosfato di ferro e solfuro di ferro, associati al carbonio organico. Secondo i ricercatori, la loro presenza in un simile contesto sedimentario ne supporta la classificazione come ‘potenziali biofirme’, che andranno ulteriormente indagate per escludere origini puramente geochimiche.
[embedded content]
Riproduzione riservata © Copyright ANSA