Redatto nel 1982 per sottolineare il ruolo della scienza e degli scienziati contro il rischio di un olocausto nucleare in un mondo polarizzato in blocchi militari contrapposti, il Manifesto di Erice si aggiorna adesso, alla luce della nuova situazione politica internazionale: nell’Addendum pubblicato oggi lancia un appello perché le guerre in corso non fermino il dialogo fra gli scienziati, né la cooperazione nella scienza.
Sono 100mila gli scienziati e gli esponenti governativi che dal 1982 hanno aderito al Manifesto di Erice e, “negli anni successivi alla redazione del Manifesto, leader lungimiranti hanno stipulato storiche intese per il controllo degli armamenti e per la riduzione delle testate nucleari, portando alla progressiva distensione che ha favorito la fine della Guerra Fredda”, si rileva nell’Addendum. Da allora, però, il mondo è cambiato e “l’umanità si trova ora ad affrontare rischi crescenti di rinnovata corsa al riarmo in un contesto che si estende dagli esistenti piani delle armi nucleari, delle altre armi di distruzione di massa e delle armi convenzionali a quelli che vedono l’impiego malevolo delle emergenti tecnologie duali e delle crescenti sfide per la sicurezza dello spazio extra-atmosferico. E’ ora in gioco – si legge – la tenuta stessa dell’architettura internazionale di disarmo, controllo degli armamenti e non proliferazione derivante dalla fine della Guerra Fredda”.
Sono cambiamenti che “ripropongono con maggiore forza l’affermazione del potere della scienza come veicolo di pace e di collaborazione tra popoli e tra governi, in un contesto che deve essere di moderazione e ritorno al dialogo costruttivo”. Si rileva infatti che “lo sviluppo attuale della scienza si fonda sulla collaborazione internazionale tra numeri rilevanti di ricercatori e sulla possibilità per essi di essere continuamente in contatto, senza restrizioni. Occorre riaffermare l’indipendenza e la neutralità della scienza al di là di finalità politiche strumentali o aggressive, ponendo il bene dell’umanità al centro delle nostre preoccupazioni”.
Le guerre in corso, conclude il documento, “hanno riproposto drammaticamente una crisi di relazioni internazionali che non appartiene allo spirito della scienza e della condivisione globale della conoscenza. E’ necessario invertire la rotta”.
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