Qualche giorno fa abbiamo avuto modo di visitare gli uffici londinesi di Meta per passare un po’ di tempo in compagnia del nuovo Meta Quest Pro, il visore top di gamma che arriverà tra pochi giorni in commercio. Il prezzo elevato è senza dubbio il più grande punto di domanda rimasto in sospeso dalla fine della presentazione a oggi, quindi nella nostra anteprima vogliamo cercare di rispondere proprio a questa questione: a chi si rivolge il Meta Quest Pro? Scopriamolo insieme!
QUALCHE CENNO SULLE NOVITÀ TECNICHE
Prima di addentrarci in questo aspetto è bene fare un riassunto rapido delle specifiche tecniche del visore, o meglio di mettere in evidenza che cosa cambia rispetto al Quest 2 (che abbiamo recensito al lancio) che è già presente in commercio da qualche anno. I punti centrali del nuovo visore sono tre: la nuova piattaforma hardware, il nuovo design e i controller Meta Quest Touch Pro.
Per quanto riguarda la scheda tecnica, sotto la scocca troviamo uno Snapdragon XR2+, affiancato da 12 GB di RAM e 256 GB di spazio di archiviazione, che servono a sostenere il lavoro dei nuovi 10 sensori dedicati alle funzioni di rilevamento MR/VR. A questo si aggiungono i sistemi di audio spaziale e l’inclusione di lenti e display di nuova generazione rispetto al modello precedente.
Ci troviamo davanti a due display LCD Quantum dot, dotati di 500 zone per il local dimming e una densità di pixel superiore del 37% rispetto al Quest 2, il tutto filtrato dalle nuove lenti pancake che ora possono essere regolate liberamente in modo da aggiustare la distanza interpupillare tra 55 e 75 mm e di avvicinarle o allontanarle in modo da poter indossare anche un paio d’occhiali. La nuova dotazione hardware include anche un aggiornamento delle fotocamere esterne, che ora abilitano la funzione passthrough a colori e hanno una definizione 4 volte superiore a quella del modello precedente.
Queste novità hanno un impatto diretto anche sul design del visore, che ora si presenta molto più sottile nella parte anteriore – ridotta del 40% rispetto a Quest 2 – proprio grazie all’utilizzo delle lenti pancake. Il casco risulta inoltre molto più bilanciato in quanto troviamo la batteria collocata nella fascia posteriore, quindi non è più integrata nel corpo centrale (e ha un’autonomia di circa 2 ore in base al tipo di utilizzo).
Per finire questa rapida disamina hardware menzioniamo la presenza dei nuovi controller Meta Quest Touch Pro direttamente in confezione, in quali introducono il più grande rinnovamento nell’esperienza d’uso del visore sin dal lancio. Si perché questi sono dotati di 3 telecamere e di un SoC Snapdragon 662 che permettono ad ogni controller di identificare in piena autonomia la sua posizione nello spazio, senza quindi avere più alcun punto morto.
Tra le altre novità segnaliamo l’adozione di motori aptici di nuova generazione che restituiscono un feedback molto più preciso e la possibilità di installare delle punte alla base dei controller in modo da trasformarli in vere e proprie penne virtuali all’interno di un ambiente VR. I Meta Quest touch Pro sono dotati di batteria integrata che garantisce circa 8 ore di utilizzo e possono essere ricaricati tramite la base inclusa nella confezione, che permette di ricaricare anche il visore stesso, in modo da usare un solo cavo.
Ma passiamo all’esperienza d’uso: cosa porta di nuovo il Meta Quest Pro?
LA PROVA SUL CAMPO: COME CAMBIA L’USO DEL VISORE
Colpisce sin da subito che il visore non è chiuso ai lati, lasciando quindi che chi sta utilizzando il casco non sia completamente isolato dal mondo esterno. In confezione troviamo comunque degli accessori che permettono di chiudere parzialmente la vista per migliorare l’esperienza durante l’uso di applicazioni prettamente VR e verrà venduta separatamente una maschera in grado di isolare con ancora più efficacia.
Questo ci fa capire sin da subito che Meta Quest Pro non è un prodotto pensato in primo luogo per il gaming, ma punta principalmente ad offrire un hardware esplicitamente pensato per l’utilizzo di contenuti di realtà aumentata e mista. Meta ci ha proprio confermato che l’intenzione non è quella di isolare l’utente dal suo spazio reale, ma di aumentarne le potenzialità.
In tutto ciò gioca un ruolo fondamentale la nuova modalità passthrough a colori, che risulta molto efficace sia nella riproduzione dell’ambiente esterno che nel darci il giusto senso di profondità. La risoluzione aumentata dei display aiuta, ma non abbiamo ancora raggiunto un livello tale da non riuscire a distinguere se stiamo indossando il casco o meno, tuttavia i progressi rispetto al Quest 2 sono notevoli.
Durante la prova abbiamo potuto testare solo due applicazioni, una versione aggiornata di Horizon Workrooms e Arkio, una nuovissima applicazione pensata per architetti e sviluppatori di videogiochi.
Non ci soffermiamo su troppo su Workrooms, perché in fin dei conti si tratta di un miglioramento dell’esperienza di cui vi abbiamo già parlato qui sulle pagine di HDblog, quindi parliamo della solita app pensata per rendere più interattive e concrete le riunioni effettuate in realtà virtuale.
I nuovi sensori del Meta Quest Pro ci permettono di far esprimere al nostro avatar tutte le nostre espressioni facciali che vengono catturate in tempo reale, mentre il tracciamento degli occhi ci permette di mantenere un contatto visivo diretto con l’interlocutore. Queste sono le principali novità dell’implementazione di Workrooms su Quest Pro alle quali si aggiunge la possibilità di sfruttare i nuovi controller Meta Quest Touch Pro per scrivere sulla lavagna virtuale con una precisione semplicemente impossibile per i controller del Quest 2 e di ricevere un feedback aptico molto convincente grazie ai nuovi motori presenti nei controller.
La cosa più interessante è che i nuovi controller potranno essere acquistati anche separatamente per poterli utilizzare con il Quest 2 (costano 349,99 euro), quindi anche i possessori di un visore di attuale generazione potranno sfruttarne la maggior precisione, resa possibile dal nuovo sistema di tracciamento che sfrutta le telecamere poste sui controller, e la vibrazione migliorata.
Ma l’esperienza che ci ha permesso di capire meglio lo scopo di Meta Quest Pro è stata quella che abbiamo sperimentato con la seconda app, Arkio.
Immaginatevi di trovarvi in un ambiente 3D insieme ad uno o più colleghi, i cui avatar vi vengono mostrati in tempo reale nello stesso spazio, e di poter lavorare insieme alla progettazione di una stanza, una casa o persino una città, andando a creare ogni struttura con proporzioni reali 1:1, quindi di poter tracciare un muro, vedere esattamente la sua lunghezza espressa in metri, poter collaborare in tempo reale alla modellazione dell’ambiente. Ecco, Arkio punta a fare proprio questo, ovvero a diventare un vero e proprio studio di architettura virtuale condiviso.
I vantaggi sono enormi, specialmente perché ciò rende possibile vedere in tempo reale tutti gli effetti di ogni singola modifica, come rende un determinato ambiente e persino come risulta immerso in un contesto cittadino, ma non finisce qui. Si perché l’applicazione sfrutta anche il sistema passthrough per permettervi di modificare la stanza in cui vi trovate. Ad esempio, avete bisogno di aggiungere un muro, provare a cambiare la disposizione dell’arredamento e così via: il Meta Quest Pro offre lo strumento ideale per questo genere di lavori.
Tutto ciò che viene prodotto con Arkio può essere poi esportato nelle principali applicazioni professionali per la modellazione 3D e per la progettazione (inclusi i vari CAD e così via), in modo da non limitare l’esperienza alla realtà virtuale e mista, ma di portarla anche in un ambito più concreto. È in scenari come questi che emergono tutte le potenzialità che hanno strumenti come il Quest Pro, andando ad affrancarsi dal semplice settore del gaming a cui erano confinati i precedenti prodotti della linea Quest.
A CHI SI RIVOLGE
Ovviamente resta la possibilità di sfruttare tutta la libreria di giochi Quest, ma è chiaro che lo scopo di un dispositivo così costoso e particolare non è quello di rappresentare un’evoluzione del Quest 2 (che è ancora il punto di riferimento per la VR consumer stand alone), bensì di andare a parlare a tutto quel pubblico di professionisti che sono in grado di trarre un reale valore aggiunto dalle modalità di lavoro collaborativo che la realtà virtuale e aumentata è in grado di offrire. I 1800 euro richiesti assumono quindi un significato diverso se si guarda al visore come ad uno strumento professionale, posto in diretta concorrenza con altre proposte come HoloLens, che hanno un prezzo persino superiore.
Restano ancora tanti dubbi da svelare, ma questo primo contatto con il Quest Pro (potete approfondire le specifiche sul sito ufficiale Meta) ci ha dato delle sensazioni positive, sempre a patto di considerarlo nel modo giusto, ovvero con un dispositivo pensato per il mondo delle professionalità. Poi magari alcune delle specifiche del nuovo visore potranno trovare spazio su un ipotetico Meta Quest 3 che andrà a parlare ai giocatori, ma questo è un argomento per il prossimo anno, almeno.
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