Gli affascinanti e oscuri segreti della nascita dei pianeti si nascondono intorno a 86 giovani stelle, catturate con straordinarie immagini grazie al Very Large Telescope dello European Southern Observatory, situato in Cile: si tratta di una delle più grandi indagini mai effettuate sui dischi di formazione dei pianeti, che ha coinvolto più di 10 Paesi, tra cui l’Italia con l’Istituto Nazionale di Astrofisica di Arcetri (Firenze), Catania e Padova, l’Università di Milano e l’Università di Padova. La ricerca ha fornito una ricchezza di dati unica su come nascono i pianeti in diverse regioni della nostra galassia e ha permesso la pubblicazione di tre studi sulla rivista Astronomy & Astrophysics, guidati dall’Inaf di Arcetri, dall’Università irlandese di Galway e dall’Università di Amsterdam.
Ad oggi sono stati scoperti più di 5.000 esopianeti, che cioè orbitano attorno a stelle diverse dal Sole, e spesso si trovano all’interno di sistemi nettamente diversi dal nostro Sistema Solare. Per capire come nasce questa grande varietà, i ricercatori hanno esaminato 86 stelle in tre diverse regioni di formazione stellare della nostra galassia: quelle del Toro e del Camaleonte, entrambe a circa 600 anni luce dalla Terra, e quella di Orione, che si trova a 1.600 anni luce ed è nota per essere il luogo di nascita di molte stelle più massicce del Sole. Le nuove immagini raccolte dal Vlt dell’Eso mostrano la straordinaria diversità dei dischi che si formano attorno alle giovani stelle e che possono portare alla nascita dei pianeti.
“Alcuni di questi dischi mostrano enormi bracci a spirale, presumibilmente dovuti dall’intricato balletto dei pianeti orbitanti”, spiega Christian Ginski dell’Università di Galway, primo autore di uno degli studi. “Altri mostrano anelli e grandi cavità scavate dai pianeti in formazione – aggiunge Antonio Garufi dell’Inaf di Arcetri, che ha guidato la seconda delle tre ricerche – mentre altri ancora sembrano estremamente regolari e quasi dormienti in mezzo a tutto questo trambusto di attività”.
Gli astronomi hanno potuto raccogliere molte informazioni chiave. Ad esempio, analizzando la zona di formazione di Orione, oggetto del terzo studio guidato da Per-Gunnar Valegård dell’Università di Amsterdam, hanno scoperto che gli astri che si trovano in gruppi di due o più hanno meno probabilità di possedere grandi dischi di formazione planetaria. Questo è un dato importante, perché la maggior parte delle stelle della nostra galassia, a differenza del Sole, hanno delle compagne. Inoltre, l’aspetto irregolare dei dischi individuati in questa regione suggerisce la possibilità che vi siano pianeti molto massicci nascosti al loro interno.
“Questo è davvero un grande cambio di passo nel nostro campo di studi”, dice ancora Ginski: “Siamo passati dallo studio di singoli sistemi stellari a questa enorme panoramica di intere regioni di formazione stellare”. Con l’avanzare della tecnologia, i ricercatori sperano di riuscire a scavare ancora più a fondo nel cuore dei sistemi di formazione dei pianeti. Un aiuto in questo senso potrebbe giungere dall’Extremely Large Telescope dell’Eso, un grandissimo telescopio da 39 metri di diametro in costruzione in Cile a 3.000 metri di quota, che potrebbe vedere la prima luce nel 2028: l’Elt consentirà, infatti, di studiare le regioni più interne attorno alle giovani stelle, dove potrebbero formarsi pianeti rocciosi simili alla Terra.
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