
Un algoritmo anti-rumore che pulisce i dati da interferenze di fondo è riuscito a tracciare nuovi confini per uno dei fenomeni più misteriosi della fisica, quello che coinvolge il neutrino di Majorana, la particella inafferrabile che è identica alla sua antiparticella. Il risultato, pubblicato sulla rivista Science e frutto dell’esperimento internazionale Cuore condotto in Italia, nei Laboratori Nazionali del Gran Sasso dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare, indica che il fenomeno che genera questa particella bizzarra, chiamato decadimento doppio beta senza emissione di neutrini, potrebbe verificarsi non più di una volta ogni 35 milioni di miliardi di miliardi di anni.
Il fenomeno finora mai osservato, aiuterebbe a risolvere molte questioni aperte della fisica, a partire dal perché l’universo è fatto di materia anziché di antimateria. “La prima osservazione del doppio decadimento beta senza neutrini sarebbe una scoperta monumentale perché dimostrerebe che i neutrini possono essere le proprie antiparticelle, come ipotizzato da Ettore Majorana”, afferma Carlo Bucci dell’Infn, responsabile internazionale della collaborazione Cuore Cryogenic Underground Observatory for Rare Events), che coinvolge oltre 20 istituzioni. “Questo, a sua volta – aggiunge Bucci – potrebbe aiutarci a spiegare perché l’universo si è evoluto nella forma che vediamo oggi“.
Per registrare in modo estremamente preciso l’energia rilasciata da questo fenomeno, l’esperimento Cuore utilizza 988 cristalli di diossido di tellurio (un elemento simile allo stagno) raffreddati a temperature incredibilmente basse, di pochissimo superiori a quelle dello zero assoluto che si colloca a circa -273 gradi. L’esperimento, che ha iniziato a operare nel 2017 e che dovrebbe completare la raccolta dei dati nel 2026, ha infatti stabilito un record per aver mantenuto per così tanto tempo quella quantità di materiale a temperature così basse. Tuttavia, per riuscire a individuare eventi così rari e impercettibili, questo rivelatore deve essere estremamente sensibile.
Questa caratteristica è garantita in parte dalla sua collocazione sotto 1.400 metri di roccia, che schermano le particelle provenienti dallo spazio, e da speciali schermature realizzate con lingotti di piombo romano, recuperati da un relitto di 2mila anni fa. Ma tutto ciò non è ancora sufficiente: i ricercatori hanno anche dovuto mettere a punto un algoritmo in grado di gestire meglio i segnali di disturbo residui, eliminando il più possibile i rumori di fondo, un po’ come fanno degli auricolari super-silenziosi.
Tale approccio potrebbe aprire nuove strade anche in altri campi. “Le tecniche che abbiamo sviluppato per sottrarre il rumore potrebbero essere utili anche per altri rivelatori sensibili, inclusi quelli che studiano la materia oscura e le onde gravitazionali“, dice Chiara Brofferio di Università di Milano Bicocca e Infn, responsabile della collaborazione italiana di Cuore. “Abbiamo costruito questo apparato per essere un rivelatore di particelle – aggiunge Yury Kolomensky, di Berkeley Lab e Università della California di Berkeley – ma è anche un incredibile sismometro”.
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