Nella serie televisiva Homeland il protagonista uccide il Vicepresidente degli Stati Uniti manomettendo da remoto il suo pacemaker. Ma quanto è reale questo rischio? È davvero possibile che un hacker riesca ad accedere a un dispositivo medico impiantato nel nostro corpo e disattivarlo o modificarne il funzionamento?
Troppo wireless. Apparecchi come pacemaker e pompe per l’insulina di ultima generazione sono dotati di connessione wireless che permette a medici e ingegneri di controllarne il funzionamento da remoto senza bisogno di intervenire chirurgicamente sui pazienti.
Questi dispositivi utilizzano connettività wi-fi o bluetooth che, teoricamente, potrebbe essere violata da un malintenzionato in azione a decine o centinaia di metri di distanza.
Anche se fino ad oggi non sono mai stati registrati casi di hackeraggio di pacemaker o di altri impianti, la Food and Drug Administration ha presentato, già da qualche anno, una proposta di legge che stabilisce rigidi protocolli di cybersicurezza per tutte le apparecchiature biomedicali.
Cuore,e non solo, al sicuro. Un team di ricercatori della Purdue University si è spinto oltre, e ha messo a punto una nuova tecnologia che rende di fatto impossibile l’accesso non autorizzato a pacemaker, pompe per l’insulina ma anche a dispositivi indossabili di utilizzo più comune come smartwatch, sensori per il fitness o braccialetti che tracciano il sonno.
Secondo Deyaban Sen, coordinatore della ricerca, tutti i dispositivi elettronici che portiamo quotidianamente addosso e che comunicano costantemente tra loro, formano un vero e proprio body network, una rete wireless collegata a Internet dove scorrono centinaia di informazioni sul nostro stato di salute, ma anche sulle nostre abitudini, sui nostri spostamenti, sulle nostra vita di tutti i giorni.
Se un malintenzionato riuscisse ad accedere a questa rete, oltre che manomettere i dispositivi, potrebbe banalmente impossessarsi di dati su di noi: sulla nostra condizione fisica, sulla nostra routine del sonno, sui nostri spostamenti e molto altro ancora.
Il team di ricercatori ha messo in sicurezza la body network contenendo il segnale all’interno del corpo umano: smartwatch, smartphone, apparecchi biomedicali e sensori vari comunicano tra loro utilizzando come conduttore gli stessi tessuti corporei.
La rete dentro di te. Il segnale elettromagnetico non viene quindi più trasmesso via etere dal bluetooth, ma viene diffuso lungo la pelle e i tessuti adiposi. Queste comunicazioni non possono più essere intercettate da remoto, ma solo da dispositivi fisicamente a contatto con il corpo dell’interessato: al momento in
Gli scienziati della Purdue hanno messo a punto un sistema di comunicazione, che utilizza particolari circuiti elettrici, che richiede pochissima energia per funzionare e che permette di realizzare una body network completamente sicura: a fare da “punto di accesso” per i collegamenti da remoto (per esempio per acquisire i parametri misurati) è, in questo caso, lo smartphone della persona monitorata (smartphone che dovrebbe comunicare in modo sicuro, almeno lui, con l’esterno).
Il prossimo obiettivo dei ricercatori è quello di integrare questa tecnologia in un circuito microscopico, facilmente installabile in tutti i sistemi indossabili e nei dispositivi biomedicali.