Proprio come le metropoli moderne, anche i primi grandi insediamenti umani del Neolitico dovevano fare i conti con violenza, questione ambientale e malattie: lo rivelano i resti di oltre 700 persone vissute 9.000 anni fa a Catalhoyuk, un antico villaggio di contadini e pastori nella parte centro-meridionale della Turchia.
I risultati delle analisi, condotte da un gruppo internazionale coordinato dall’Università dell’Ohio, sono pubblicati sulla rivista dell’Accademia americana delle scienze (Pnas). “Catalhoyuk è stata una delle prime comunità proto-urbane al mondo e i residenti hanno sperimentato cosa accade quando tanta gente si concentra in una piccola area per un tempo prolungato”, spiega il coordinatore dello studio, Clark Spencer Larsen.
L’insediamento nacque intorno a 7.100 a.C. come un villaggio fatto da piccole case di mattoni di fango: il periodo di massima espansione si verificò tra il 6.700 e il 6.500 a.C., quando la popolazione crebbe fino a 3.500-8.000 abitanti. La loro dieta, basata su grano, orzo, segale, piante selvatiche, carne di ovini e selvaggina, favorì la diffusione della carie.
La struttura delle ossa umane rinvenute negli scavi dimostra che col passare del tempo i contadini e i pastori dovettero camminare sempre di più e allontanarsi dal villaggio per poter coltivare la terra, raccogliere legna e pascolare il bestiame: questo non solo per colpa dei cambiamenti climatici, ma anche per il sovraffollamento che probabilmente aveva portato a uno sfruttamento eccessivo delle risorse naturali.
L’elevata concentrazione di persone avrebbe inoltre favorito la diffusione di malattie infettive, ma anche il moltiplicarsi degli episodi di violenza: su un campione di 93 crani, oltre il 25% mostra fratture guarite, anche plurime e temporalmente distanti. La forma delle lesioni lascia intendere che siano state provocate da violenti colpi sferrati per lo più di spalle con oggetti tondeggianti, come alcune sfere di argilla ritrovate durante gli scavi.