Non solo controllo pubblico: anche la robotica e l’advertising vogliono sfruttare le potenzialità della facial recognition. In questo video un’esperta spiega cosa dobbiamo temere
Le tecnologie di riconoscimento facciale sono sempre più pervasive, e non è detto che sia una buona notizia. Il confine tra uso e abuso è sottile e alcune città negli Stati Uniti hanno deciso di passare all’azione per vietarle del tutto. Il tema è decisamente caldo per legislatori, attivisti e ovviamente per chi sviluppa gli strumenti che sfruttano questa sofisticata opzione tecnologica. In questo video il giornalista di Wired Tom Simonite approfondisce il tema con l’esperta di computer vision e di diritto Gretchen Greene.
Greene spiega come funzionano queste tecnologie e come si alimentano i database delle immagini che saranno poi analizzate alla ricerca di pattern ricorrenti (è vero: anche postare foto sui social non aiuta). La facial recognition è sicuramente un potenziale strumento di controllo in grandi eventi di massa, ma anche la pubblicità e il mondo della robotica sono sempre più inclini a sfruttarne le virtù per creare interazioni di maggiori qualità.
Attivisti e comitati per i diritti si fanno delle domande, in particolare pensando all’uso che potrebbero farne le forze dell’ordine. Gli algoritmi non sono immuni da pregiudizi e, spiega Greene, la preoccupazione che il tasso di errore cresca in determinati contesti sociali e demografici non è certo un problema secondario.
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