La next gen è ormai partita da poco più di due mesi e, dopo avervene parlato ai day one con le recensioni di PlayStation 5 e di Xbox Series X, oggi vogliamo fare il punto della situazione. Si sa, i cavalli si vedono all’arrivo, e anche il giudizio su una generazione di videogiochi non può certo arrivare dopo qualche giorno o qualche mese, motivo per cui le recensioni iniziali hanno più lo scopo di parlare dell’hardware in sé che dell’effettiva supremazia (ammesso che esista) di una piattaforma rispetto all’altra.
Se PlayStation 5 e Xbox Series X/S saranno state delle buone console lo potremo sapere solo quando la generazione sarà ampiamente avviata – magari in occasione del primo giro di boa rappresentato dal quasi certo e inevitabile annuncio delle versioni mid gen – ma questo non vuol dire che ora non ci siano interessanti elementi di discussione. Tutt’altro.
Smaltito l’entusiasmo iniziale causato dall‘avvento del nuovo, messo da parte lo stupore che si prova sempre nel trovarsi faccia a faccia con una nuova generazione di console – che mai come in questo caso ci ricordano la loro presenza nel nostro salotto di casa (e l’ingombrante PlayStation 5 è maestra nel non passare inosservata) -, è giunto il momento per un’analisi più fredda e lucida riguardo ciò che ci hanno insegnato questi primi mesi in compagnia della next gen.
Analisi che è composta da due elementi legati tra loro: il video e questo articolo. Nel primo ho deciso di dare uno sguardo più generico alla questione e ai principali elementi di confronto/scontro tra le piattaforme, mentre nell’articolo mi preme espandere alcuni punti cruciali della questione next gen, come ad esempio il problema dell’assenza di esperienze next gen e una prima analisi delle due piattaforme esclusivamente digitali.
SIAMO PRONTI PER LA NEXT GEN, LA NEXT GEN NON È PRONTA PER NOI
Partiamo subito dal più grande punto critico della next gen: la quasi totale assenza di esperienze esclusive. La parola videogioco è composta dai due termini video e gioco: il secondo è senza dubbio quello principale e caratterizzante, in quanto descrive esattamente di cosa si tratta – di un gioco per l’appunto -, mentre il primo contribuisce a inquadrare questo composto all’interno di una categoria ben definita di giochi, quelli sul video, caratterizzati da immagini in movimento. L’elemento predominante è quindi quello interattivo, dal momento che un videogioco senza il gioco si trasforma in un semplice video, un filmato quindi, e si posiziona in un’altra categoria di intrattenimento completamente diversa.
Questo ci permette di capire da subito che lo sbilanciamento verso la componente prettamente estetica è in qualche modo deleterio per l’esperienza nel complesso, specialmente se ciò avviene a fronte di un impoverimento della componente ludica (Nintendo, ad esempio, è sempre molto attenta ad evitare che avvenga). Lo scenario è un po’ quello che ci stiamo trovando ad osservare in questa prima fase di next gen, dove il principale tema ad essere stato curato è proprio quello legato all’aspetto estetico dei giochi, vista la composizione dei cataloghi di lancio proposti da Sony e Microsoft per le loro nuove console.
Come abbiamo già avuto modo di trattare più volte nel corso degli ultimi mesi, l’offerta generale della next gen è composta quasi esclusivamente da versioni aggiornate di titoli già presenti sul mercato da ormai diversi anni, con alcune sporadiche eccezioni che comunque non si distaccano troppo dallo stesso concetto. Emblematico è il caso di Demon’s Souls Remake, ad esempio, che riesce a fregiarsi del titolo di vera esclusiva next gen, ma che allo stesso tempo lo fa con un gameplay completamente ancorato a quello della versione originale per PlayStation 3, come vi abbiamo raccontato in sede di recensione.
Ci troviamo quindi davanti ad una next gen che – in realtà – è perfettamente in grado di farci intendere sin da subito di cosa è capace sotto il profilo tecnico, mostrandoci i primi accenni di ray tracing ad esempio, o una maggiore stabilità sotto aspetti come risoluzione e frame rate, ma lo fa su esperienze già vissute, sulle quali oggi può far piacere tornare per scoprirle in una forma migliore (o scoprirle per la prima volta, in alcuni casi); in un normale contesto videoludico dovrebbero rappresentare l’antipasto e il contorno da accompagnare ad un sostanzioso piatto principale.
A poco più di due mesi dal lancio è infatti chiaro come la strategia di presentare due piattaforme in totale continuità con il passato non stia pagando sotto l’aspetto delle nuove esperienze di gioco. Ad oggi non esiste alcun reale incentivo per affrettare la corsa alla next gen, dal momento che mancano tutti quei titoli in grado di sfruttare al meglio le potenzialità messe a disposizione dei nuovi hardware, che siano quindi in grado di far percepire un salto generazionale che vada al di là della sola veste grafica. La prima vera esperienza next gen dovrebbe essere rappresentata da The Medium – ormai in fase di arrivo su Xbox Series X/S e PC -, ma sappiamo bene che il trend di continuità non sparirà tra pochi mesi, ma dovrebbe essere una costante per tutto il 2021 e solo a partire dal 2022 potrebbe accennare a calare in maniera considerevole.
Nonostante ciò, sia Xbox Series X/S che PlayStation 5 (in particolare quest’ultima) sono quasi introvabili in ogni mercato. Da un lato la colpa è di tutte le problematiche che hanno caratterizzato il 2020, mentre dall’altro continua a persistere il classico fenomeno FOMO (Fear Of Missing Out), la paura di sentirsi tagliati fuori. Paura che in un certo senso è giustificata dalle esperienze passate, visto che ogni cambio generazionale è stato accompagnato da una serie di lanci in esclusiva per le nuove piattaforme (e non parliamo per forza di titoli memorabili eh); da quel momento in poi era prassi che la old gen non venisse più supportata dalle nuove uscite, se non per rare eccezioni provenienti da grossi brand in grado di permettersi di continuare ad investire risorse anche sulle console non più al centro dell’attenzione.
Oggi questo ragionamento è stato completamente capovolto e le ragioni sono tante. La pandemia ha senza dubbio avuto il suo peso nel lancio della next gen, ma c’è un altro elemento che non può essere trascurato: l’enorme base installata delle vecchie console. Tra tutte le edizioni di PlayStation 4 e Xbox One, infatti, ci sono circa 160-170 milioni di unità sparse in tutto il mondo, dei numeri che è difficile trascurare, specialmente nel momento in cui si avvia la produzione di un nuovo gioco ad altissimo budget: meglio puntare su un’esperienza meno innovativa in termini di supporto tecnologico – ma in grado di intercettare anche quella base di utenti – o invece puntare ai soli 5-6 milioni di giocatori che hanno una piattaforma next gen (considerando un titolo multi piattaforma, se scendiamo nel campo delle esclusive i numeri si dimezzano)?
La risposta a questa domanda non è scontata in termini assoluti, ma lo è per la maggior parte delle realtà, che devono affrontare costi di produzione sempre più elevati e il cui ritorno economico non è garantito se non si punta al mercato più ampio possibile. Per trovarsi nella situazione di poter realmente scegliere a quale scenario rivolgersi, occorre quasi sempre essere una realtà first party interna a Sony e Microsoft o, tutt’al più, essere un team minore che fa parte di un colosso come Ubisoft, EA e Square Enix (per citare qualche nome), in modo da poter sperimentare senza correre troppi rischi.
Insomma, è chiaro che la next gen è pronta: le due console di punta di casa Sony e Microsoft sono entrambe promettenti sotto il profilo tecnico e, al netto delle differenze, hanno le carte in regola per offrire due solide piattaforme su cui basare i prossimi anni all’interno del panorama gaming. Allo stesso tempo, però, non sono ancora pronte per noi e probabilmente non lo saranno ancora per diverso tempo. La next gen che ci viene offerta oggi, infatti, non si discosta in alcun modo dal concetto inaugurato nel 2016 e nel 2017 dalle due console mid gen: esperienze videoludiche inalterate nella sostanza, con alcune migliorie in grado di esaltarne la forma.
Ciò che PlayStation 5 e Xbox Series X/S sono in grado di offrire è sicuramente più evidente e tangibile rispetto a quanto fatto da PS4 Pro e One X, ma la sensazione è quella di trovarsi all’interno di un limbo videoludico che ci costringe a restare ancora per diverso tempo a cavallo tra le generazioni, sempre in attesa della prossima patch next gen che possa migliorare un titolo a cui abbiamo già giocato.
SERIES S E PS5 DIGITAL: FACCE OPPOSTE DELLA STESSA MEDAGLIA
Mai come questa volta l’offerta di console al day one è stata ricca e articolata, con ben 2 proposte da parte di Sony e altrettante da parte di Microsoft. Stessi numeri quindi, ma non si deve fare l’errore di paragonarle direttamente tra loro. Certo, la versione tradizionale di PlayStation 5 – quella con il lettore ottico – è a tutti gli effetti la diretta rivale di Xbox Series X, in quanto entrambe rappresentano la proposta completa di Sony e Microsoft, offrendo quindi le porte d’accesso più complete alla next gen.
Quello che invece cambia radicalmente – e lo hanno dimostrato anche questi primi mesi – è ciò che accade nella fascia entry level, dove troviamo due proposte che offrono un approccio completamente diverso al tema del risparmio. Delle specifiche tecniche vi abbiamo parlato anche in occasione del nostro primo confronto sulla carta, ma mentre in quel caso mettevamo a paragone i dati tecnici e le filosofie delle due aziende, oggi abbiamo maggiori elementi per verificare sia i risultati prodotti da quelle schede tecniche sia la reazione del pubblico nei confronti di Xbox Series S e PlayStation 5 Digital Edition.
Ricordiamo brevemente che PS5 Digital non è altro che una normale PlayStation 5 a cui sono stati rimossi il lettore ottico e 100 euro dal prezzo di listino (che passa quindi da 499 a 399 euro per questa versione), mentre Xbox Series S è a tutti gli effetti un’altra console rispetto a Series X. Anche qui manca il lettore ottico, ma anche l’hardware che la compone ha subìto delle importanti modifiche che posizionano la piattaforma sul gradino più basso – a livello di prestazioni – della next gen.
Elemento questo che ha fatto subito storcere il naso a molti, almeno in fase di presentazione, ma che alla prova dei fatti non si sta rivelando essere così determinante, almeno non in questa primissima parte della nuova generazione. Ci sono diversi fattori che spingono a considerare Xbox Series S come una delle principali sorprese dell’avvio di next gen e tutti hanno in comune un dettaglio importante: la console è perfettamente a fuoco con il suo target di utenti ideale. Ecco alcuni di questi:
- I 200 euro di listino in meno rispetto a Series X (499 euro) rappresentano una differenza sostanziale che porta la console su una fascia di prezzo molto più popolare
- C’è ancora una grossa fetta di utenti che non sente il bisogno di aggiornare la propria TV e cerca semplicemente “un investimento sicuro nel tempo che sia adatto alla propria postazione“, senza strafare
- Ancora una volta il fattore economico: 299 euro sono un prezzo di listino molto più appetibile per chi si vuole avvicinare – senza troppi impegni – al mondo del gaming, magari perché ne era uscito in passato
- Sebbene sia una console All Digital, Series S è sostenuta da un servizio senza paragoni come il Game Pass, che permette di giustificare in maniera convincente l’assenza di un lettore ottico
- È a tutti gli effetti una console plug-and-play: la si accende, si attiva l’abbonamento e si sceglie cosa scaricare dallo sterminato catalogo Game Pass
Ovviamente Series S non si limita ad accedere alla libreria del servizio in abbonamento di Microsoft – visto che è possibile acquistare qualsiasi titolo dallo store -, ma è innegabile che il suo ruolo principale in questo momento storico sia proprio quello di porta d’accesso, sia per la next gen che per il Game Pass. Difficile trovare un altro dispositivo che – a 299 euro – offra un pacchetto così completo per chiunque si avvicini per la prima volta al mondo del gaming o anche solo a quello Xbox.
Le prove tecniche ci hanno poi dimostrato che – in una grossa fetta dei casi – le differenze rispetto a Series X si riducono tutte ad aspetti come la risoluzione, il frame rate e il supporto al ray tracing. Elementi che per molti possono essere considerati ampiamente marginali, specialmente se si considera che per il resto la libreria è identica. Insomma, scomodando il mondo PC, si tratta delle stesse differenze che intercorrono tra un hardware configurato con schede video di diversa fascia di prezzo, ma appartenenti alla medesima generazione dal punto di vista delle tecnologie. Scalano i dettagli, ma l’esperienza di gioco resta la stessa.
L’altra faccia della medaglia è rappresentata da PlayStation 5 Digital Edition, una console che invece sta faticando ad imporsi e la cui domanda è al momento sostenuta più dal fatto che PS5 risulta introvabile in tutte le sue edizioni, piuttosto che dal reale vantaggio offerto da questa versione della piattaforma. Allo stato attuale, infatti, manca quell’elemento in grado di rendere la Digital Edition un acquisto sensato anche sul lungo periodo, visto che latita quell’offerta di servizi che sappia rendere appetibile anche una console del tutto sprovvista di supporto ottico.
La strategia di Sony è infatti ancora incentrata sulla tradizionale vendita dei singoli titoli, una scelta non sbagliata di per sé, ma che male si sposa con il concetto di una piattaforma totalmente digitale. Anche i 100 euro di differenza non sembrano rappresentare un incentivo abbastanza forte (aspetto su cui esprimevamo dei dubbi già a giugno dello scorso anno), visto che questo piccolo risparmio iniziale tende ad essere rapidamente eroso.
Sia chiaro, c’è una nicchia di pubblico che non noterà alcuna differenza tra il possedere una PlayStation 5 con o senza lettore ottico (personalmente mi inserisco nella nicchia, vista la mia personale preferenza per il digitale), motivo per cui non si può dire che – in termini assoluti – PS5 Digital Edition sia un esperimento fallito. Tuttavia è innegabile che, tra la risicata differenza di prezzo e l’assenza di una forte strategia di Sony nel campo dei servizi, l’acquisto di questa variante sia meno consigliabile per la maggior parte delle persone e che debba quindi essere ponderato con attenzione. Discorso che invece non vale per Series S, visto che resta in ogni caso una delle migliori piattaforme per fruire del Game Pass.
Un ultimo appunto sulla questione del digitale è legato alla necessità di disporre di una buona connessione. Su questo aspetto è bene essere chiari una volta per tutte: qualsiasi forma di gaming, ad oggi, richiede una rete decente, sia che il supporto su cui si basa sia fisico o digitale. Non saranno i 40-50GB del download di un titolo completo a rappresentare il “problema assoluto”, specialmente quando viviamo in un’era in cui non è raro imbattersi in patch di 15-20GB (se va bene, vero Warzone?), quindi il discorso della connessione è ormai imprescindibile in assoluto e i casi in cui può realmente fare la differenza sono davvero ormai marginali (giusto nel caso di un titolo completamente single player, senza funzioni online accessorie e che volete giocare sin da subito, dopo aver atteso i tempi di installazione dal disco).
SIAMO ANCORA IN UNA FASE DI TRANSIZIONE
Insomma, il quadro che emerge da questi primi mesi di next gen è abbastanza chiaro: siamo ancora in una fase di transizione che è destinata a durare per diverso tempo. L’enfasi posta su Series S non è casuale, in quanto – dato lo scenario configurato – è senza dubbio una delle migliori scelte che oggi si possa fare, sotto un punto di vista prettamente razionale.
Spendere meno, per avere accesso completo alla libreria next gen, il tutto mentre si traggono i benefici di un Game Pass sempre più ricco, non può che essere la scelta più sensata per una grossa fetta di giocatori. Ovviamente questo è un discorso molto freddo, che si distacca dai tantissimi criteri di scelta legati al cuore (leggasi alle esclusive) che hanno un’importante valenza personale e che variano da individuo a individuo. Scegliere PlayStation 5 per la qualità delle offerte first party che ha caratterizzato tutte le generazioni delle console giapponesi è senza dubbio una mossa sensata (e personalmente è quella che farei), ma che è appunto guidata da una valutazione personale sulla quale non valgono le tematiche della razionalità.
Come non valgono per PS5, allo stesso modo anche Xbox Series X rischia di non essere la scelta ideale per molti. Il motivo di ciò è abbastanza chiaro ed emerge dai due punti trattati in questo speciale. Il primo è che la parità di catalogo con Series S non le permette (come è giusto che sia nei confronti della sorella minore) di ottenere alcun reale vantaggio sul fronte ludico, mentre il secondo riguarda proprio questa lunga fase di transizione. Nel momento in cui la next gen entrerà davvero a regime si avvicinerà anche il rilascio delle piattaforme mid gen, in grado di superare il livello prestazionale offerto dalle console top di oggi.
A quel punto la situazione sarà ben definita, lo sviluppo dei titoli avrà finalmente abbracciato in pieno le potenzialità della next gen (quindi a quel punto non ci si aspetteranno ulteriori innovazioni legate al mancato sfruttamento delle funzioni hardware, cosa che sta avvenendo ora su aspetti come SSD, vibrazione aptica e grilletti adattivi, per citare qualche esempio) e le nuove piattaforme potrebbero essere realmente in grado di dare una spinta ulteriore verso il raggiungimento di inediti standard qualitativi.
Series X rischia quindi di restare incastrata e penalizzata, nonostante le sue enormi potenzialità: oggi è limitata dal traino della vecchia generazione (situazione che si protrarrà ancora per diverso tempo), mentre domani potrebbe trovarsi a brillare solo per un paio di anni, salvo poi lasciare il posto alle prossime piattaforme in grado di fare meglio. Se poi ci aggiungiamo che – escludendo ovviamente il discorso budget dall’equazione – il modo migliore in assoluto per giocare ai titoli del catalogo Xbox è un PC di fascia medio-alta, è ancora più evidente come l’ammiraglia di casa Microsoft si trovi in una posizione scomoda: paradossalmente è quasi più difficile identificare il suo reale pubblico, rispetto a quello di Series S.
La strategia attendista di Series S potrebbe essere quindi quella più consigliata per una buona fetta di giocatori, specialmente per tutti coloro che non hanno dei pregiudizi verso l’offerta del catalogo Microsoft e che non si sentono particolarmente legati a quello Sony. Ma se la freddezza del ragionamento non vi ha convinto, va bene così: la scelta del cuore è sempre quella corretta.
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