Gli smartglass restano in larga parte una chimera: ci ha provato Google, Facebook ha presentato Project Aria e di recente abbiamo assistito ad alcuni annunci interessanti, come quello di Xiaomi. Il sogno di avere un paio di occhiali che possa unire sotto un solo cappello, normalmente quello della realtà aumentata, molte funzioni che finora vengono demandate agli smartphone è vivo e lotta insieme a noi, ma per il momento non ha trovato un’applicazione convincente in un prodotto di largo consumo. I Ray-Ban Stories, collaborazione tra Facebook e Luxottica, promettono di unire stile e alcune funzioni multimediali, come la possibilità di scattare foto, registrare video e ascoltare la musica, ma sono davvero “smart”? Non molto.
Abbiamo passato qualche giorno in compagnia dei Ray-Ban Stories arrivando alla conclusione che si tratta di un prodotto tutto sommato ben fatto, anche se piuttosto costoso, che rientra nel novero dei gadget divertenti per un po’ e nulla più.
RIFACCIAMOCI IL LOOK
Rispetto ad altri prodotti simili, su tutti gli Snapchat Spectacles che nell’ultima iterazione hanno anche aggiunto la promessa della realtà aumentata, il frutto della partnership con Ray-Ban può farsi forte delle linee super riconoscibili di uno dei brand più noti e iconici al mondo: i Ray-Ban Stories sono disponibili con le silhouette Wayfarer (quella che abbiamo testato), Round e Meteor, in un totale di sei colori differenti e con le lenti normali, polarizzate oppure quelle Transition. I prezzi vanno dai 329 ai 409 euro. Giusto per avere un riferimento, un paio di Wayfarer standard costa circa 140 euro di listino, quindi il premium da pagare per averli in questa versione smart è di circa 190 euro.
Esteticamente si presentano molto simili agli originali se non per un paio di differenze: le due fotocamere da 5 megapixel agli angoli della montatura e poi delle bacchette un po’ più spesse, pensate per ospitare l’elettronica, tra cui gli speaker posti in prossimità della curvatura e quindi delle orecchie. La vestibilità, comunque, è del tutto paragonabile a quella di un normale paio di occhiali, sono comodi e tutto sommato non danno nell’occhio (o quantomeno nessuno attorno a me sembra essersi accorto della differenza, finché non gliel’ho detto). Attenzione solo che non ci sono certificazioni IP, quindi in una giornata di pioggia meglio lasciarli a casa anche se avete scelto lenti, come quelle Transition, adatte a più tipi di luce.
FOTO E VIDEO… DAL PASSATO
Dopo averli accesi attraverso una piccola levetta interna e sincronizzati con la app Facebook View, in pochi istanti i Ray-Ban Stories sono pronti per essere utilizzati. Il pulsante sulla bacchetta destra permette di scattare foto, tenendo premuto, oppure video da massimo di 30 secondi. Basta premere una volta per far partire la registrazione e poi ancora qualora la si volesse interrompere prima dello scadere del mezzo minuto che segna il termine automatico della ripresa. Le fotografie vengono scattate a una risoluzione di 2592 x 1944 pixel mentre i video a 1184 x 1184 pixel a 30 frame al secondo.
Come sono foto e video? Con tanta luce, la qualità non è male considerando gli inevitabili compromessi legati a dover inserire i sensori all’interno di un paio di occhiali e all’impossibilità di lasciare all’utente le eventuali regolazioni manuali. Certo, paragonando il risultato con quanto ottenibile da un cellulare qualsiasi uscito negli ultimi anni, il giudizio è piuttosto negativo, ma si tratta di compromessi accettabili considerando che probabilmente condividerete quanto prodotto sui social e con gli amici, senza ulteriori pretese.
La sera o quando la luce è molto bassa, il risultato è invece meno lusinghiero e anche a casa o all’interno di ambienti con luce artificiale fioca si notano diversi problemini. La risoluzione è, in generale, un grosso limite quando si vanno a osservare i dettagli ma l’idea è che foto e video catturati con i Ray-Ban Stories vengano visualizzati all’interno di un feed Instagram o di una chat di Whatsapp, fruiti al volo e poi dimenticati. Mi è piaciuto invece come il field of view sia abbastanza ampio da catturare una buona parte di quanto osservato con gli occhi, dando modo di poter fare affidamento sugli occhiali quando si registra senza troppo preoccuparsi che il risultato non mostri quanto desiderato.
Nel momento in cui parte la registrazione, un led bianco posto in prossimità della fotocamera destra si accende e, nell’idea delle due aziende, dovrebbe segnalare a chi ci sta davanti che stiamo registrando. Una soluzione che ha sollevato qualche perplessità e che ha lasciato anche me piuttosto interdetto. Non ci sono, innanzitutto, sensori che dicono all’occhiale se il led è coperto oppure no, quindi un piccolo pezzo di nastro nero o semplicemente il dito possono nasconderlo senza alterarne le funzionalità. Anche senza coprire il led, comunque, è vero che la luce è piuttosto visibile ma, da un paio di test squisitamente empirici, mi sono reso conto che la maggior parte delle persone che non conosce il prodotto non si rende effettivamente conto di quello che sta accadendo. Insomma, la questione privacy è ancora tutta da discutere, resta un tema aperto.
PODCASTGLASS
Se foto e video sono l’aspetto più curioso, la possibilità di ascoltare musica e podcast, ma anche di rispondere e parlare al telefono, sono funzioni che danno concretezza all’offerta dei Ray-Ban Stories. Gli speaker sono posti in una posizione corretta e veicolano l’audio in un modo che, a mio vedere, rende l’ascolto piacevole. Certo, come sentite voi, così farà chi vi sta vicino qualora il volume fosse sufficientemente alto, quindi a me è capitato più volte mentre camminavo per strada o prendevo i mezzi di chiedermi quanto l’ascolto potesse disturbare gli altri. Se non volete assolutamente far sapere ciò che ascoltate o condividere le vostre chiamate, non sono il prodotto per voi.
La qualità è buona, l’audio pulito e mancano solo un po’ di bassi, ma davvero è difficile aspettarsi di più tutto considerato. Resta comunque una soluzione, a mio vedere, adatta a chiamare e ad ascoltare podcast, molto meno se volete godervi un po’ di musica.
I controlli sugli occhiali sono tutti a sfioramento, posti sempre sulla bacchetta di destra. Con un tocco si avvia o mette in pausa la riproduzione audio, mentre con due e tre tocchi si porta avanti o indietro il brano. In maniera simile è possibile rispondere alle chiamate o porvi termine. Per alzare o abbassare il volume basta scorrere il dito sulla stessa superficie.
La batteria interna agli smartglass garantisce, secondo quello che ho potuto provare, circa tre ore di ascolto, ma è probabile che scattando qualche immagine o girando qualche video nel mezzo, questo valore scelga ulteriormente. La custodia attraverso cui ricaricarli dispone anch’essa di una batteria interna, che aggiunge qualche ora di ascolto o qualche decina di video.
FACEBOOK VIEW E QUALCHE VIDEO
Come detto in apertura, per utilizzare i Ray-Ban Stories serve l’apposita app View, alla quale loggarsi attraverso il proprio account Facebook. Con la app si possono scaricare e gestire video e foto, applicando anche alcuni effetti o regolando luminosità, nitidezza, saturazione e calore. Le impostazioni non sono moltissime ma sufficienti per divertirsi a creare qualcosa di unico. Nel caso dei video, ad esempio, le opzioni per montarli insieme lasciano all’utente la scelta se aggiungere scritte, musiche, transizioni e così via. Altrimenti è sempre possibile scaricare il tutto e lavorarlo altrove. Molto semplici anche le opzioni di condivisione, non solo sulle app che afferiscono a Facebook.
C’è anche il supporto all’Assistente Facebook che di fatto si limita a due funzioni: pronunciata la keyword “Hey Facebook” è possibile chiedergli di scattare una foto oppure registrare un video. Operazione che, ad oggi, va fatta in lingue inglese. Anche qualora doveste essere anglofoni provetti oppure, semplicemente, dovesse arrivare il supporto all’italiano, secondo me risulta molto meglio usare il pulsante, anche per non attirare troppo l’attenzione: è già sufficientemente strano andare in giro con occhiali che riprendono quanto sta attorno, parlarci è forse troppo. L’assistente resta un’opzione comoda quando si è ad esempio in bici, in monopattino o in macchina, così da non alzare mani da manubrio o volante.
Abbiamo notato qualche bug di troppo, infine. Ogni tanto all’attivazione degli occhiali, che avviene quando si aprono le bacchette, non è corrisposta la sincronizzazione del telefono, oppure qualche suono, come quelli che segnalano l’avvio della registrazione, non è partito correttamente. Nulla di clamoroso, comunque, probabilmente dei semplici errori di gioventù.
COMMENTO
I Ray-Ban Stories sono, all’apparenza, occhiali normali: niente forme o colori bizzarri, un design riconoscibile e la possibilità di mescolarsi al resto delle persone senza sembrare usciti da un film di fantascienza. Inoltre le funzionalità fotografiche sono divertenti, anche se molto limitate, così come quelle audio.
Il problema è che si impiega poco a rendersi conto che l’entusiasmo dura il tempo di fare un po’ di prove, condividere la novità con gli amici e testarli in ogni situazione che ci viene in mente. Da quel momento in poi dipende un po’ dalle esigenze e dalla creatività di ciascuno. Per molti non passerà troppo tempo prima che diventino un paio d’occhiali che una volta ogni tanto permettono di catturare un’immagine o ascoltare un podcast.