L’aritmia cardiaca più diffusa, la fibrillazione atriale, ‘batte’ per la prima volta in provetta: è stata infatti riprodotta in laboratorio grazie a cellule staminali riprogrammate ottenute da pazienti colpiti da una forma familiare della malattia. Il risultato è pubblicato sulla rivista Cardiovascular Research dalle università di Brescia e Statale di Milano in collaborazione con altri centri nazionali e internazionali, allo scopo di accelerare la ricerca di nuove terapie per questa condizione che oggi colpisce l’1-2% della popolazione generale e oltre il 15% degli ultra ottantenni, causando ictus, insufficienza cardiaca e morte improvvisa.
Lo studio ha permesso di generare per la prima volta un modello cellulare umano di fibrillazione atriale partendo da cellule (fibroblasti del derma) prelevate a fratelli di una famiglia affetta da una forma di artmia non trattabile farmacologicamente. Queste cellule, riprogrammate in staminali, sono state poi differenziate in cellule cardiache: hanno così mostrato grosse alterazioni nella funzione di due proteine (canali ionici di calcio di tipo L e canali ‘funny’) che le rendono più aritmiche rispetto a cellule analoghe ottenute da persone sane. Il loro trattamento con il farmaco ivabradina (un bloccante del canale funny già usato nel trattamento dell’angina e dello scompenso cardiaco) ha dimostrato di poter ridurre alcune delle alterazioni elettriche legate alla malattia, almeno in questo caso specifico di fibrillazione atriale.