Gli scienziati continuano a monitorare l’andamento di due nuovi buchi neri scoperti di recente capaci di divorare a enorme velocità altri corpi celesti
I buchi neri sono tra gli oggetti celesti più misteriosi dell’Universo. Il primo ad utilizzare il termine “buco nero” fu coniato da John Wheeler nel 1967, ma la loro scoperta e la loro storia risale a molto tempo prima.
La storia dei buchi neri inizia con la pubblicazione dei Principia di Newton, nel 1687, in cui viene enunciata la Teoria della Gravità. Anche se già in precedenza, nel 1676, l’astronomo Danese Ole Römer, misurando la velocità della luce, aveva dato un contributo importante alla scoperta di questi corpi celesti.
Oggi, l’esistenza dei buchi neri è confermata dagli studi compiuti da numerosi vincitori di premi Nobel, che sono riusciti anche a farne una classificazione in base alla massa. Nonostante la certezza sull’esistenza, nessuno è mai riuscito ad osservarli realmente, perché costituiscono quelle parti più remote dell’universo incapaci di emettere luce e, quindi, invisibili ai nostri occhi. Solo grazie alle nozioni di fisica e matematica è possibile capirne il funzionamento.
I buchi neri, infatti, sono caratterizzati da un campo gravitazionale così forte da risucchiare qualunque cosa giunga nelle loro vicinanze, compresa la luce o qualunque altro segnale luminoso. E allora, come è possibile individuarli?
Dove si trovano i due nuovi buchi neri che divorano le galassie?
Gli scienziati si avvalgono oggi di strumenti potentissimi per individuare studiare i buchi neri. Uno di questi è l’ALMA, acronimo di Atacama Large Millimeter/submillimeter Array, il radiointerferometro che si trova nel deserto cileno di Atacama, che ha individuato due corpi celesti dal campo gravitazionale intenso.
La ricerca si è appena conclusa e i risultati sono stati pubblicati sulla rivista scientifica “The Astrophysical Journal Letters”. Ad attirare gli scienziati è stato l’aumento di dimensione lento e costante dei buchi neri, mentre si trovavano al centro della loro galassia. Proprio per questa visibile espansione sono stati definiti “affamati”: L’ingrandimento è dovuto all’atto di inglobare tutti i residui della cosiddetta fusione galattica.
Riguardo la loro posizione, i due buchi neri sono a 750 anni di distanza l’uno dall’altro, in una zona dell’universo dove i buchi neri sono, di solito, inattivi. Lo studio è partito dalla fusione di due galassie nota come UGC4211, a mezzo miliardo di anni luce dalla Terra, nella costellazione del Cancro. Una scoperta possibile solo ai sofisticati ricevitori a disposizione dell’ALMA capaci di percepire i mutamenti nonostante l’enorme distanza dal nostro pianeta.