Chat, e-mail, social media: i sistemi di Intelligenza artificiale suggeriscono parole, completano frasi o producono conversazioni. In pratica, la comunicazione umana è sempre più mescolata al linguaggio generato dall’IA. Uno studio ha analizzato le nostre capacità di riconoscere diversi tipi di testi generati dall’IA pubblicati su piattaforme di incontri online, di ricerca professionisti e di alloggi per le vacanze – è risultato che capiamo se un testo è stato scritto da una persona reale o dall’IA soltanto una volta su due.
Linguaggio famigliare. Nel tentare di riconoscere un testo generato dall’intelligenza artificiale non ci affidiamo al caso, ma seguiamo alcuni parametri: diffidiamo di testi scritti in prima persona e grammaticalmente molto corretti, ma anche di un linguaggio troppo familiare e informale. Il fatto è che l’intelligenza artificiale è addestrata da noi, e per questo ci trae in inganno: «L’IA può creare testi che risultano più umani di quelli scritti dagli umani», sottolinea Jeffrey Hancock, uno degli autori.
In che modo, allora, possiamo imparare a distinguere tra testi artificiali e umani? Secondo i ricercatori una delle opzioni è dare all’IA un accento riconoscibile − un po’ come quello che permette di distinguere inglesi e americani – e magari inserire una filigrana (o watermark) nel testo, una sorta di schema ripetuto di parole, lettere e punteggiatura che ne faciliti il riconoscimento.