La Pianura Padana è tra le aree a più alto rischio sismico in Europa, non tanto per la probabilità (moderata) che si verifichi un terremoto, quanto per l’elevata vulnerabilità dei molti beni esposti, soprattutto insediamenti produttivi di grande valore economico: lo dicono gli esperti dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (Ingv), a dieci anni dall’inizio della sequenza sismica che tra maggio e giugno del 2012 ha colpito la parte centrale della Pianura Padana (soprattutto le province di Modena, Ferrara, Reggio Emilia, Bologna, Mantova e Rovigo) causando 26 vittime, centinaia di feriti, oltre 15.000 senzatetto e danni gravissimi al patrimonio artistico, all’edilizia rurale, industriale e a quella di uso civile, con un danno economico stimato in circa 2 miliardi di euro.
La sequenza sismica, spiegano gli esperti, ha avuto una prima fase con un elevato numero di terremoti al giorno (con picchi di oltre 300 eventi il 20 e il 29 maggio), che si è conclusa già alla fine di giugno 2012; è seguita una seconda fase con un’attività ridotta da luglio a ottobre 2012, e poi una terza fase di attività via via minore con pochi eventi al mese.
La scossa principale si è verificata alle 04:03 del 20 maggio con epicentro circa 30 chilometri a ovest di Ferrara, magnitudo locale ML 5.9 (Mw 5.8), e ha causato 7 vittime. Nell’ora successiva sono stati registrati ben 11 eventi di magnitudo superiore a 4.0 e nel corso della giornata un totale di 16 terremoti di magnitudo compresa tra 4.0 e 5.0, con epicentri tra i comuni di Mirandola, San Felice sul Panaro e Finale Emilia. Il 29 maggio alle ore 9 si è verificato un secondo evento con una magnitudo locale ML 5.8 (Mw 5.6) ed epicentro posto circa 20 chilometri a ovest della prima scossa principale, sempre nel modenese tra i comuni di Medolla e Cavezzo.
I terremoti hanno interessato un’area geologicamente attiva e ben conosciuta: il sottosuolo è caratterizzato da alcune centinaia di metri di depositi alluvionali che ricoprono le strutture tettoniche attive che formano le propaggini più avanzate dell’Appennino settentrionale. Anche dal punto di vista storico l’area era conosciuta come sede di alcuni terremoti importanti, come nel caso della lunga e complessa sequenza del 1570 che ha colpito la città di Ferrara e le zone circostanti. La sismicità storica è da considerarsi relativamente moderata, confrontabile con quella di altri settori della Pianura Padana (ad esempio l’area tra il Reggiano e il Parmense), ma inferiore a quella di alcuni settori dell’Appennino romagnolo e del versante toscano dell’Appennino tosco-emiliano.
In merito ai danni provocati dalle scosse, la maggior parte dei crolli totali o quasi totali sono stati rilevati nell’edilizia produttiva (capannoni industriali, cascinali, fienili) e in quella monumentale (soprattutto chiese, campanili e torri). L’edilizia residenziale recente ha sofferto generalmente in modo contenuto, mentre nei centri storici il danno è risultato più diffuso e grave.