Se in Italia ci sono aperture verso la possibilità di una terza dose del vaccino anti Covid-19 per le persone più fragili, dal mondo della ricerca si preferisce attendere i dati prima di prendere qualsiasi decisione. Servono dati, dicono gli esperti, perchè senza queste informazioni fondamentali sul comportamento del vaccino non è possibile si possa prendere una posizione sulla terza dose del vaccino anti Covid-19 ed è per questo che negli Stati Uniti i dati sull’efficacia del vaccino vengono controllati costantemente.
“Il problema di fondo è che non capiamo i correlati di protezione del vaccino, non capiamo come mai persone con livelli di anticorpi elevatissimi si ammalano”, ha detto all’ANSA il microbiologo Andrea Crisanti, dell’Università di Padova. “Dal punto di vista del buon senso, la terza dose andrebbe bene per i pazienti fragili, ma quando si devono prendere decisioni in materia di sanità pubblica, queste devono essere dettate da esperienza, buon senso e dati, e al momento – ha rilevato – i dati mancano”. Le prime informazioni utili potranno arrivare da Israele, che dopo aver pubblicato i dati sull’efficacia riscontrata nei vaccinati a partite dal gennaio scorso, ora di prepara a somministrare la terza dose. Il grande problema, per Crisanti, è l’eventuale arrivo di una variante resistente ai vaccini: se dovesse accadere, ha detto, la terza dose sarà irrilevante.
Sottolinea la mancanza di dati anche il virologo Francesco Broccolo, dell’Università di Milano Bicocca: “al momento sulla terza dose non ci sono dati pubblicati, neanche un lavoro scientifico consultabile, e di conseguenza non è non possibile dire che il richiamo possa far aumentare il titolo di anticorpi neutralizzanti e non è scontato che ciò che possa avvenire”. E’ naturalmente diverso il discorso relativo al secondo richiamo, ha aggiunto il virologo, ma “nella storia delle vaccinazioni mai ci sono stati vaccini di richiamo ravvicinati nel tempo allo scopo di aumentare il titolo degli anticorpi”. Non ha questa funzione nemmeno il vaccino contro l’influenza, che serve invece a generare anticorpi verso un nuovo ceppo di virus influenzale.
Per quanto riguarda l’infezione da SarsCoV2 “non è quindi detto che il richiamo stimoli una produzione significativa di anticorpi”, ha detto ancora Broccolo. “”Probabilmente il richiamo potrebbe essere approvato solo per le persone immunodepresse”, come quelle con infezione da Hiv o con malattie autoimmuni o ancora che hanno subito trapianti nei quali è appena stato dimostrato un aumento significativo dell’immunogenicità del vaccino con la terza dose, perché “in genere rispondono meno al vaccino”. Che la terza dose sia efficace nel proteggere chi ha avuto un trapianto lo rileva anche una ricerca pubblicata sul New England Journal of Medicine e condotto in Canada dallo University Health Network.