Sentiamo parlare ormai quasi ogni giorno del 5G: c’è chi lo fa per diffondere bufale su fantomatici effetti collaterali che avrebbe sulla nostra salute e chi – è la maggior parte dei casi, per fortuna – per anticipare le ricadute positive che questa tecnologia avrà sulle nostre vite, per esempio nel campo dei trasporti, dell’intelligenza artificiale e della “chirurgia da remoto”.
Per dare un saggio delle potenzialità derivanti principalmente dal ridottissimo tempo di latenza (è il tempo che intercorre tra l’istante in cui l’operatore “ordina” e quello in cui il robot esegue) del 5G, qualcuno si è inventato un esperimento davvero curioso, che potrebbe sembrare la scena di un film di fantascienza (di quelli forse un tantino distopici).
Hi-tech fatto in casa. È accaduto davvero, qualche settimana fa: Stijn Fransen, un’attrice olandese, si è fatta tatuare il braccio da un braccio robotico, controllato, tramite una connessione 5G, da un tatuatore che si trovava in un altro luogo.
Ai comandi del robot c’era Wes Thomas, artista londinese appassionato di tecnologia. Thomas aveva ideato l’esperimento durante il lockdown insieme a un esperto di robotica: i due hanno progettato il braccio robot, ideato lo speciale ago da tatuaggio e hanno stampato il tutto in 3D.
Hanno quindi montato sul robot motori elettrici e attuatori e lo hanno collegato a uno smartphone 5G.
Connessione veloce. La rete ultraveloce ha fatto il resto, permettendo al tatuatore di controllare il robot da remoto, praticamente senza latenza e senza perdite di segnale. Speciali accorgimenti progettuali hanno permesso ai due di realizzare un ago estremamente sicuro, che anche in caso di errore umano non avrebbe potuto penetrare a fondo nel braccio della modella.
Prima di effettuare un test dal vivo, i due hanno realizzato numerose prove, disegnando e tatuando anche tessuti vegetali. Nella prova dal vivo è andato tutto bene: la modella ha un tatuaggio dal design minimal ma pulito e preciso sull’avambraccio sinistro.
L’esperimento, per quanto sia il primo nel suo genere, non rappresenta una novità assoluta: le reti di comunicazione ultraveloci di ultima generazione hanno già permesso la realizzazione di veri e propri esperimenti chirurgici a distanza, anche se per ora solo su modelli artificiali o su cadaveri.