Qual è il ruolo delle informazione in queste settimane che nessuno scorderà per via del Coronavirus? Bisogna pubblicare subito le notizie oppure aspettare le comunicazioni ufficiali? Qualche considerazione
(Foto: Corbis)
Su quello che è diventato un grande gruppo WhatsApp di giornalisti ed esperti di comunicazione (o presunti tali), cioè Twitter, c’è un appassionante discussione sul ruolo dell’informazione durante queste ore così complicate per tutti. Come spesso accade in questo Paese ci si polarizza. E la logica del “mi piace” dei social media non fa altro che radicalizzare gli schieramenti. Il tema è: bisognava pubblicare o no la bozza (quindi non ancora definitiva e che in quanto tale avrebbe potuto subire delle modifiche) del decreto che in sintesi “chiude” alcune province italiane tra cui tutta la Lombardia? L’anticipazione è stata data per prima da Fiorenza Sarzanini del Corriere della Sera.
I due schieramenti.
A favore della pubblicazione molti giornalisti delle testate tradizionali che comprensibilmente difendono il loro lavoro e dei colleghi. Le motivazioni:
1. Quando c’è una notizia, va data.
2. Anche senza ufficialità, fonti interne (al Governo, alle Regioni) hanno confermato, quindi si pubblica.
3. Quando la stampa aspetta solo i comunicati ufficiali, è un regime.
La motivazione di chi è favorevole a una maggiore cautela e quindi all’attesa delle comunicazioni ufficiali del Governo per dare la notizia è sostanzialmente una: in un momento delicato come questo non si possono dare notizie che gettano nel panico e che magari poi possono essere smentite (in questo caso non è successo).
Chi ha ragione? A Wired abbiamo optato per la seconda strada. Ma credo che sia inutile, se non dannoso, mettere un like o un cuoricino a una delle due opzioni. La situazione è molto complessa.
Prima di tutto c’è un Governo nazionale e locale che sta dimostrando di avere grosse lacune nella comunicazione ai cittadini (e anche scoordinato nella gestione del tutto: “Ripartiamo, anzi no, forse sì, boh, CHIUDIAMO TUTTO”). Dopo la scorsa settimana, nella quale non si capiva bene se avrebbero chiuso o no le scuole, ci siamo ritrovati di fronte ad altre fughe di notizie. Se qualcuno dell’Esecutivo e delle Regioni parla con la stampa – anche se in via informale – non ci si può lamentare che le anticipazioni escano sui giornali.
Ma poi c’è la paura delle persone. Gestirla è difficile. Informare (o comunicare a) soggetti spaventati – che per esempio temono per la loro vita o dei loro cari – è delicato. Tutti – nelle aziende, a casa, a scuola – sono in emergenza, hanno cambiato le loro abitudini. È giusto che questo accada anche per chi fa informazione? Senza la presunzione di avere ragione, io credo di sì. Non si tratta di cedere al regime, ma solo di prendere coscienza di un contesto straordinario dove cambiano le regole per tutti, nessuno escluso. E dove l’alta contagiosità del Coronavirus e l’inesperienza e la leggerezza di questo Governo – e degli amministratori locali – non fanno altro che aumentare la cautela con cui maneggiare le informazioni che escono dal Palazzo.