Nel corso degli ultimi anni il mercato TV è stato caratterizzato da una relativa stabilità tecnologica: agli ormai collaudati LCD si sono affiancati con sempre più forza gli OLED. Entrambe le soluzioni non hanno però portato vere e proprie innovazioni ma più che altro affinamenti costruiti su tecnologie già presenti in precedenza. Il 2021 porta però una ventata di novità grazie ai Mini LED, una tipologia di prodotti di cui sentiremo probabilmente parlare sempre di più nel prossimo futuro.
I televisori con Mini LED non esordiscono quest’anno: la prima apparizione sul mercato europeo si colloca tra la fine del 2019 e l’inizio del 2020. A credere per prima in queste tecnologia è stata TCL, il colosso cinese che attualmente si posiziona al terzo posto per la quantità di televisori venduti a livello globale. Il modello che introdotto questa nuova soluzione è stato il 65” X10, un esemplare di fascia alta che abbiamo recensito di recente. Il prodotto in questione è rimasto un “unicum” per tutto il 2020; da questo periodo di relativa calma si passerà a breve ad una netta accelerazione: le serie uscite o in arrivo nel 2021 sono numerose e non sono realizzate solo da TCL ma anche da altri marchi importanti come Samsung, LG, Hisense e Philips.
In questo articolo andremo quindi a spiegare cosa sono i Mini LED, come funzionano, come si rapportano alle altre tecnologie e quali sono le prospettive in chiave futura.
SOMMARIO
L’EVOLUZIONE DEGLI LCD FULL LED ARRAY CON LOCAL DIMMING
La base su cui si poggiano i Mini LED è quella dei pannelli LCD, rispetto ai quali si pongono come un’evoluzione migliorativa. Per la precisione si tratta di una soluzione più avanzata impiegata per la retroilluminazione. La tipologia è Full LED Array con local dimming, una tecnologia di cui abbiamo già parlato in questa guida (anche in video). Volendo riassumerne il funzionamento, si può dire che un televisore Full LED è un LCD dotato di una retroilluminazione composta da numerosi LED posti direttamente dietro al pannello e suddivisi in un certo numero di zone.
La quantità dei diodi e il numero di questi gruppi varia a seconda dei modelli e va ad impattare direttamene sulle prestazioni complessive del televisore. I Full LED più semplici utilizzano meno LED posti dietro il pannello e gestiscono la retroilluminazione raggruppandoli in qualche decina di zone, in molti casi tra le 30 e le 60-80 al massimo. I prodotti di fascia più alta possono invece arrivare a contare i diodi nell’ordine del migliaio con centinaia di zone di controllo indipendenti. La differenza tra un TV più basilare e uno più sofisticato è molto evidente: una retroilluminazione con molte più zone permette di regolare l’emissione di luce in modo molto più preciso.
Di base un Full LED deve sempre operare un bilanciamento tra due estremi: rappresentare un nero più profondo e garantire picchi di luminosità alti nelle parti più brillanti dell’immagine. I prodotti più evoluti riescono a farlo con meno compromessi perché l’aumento dei gruppi di LED corrisponde ad una minore dimensione degli stessi; le zone di controllo vanno perciò a coprire un minor numero di pixel e questo porta a poter accendere o spegnere i diodi su aree più ristrette. In questo modo si migliora sensibilmente il rapporto di contrasto percepito e si riducono i potenziali difetti, come ad esempio gli aloni di luce (“blooming”) che si generano intorno a particolari luminosi circondati dal nero.
Cosa cambia sostituendo i LED convenzionali con i Mini LED? La principale differenza, come vedremo nel prossimo capitolo, consiste nel numero di diodi impiegati per la retroilluminazione e nel numero di zone di controllo, elementi che sommati possono cambiare le prestazioni in modo evidente.
LA TECNOLOGIA MINI LED
Come abbiamo chiarito nel capitolo precedente, i TV Mini LED sono LCD provvisti di una retroilluminazione Full LED Array con local dimming. Generalmente viene impiegata anche la tecnologia Quantum Dot per migliorare la resa cromatica, nello specifico la saturazione dei colori negli spazi colore più ampi. Non c’è però un legame diretto tra i Mini LED e i Quantum Dot: semplicemente tutti i principali marchi propongono i Mini LED su una fascia in cui si tende ad offrire una dotazione più completa e per questo troviamo varie tecnologie combinate per incrementare la qualità.
I Mini LED non sono altro che LED di dimensioni minuscole, generalmente comprese tra i 100 e 200 micrometri circa. Tutto ciò che va oltre rientra nella categoria dei LED convenzionali mentre al di sotto troviamo i MicroLED, che confronteremo con i Mini LED nel capitolo successivo. Il vantaggio offerto dai Mini LED è proprio legato alle dimensioni: poter disporre di diodi sensibilmente più piccoli consente di incrementarne il numero e di sviluppare un local dimming più sofisticato rispetto alla media.
Per averne riscontro è sufficiente analizzare i numeri del TCL X10, l’unico esemplare che abbiamo potuto testare al momento: la retroilluminazione è composta da 15.360 Mini LED suddivisi in 768 zone di controllo indipendenti, utili per realizzare un sistema più avanzato di quello che troviamo sulla quasi totalità degli LCD in commercio. Per la precisione parliamo di una retroilluminazione che suddivide lo schermo in 32 colonne e 24 linee. Ciascuna delle 768 zone di controllo è composta da un totale di 20 LED. Ciò significa che l’elettronica di X10 può gestire l’accensione o spegnimento di singoli gruppi da 20 Mini LED per rappresentare meglio le immagini da riprodurre su schermo.
Quali sono i vantaggi concreti per lo spettatore? Poter contare su un numero molto elevato di diodi ben distribuiti dietro tutto il pannello permette di far giungere la luce all’LCD in modo più uniforme. É infatti l’uniformità uno degli aspetti che ci ha favorevolmente colpito durante la prova del TCL X10: rispetto alla media dei Full LED Array con local dimming vengono ridotti difetti come il “vertical banding” e il “dirty screen effect”; il primo si presenta sotto forma di strisce verticali che generalmente sono legate proprio alla retroilluminazione Full LED, il secondo si nota invece nelle scene in movimento, con le bande che sembrano scorrere su schermo generando l’impressione che questo sia sporco. L’incidenza di entrambi è decisamente ridotta sul Mini LED TCL: per lo spettatore i limiti legati all’informità risultano solitamente ben poco visibili in condizioni di normale utilizzo.
L’altro pregio indiscusso dei Mini LED è il potenziale incremento del rapporto di contrasto. Ovviamente per ottenere i massimi benefici è necessario che le zone di controllo indipendenti siano il più numerose possibile. La quantità dipende dal posizionamento sul mercato: prodotti come X10 ne mettono a disposizione svariate centinaia e nel 2021 si arriverà anche nell’ordine del migliaio (con decine di migliaia di Mini LED) su alcuni modelli top di gamma. I Mini LED più evoluti possono restituire un rapporto di contrasto nettamente superiore rispetto a un Full LED Array con LED convenzionali.
In varie circostanze non è più possibile misurare il livello del nero e anche in HDR, con la retroilluminazione che lavora al massimo della potenza, abbiamo visto e rilevato prestazioni ben superiori alla media. Nel caso di X10 siamo dovuti ricorrere ad artifici per riuscire a misurare il nero con local dimming attivo: anche visualizzando una scacchiera ANSI 4 x 4, composta da un ugual numero di quadrati bianchi e neri, in gamma dinamica standard occorre posizionare lo strumento più a ridosso del bianco per ottenere una lettura (diversamente l’area misurata risulta completamente spenta). In HDR, sempre con scacchiera ANSI 4 x 4, il nero si attesta a 0,029 cd/m2 – nits e il bianco a 899 cd/m2 – nits, con un contrasto di 31.000:1.
LE DIFFERENZE CON LE ALTRE TECNOLOGIE
Iniziamo il confronto tra i Mini LED e le altre tecnologie partendo subito con una premessa molto importante: Mini LED e MicroLED non sono sinonimi e non vanno mai confusi. La tecnologia MicroLED è infatti completamente diversa: non si tratta più di LCD ma di schermi che si basano sempre su diodi che sono ancora più microscopici. Per ogni pixel ne troviamo tre: uno rosso, uno verde e uno blu. Questa struttura dei pannelli permette di non dover più fare ricorso ai filtri colore o ad una retroilluminazione. Ciascun pixel emette luce autonomamente e si può accendere e spegnere in modo indipendente dagli altri: si può quindi ottenere un nero assoluto (non più misurabile) e un picco di luminanza molto elevato. Ne deriva di conseguenza un elevatissimo rapporto di contrasto percepito.
Come si può intuire i MicroLED offrono vari pregi e sono sicuramente una tecnologia molto interessante in chiave futura. Al momento si tratta però di prodotti di lusso relegati alla fascia altissima e con dimensioni molto ampie: i primi televisori, in arrivo quest’anno, partono dai 99″ (solo successivamente si scenderà a 88″ e poi a 76″) e richiedono un esborso che pochissime persone possono permettersi (si parla di oltre 100.000 euro). Per questi motivi non si possono considerare ad oggi una soluzione per il mercato di massa: serviranno vari affinamenti produttivi e qualche anno di tempo prima di raggiungere un prezzo in linea almeno con la fascia top del mercato TV.
Un confronto più realistico è quello con i TV OLED, già da anni sul mercato e in progressiva espansione, anche a livello di diagonale, grazie alla disponibilità dei pannelli da 48″. Il principale pregio degli OLED è lo stesso dei MicroLED: la capacità di emettere autonomamente luce, senza il bisogno di ricorrere ad un sistema di retroilluminazione. In pratica si possono considerare come televisori dotati di un local dimming con un numero di zone che corrisponde a quello dei pixel. Il nero è assoluto e il rapporto di contrasto non è più misurabile. A livello di precisione cromatica non ci sono differenze sostanziali rispetto ai Mini LED di pari fascia.
Come ogni tecnologia non ci sono solo pregi: il primo limite è legato alla presenza di un sistema chiamato Automatic Brightness Limiter (ABL). L’ABL entra in azione e riduce la luce emessa su tutto lo schermo quando la percentuale di elementi luminosi, rapportata alle parti buie, supera una determinata soglia. Tradotto in dati reali significa che su schermata bianca che copre il 100% dello schermo, gli OLED non superano le 170 cd/m2 – nits circa (la media è in realtà circa il 15 – 20% più bassa). In HDR invece si spazia dalle circa 700 cd/m2 – nits alle 900 cd/m2 – nits abbondanti (i più luminosi sono gli OLED evo LG G1, i Sony A90J e soprattutto i Panasonic HZ2000) sul bianco al 10% dello schermo.
Se si visualizzano schermate statiche o con loghi e indicatori fissi per molte ore consecutive (senza mai cambiare canale, programma o sorgente), è inoltre consigliabile prestare attenzione al cosiddetto “burn-in”, quel fenomeno che, a causa di un invecchiamento precoce delle componenti organiche, può causare la persistenza degli elementi statici su schermo. Sulla base della nostra esperienza possiamo affermare che causare danni permanenti (cioè loghi impressi in modo definitivo e non una ritenzione temporanea che sparisce da sola in poco tempo) non è assolutamente facile: anche le nostre sessioni di calibrazione rischierebbero di risultare deleterie se così non fosse (le schermate che usiamo sono tutte in finestra e possono spingere la luminosità al massimo). Preferiamo comunque segnalarlo perché un po’ di cautela è sicuramente consigliabile.
I Mini LED dal canto loro possono spingersi su livelli di luminosità molto elevati. Nella prova di X10 abbiamo misurato un picco di circa 680 cd/m2 – nits sul bianco al 100% e di quasi 1.900 cd/m2 – nits al 10%. Sono prodotti che non temono gli ambienti anche fortemente illuminati e che possono fornire immagini di forte impatto. Il rapporto di contrasto non raggiunge quello di un OLED: per quanto il numero di zone di controllo della retrolluminazione sia molto elevato, non può pareggiare un controllo che opera sul singolo pixel. Il miglioramento rispetto agli LCD con LED convenzionali è comunque evidente e ha permesso di avvicinarsi agli OLED: in alcune situazioni diventa molto difficile (se non impossibile) cogliere una differenza ad occhio per via del bianco molto brillante che i Mini LED possono mettere su schermo insieme al nero.
Qualche compromesso va comunque messo in conto nella gestione del local dimming: in alcune scene capita di notare qualche alone luminoso nelle parti scure o qualche particolare che si perde nelle scene più buie, effetti causati dalla necessità di bilanciare sempre la migliore rappresentazione del nero con il mantenimento di alti livelli di luminanza nei dettagli più brillanti. Dobbiamo comunque dire che anche da questo punto di vista la prima generazione di Mini LED ci ha favorevolmente impressionato: non è tutto perfetto ma i miglioramenti, rispetto ad altri LCD con LED convenzionali, si notano ad occhio, senza ricorrere a strumentazioni particolari.
I Mini LED vincono invece sugli OLED per la capacità di rappresentare un volume colore più ampio. Anche su questo argomento abbiamo realizzato un’apposita guida (scritta e in video). Possiamo definire il volume colore come la capacità di rappresentare colori con la giusta saturazione a tutti i livelli di luminanza. Quando la quantità di luce su schermo sale a livelli molto alti o molto bassi, ecco che i colori si possono perdere fino a “bruciarsi” in un bianco indistinto o ad affogare in un nero che si solleva e cela i dettagli al suo interno. Gli OLED non hanno problemi a scendere verso il basso, a causa di un nero che è assoluto per via dei pixel spenti, mentre incontrano più difficoltà nell’estremo opposto, cioè i picchi sul bianco, a causa di una luminosità inferiore e del già citato ABL.
Per i Mini LED, come per tutti gli LCD, vale il contrario: in basso si paga qualcosa perché il local dimming non raggiunge un controllo fino al singolo pixel ma si recupera in alto, per via di una retroilluminazione molto più potente che viene gestita più liberamente. Nel confronto tra le migliori espressioni delle due tecnologie vince alla fine il Mini LED, poiché quello che si perde nell’estremo più basso (gli scuri) è meno di quello che si guadagna in alto (i chiari). Questa differenza si nota ad occhio ed è confermata anche dalle misure strumentali: nei nostri test X10 è stato il primo TV a sfiorare una piena copertura del volume colore relativo allo spazio colore DCI-P3.
LE PROSPETTIVE FUTURE
La base tecnologica che abbiamo illustrato e le prestazioni descritte si applicano alla prima generazione di TV con Mini LED. Già con i modelli in arrivo nel 2021 vedremo le prime evoluzioni: il numero di LED arriverà fino a decine di migliaia mentre per le zone di controllo presenti nella retroilluminazione si passerà da centinaia a migliaia, sui prodotti di fascia più alta. Le novità all’orizzonte vanno però ben oltre: già al CES 2020 TCL, che resta tra le compagnie più attive nello sviluppo dei Mini LED, aveva presentato la tecnologia Vidrian a matrice attiva.
Questa nuova versione dei Mini LED differisce dai modelli a matrice passiva poiché utilizza una struttura con semiconduttori e decine di migliaia di Mini-LED infusi direttamente su un substrato di vetro trasparente con superficie in ossido di metallo. Il vantaggio consiste nella possibilità di incrementare ancora di più il numero di diodi e di zone di controllo indipendenti: l’ultimo prototipo di questo tipo, mostrato all’inizio di maggio nel corso di un evento a Guangzhou, è un 75” con risoluzione 8K e ben 5.184 zone per il local dimming (i diodi dietro al pannello dovrebbero essere oltre 25.000), molte di più delle 768 che equipaggiano X10. Il passaggio da matrice passiva ad attiva dovrebbe inoltre portare ad una riduzione dei costi di produzione.
L’altra novità, che dovrebbe arrivare a breve con la nuova serie X 8K, è la tecnologia OD Zero, abbreviazione di Optical Distance Zero, cioè distanza ottica azzerata. La distanza di cui si parla è quella tra il modulo che ospita la retroilluminazione con Mini LED e lo strato che diffonde la luce proveniente da essi su tutto lo schermo. L’azzeramento permette di costruire televisori più sottili e potenzialmente dotati di un maggior numero di Mini LED. Vi sono inoltre vantaggi anche dal punto di vista dell’uniformità: aver sostanzialmente annullato la distanza tra i diodi e il diffusore permette infatti di convogliare la luce sullo schermo con molta più precisione. É del resto intuitivo: se si prende una torcia e si illumina un punto dalla distanza, è più difficile concentrare il fascio solo dove serve.
Ecco perché OD Zero può ridurre il cosiddetto effetto blooming, già diminuito anche sui Mini LED di prima generazione grazie al maggior numero di diodi che, come abbiamo già chiarito, migliorano l’uniformità. Il blooming si manifesta sotto forma di aloni di luce che si generano attorno a fonti di luce immerse nel nero ed è legato al controllo a zone della retroilluminazione; azzerare la distanza ottica permette di avvicinare i Mini LED alle zone da illuminare e riduce così la possibilità che la luce proveniente da Mini LED accesi finisca per inquinare il nero di una zona contigua in cui i Mini LED sono spenti. Si ha inoltre un vantaggio anche a livello di efficienza luminosa. Va comunque sottolineato che la riduzione della distanza ottica non è un aspetto su cui punta solo TCL: anche altri marchi hanno lavorato o stanno lavorando con finalità simili, seppur senza utilizzare denominazioni particolari. Samsung, ad esempio, la cita nella documentazione tecnica relativa ai Quantum Mini LED.
Tirando le somme cosa ci possiamo quindi aspettare in futuro? Da un lato avremo Mini LED più sofisticati e prestanti nella fascia più alta del mercato. Inizialmente è praticamente certo che queste evoluzioni verranno proposte soprattutto con i tagli più grandi, quelli che meglio si prestano a lanciare sul mercato le novità per via di margini più alti e di una maggiore propensione alla spesa da parte dei consumatori, sempre più interessati ad abbinare grandi diagonali con alta qualità dell’immagine.
Dall’altro ci aspettiamo che la tecnologia venga opportunamente adattata, in forma più semplice, per coprire fasce di prezzo più basse, quelle che difficilmente offrono prodotti Full LED Array con local dimming o se lo fanno si limitano a proporre poche decine di zone di controllo. Per questa categoria di TV il salto in avanti potrebbe essere davvero consistente: se si riuscirà a limare i prezzi ottimizzando i processi produttivi, si potranno offrire prestazioni di tutto rispetto anche su fasce dove generalmente le prestazioni passano in secondo piano.
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