Panasonic ha finalmente lanciato la Lumix GH6, ammiraglia mirrorless micro 4/3 con la quale vuole continuare la tradizione di successo nell’ambito del videomaking. La pesante eredità della GH5 è stata presa in carico da una macchina fotografica davvero straordinaria per alcuni aspetti, che punta molte delle sue carte sul nuovo processore Venus Engine, capace di supportare nuove funzionalità e standard di registrazione.
In questo pezzo non voglio però tornare a parlare della lunghissima lista di specifiche tecniche della GH6, per questo vi rimando al nostro articolo di presentazione, qui mi limiterò a raccontarvi la mia seppur breve, esperienza con la macchina fotografica in quel di Barcellona, durante i giorni del Mobile World Congress 2022.
ERGONOMIA FANTASTICA, PESO LIMITE
Sono abituato da anni al mondo micro 4/3 Panasonic: GH3, GH4, GH5, G9, G7, G80, ne ho provate molte e posso dirvi con grande trasparenza che con la GH6 va un po’ a perdersi uno dei grandi plus del formato ridotto e più in generale delle mirrorless: la grande portabilità.
E’ poco più grande e pesante della precedente generazione, ma sono quei numeri che sfiorano il limite di quella che per me è la portabilità di questi strumenti. Una giornata intensa di lavoro diventerà impegnativa anche lavorando a mano libera. Chiaramente siamo ben lontani da una S1H, ma lì entriamo in un campo di utilizzo e di esigenza diverso.
Mi rendo conto, tuttavia, che questa sia una valutazione soggettiva, anche perché la GH6 è giustificata da una qualità costruttiva sopraffina, corpo tropicalizzato (che non patisce anche i getti d’acqua) e un’ergonomia pensata nei dettagli per essere efficace.
Tra gli aspetti che mi sono piaciuti di più c’è il nuovo sistema di tilt dello schermo, per altro super luminoso, che si può sfruttare immediatamente per riprese dal basso con visualizzazione delle immagini allineata con quella del sensore (un dettagli per me fondamentale), è ben costruito e non da mai l’idea di qualcosa che possa non durare nel tempo.
Abituato da tempo alla G9, ho invece trovato un po’ troppo minimale la sagoma in gomma attorno al mirino, tanto che spesso mi son ritrovato con fastidiosi riflessi di luce che entravano di lato.
STABILIZZAZIONE SUPER, AF SEMPRE A CONTRASTO
Provando la GH6 ci si rende immediatamente conto del lavoro incredibile che è stato fatto sulla stabilizzazione, 7,5 stop di compensazione già solo con l’ IBIS, a cui si aggiunge eventualmente l’ulteriore smorzamento delle vibrazioni per le ottiche stabilizzate.
Di fatto questa Panasonic si può realmente usare a mano libera per moltissimi movimenti di camera, oltre che chiaramente per riprendere soggetti in modo statico. E’ una macchina fotografica perfetta per videomaker “da assalto”, per altro velocissima dallo switch on al REC. Mi immagino però in un matrimonio, oppure in una fiera nel nostro caso, a quanto lavoro si possa fare viaggiando leggerissimi.
Fa invece da contraltare un sistema di autofocus ancora fermo al contrasto, “tempi non ancora maturi per il rilevamento di fase” dicono in Panasonic. La verità è che se la GH6 avesse avuto un AF superiore avrebbe sbaragliato la concorrenza impensierendo realmente anche molte full frame, invece no, siamo fermi ai soliti difettucci della GH5 e soprattutto alla solita inaffidabilità che rischia di tradirti proprio sul più bello.
Bisogna dire che l’uso massiccio di AI e il nuovo processore hanno migliorato notevolmente il tracking del soggetto, specialmente della figura umana, però l’effetto hunting in AF continuo è ancora presente, seppur in modo meno marcato, specialmente con AF su oggetti o figure ai bordi della scena e lo si nota in particolare con teleobiettivi un po’ spinti.
In passato ho provato per qualche giorno la GH5 II e l’impressione con la nuova ammiraglia è tendenzialmente la stessa di quel modello, con però una migliore precisione nei passaggi, senza quel rimbalzino brutto da vedere. Purtroppo non avevo a disposizione una GH5 II per un confronto diretto e con stessa lente, ma ho avuto la sensazione che la GH6 a 25 o 30 fps, si comportasse come la GH5 II mentre registra a 50 o 60 fps.
Aggiungo anche che la GH6 ha una serie di voci nel menù dedicate all’AF con le quali bisognerebbe “smanettare” per trovare il giusto setup, considerazione che fa il paio con un comportamento verosimilmente molto diverso in base alle ottiche scelte. Insomma, si dovrebbe provare per più tempo e in condizioni diverse, ma tant’è, in futuro proveremo ad avere la cam in studio per un periodo congruo.
UN COLTELLINO SVIZZERO
Reputo che la versatilità sia in assoluto la vera cifra con cui valutare la GH6. Perché è vero che la qualità dell’immagine c’è, vero che la stabilizzazione sia portentosa, vero anche che l’autofocus non sia stato migliorato quanto avrei desiderato, ma la vera killer feature di questa mirrorless è la sua vocazione camaleontica.
In Panasonic credo che abbiano voluto fare proprio questo, fornire all’utente uno strumento estremamente completo per riuscire ad affrontare con serenità qualunque tipo di situazione, ogni tipo di progetto, ogni livello di complessità e di richiesta, forse ad eccezione di quelli in cui l’affidabilità dell’autofocus risulta imprescindibile.
Gli ingredienti sono diversi, innanzi tutto l’innumerevole quantità di setting per la registrazione di video, che vanno dal ProRes interno 4:2:2 in 6K al 4K 120p 4:2:0 a 10 bit, per scendere al FullHD 240p per slow motion di grandissima qualità. C’è poi anche il controllo audio a 4 canali, la possibilità di registrare su SSD, V-Log preinstallato, anteprima LUT in real time, uscita su HDMI simultanea in 4K 4:2:2 60p a 10 bit, l’output video RAW in C4K 120p su ATOMOS Ninja V+ (con aggiornamento).
Alle brutali specifiche tecniche si aggiungono una marea di impostazioni per personalizzare l’esperienza di utilizzo, tra cui i moltissimi tasti programmabili, ma anche assistenti software, varie configurazioni per l’autofocus, controllo fine dell’immagine, tante utility operative.
Infine un’affidabilità incredibile in termini di rapidità di esecuzione, stabilità, nessun surriscaldamento e nessun limite di registrazione software o hardware che sia. Ecco, già solo per il fatto che la GH6 possa rimanere sotto il sole d’estate registrando senza limiti è un lusso più unico che raro rispetto ai principali competitor giapponesi.
CONCLUSIONE MOLTO PARZIALE
Non può che essere parziale la mia conclusione, provare per nemmeno 10 giorni (con in mezzo una fiera) la Panasonic GH6 non può essere sufficiente. Ad esempio non sono riuscito a capire molto del potenziale in low light e dei vari stratagemmi (come la doppia esposizione) che Panasonic ha inserito.
A proposito della qualità delle immagini il nuovo sensore mantiene la scienza colore della GH5, tanto che le due cam potrebbero benissimo essere usate nello stesso progetto (al di là del V-LOG), sembra esserci ancor più pulizia e nitidezza, fin troppa a volte, tanto che ho sentito l’esigenza di andare ad ammorbidire leggermente l’immagine anche sul profilo “naturale”.
Il micro 4/3 chiaramente ha delle caratteristiche ben precise rispetto al full frame, può essere inferiore se guardiamo solo alla qualità grezza dell’immagine, ma migliore per tanti altri aspetti, inoltre bisogna tenere ben presente il parco ottiche sconfinato e ulteriormente ampliato dai vari adattatori Metabones.
Credo, ma questa è un’opinione del tutto personale, che un buon micro 4/3, insieme al corpo macchina adeguato (come quello della GH6, appunto) e alla giusta lente, possa tranquillamente essere all’altezza di un progetto realizzato su full frame, ma qui andiamo sulle preferenze e abitudini personali.
Di obiettivo c’è il prezzo, 2199 Euro di listino. Sono tanti, ma sono pochi se prendiamo in considerazione il pacchetto completo, ciò che può rappresentare per un piccolo professionista una fotocamera come la GH6 come unico strumento di lavoro e quanto invece si dovrebbe investire per ottenere un prodotto di pari livello con sensore full frame, prodotto che in casa Panasonic esiste e si chiama Lumix S1H, 3999 Euro.
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