Divide praticamente ogni fine settimana gli appassionati di calcio, dà spunti per interminabili talk show televisivi e anche per qualche divertente meme di sfottò tra i tifosi sui social network. Parliamo del Var, la tecnologia che corregge gli errori più evidenti degli arbitri di calcio, introdotta per la prima volta ai Mondiali nell’edizione giocata qualche mese fa in Russia, ma che in Italia era già in uso dall’anno scorso, nel campionato di Serie A.
Tanto per cominciare, il Var o la Var? Usiamo il maschile perché il sistema prende il nome da un arbitro, in particolare da quello addetto al video (in inglese Var sta per video assistant referee) che si trova, con altri collaboratori, all’interno di una sala operativa (Vor, video operation room).
Da questo “studio”, allestito dentro lo stadio o in un pulmino all’esterno, il Var segue lo svolgimento dell’azione su una serie di schermi. Quando si accorge che il direttore di gara, in campo, ha preso una decisione sbagliata, glielo comunica via radio affinché possa correggerla.
Decisioni irrevocabili. Non tutte le decisioni sono “revisionabili”: lo sono quelle relative a gol, calci di rigore, espulsioni, scambi di persona (per esempio, quando viene ammonito un calciatore anziché un altro); e in ogni caso l’intervento non può avvenire su richiesta dei giocatori.
Ma che cosa succede precisamente in sala? Il Var segue il gioco sullo schermo superiore (1). Se ha un dubbio su un’azione, abbassa lo sguardo sullo schermo inferiore (2) dove vanno in onda (con tre secondi di ritardo) le immagini riprese dalle quattro telecamere che, in quel momento, garantiscono il miglior punto di vista sul gioco.
Replay. Volendo, il Var (che di formazione è un arbitro) può chiedere al tecnico che lo assiste di fornirgli il replay da un altro angolo o di zoomare su un dettaglio. I tecnici, nei loro schermi, vedono le miniature delle riprese provenienti da tutte le telecamere sul campo (A), incluse quelle delle emittenti tv: il numero minimo, in totale, è 12. E per assecondare le eventuali richieste del Var usano software che consentono di ingrandire porzioni di schermo o di tracciare linee virtuali per chiarire dubbi sul fuorigioco (B). Se il Var ritiene che la decisione dell’arbitro sia “palesemente sbagliata” (così impone il regolamento) preme il pulsante rosso (3) e via radio glielo comunica.
A questo punto l’arbitro sospende il gioco e, a seconda dei casi, può correggere la sua decisione o chiedere di verificare di persona su uno schermo a bordo campo (7).
Quando il Var inizia le verifiche preliminari, e dunque prima della eventuale sospensione del gioco, il controllo su ciò che intanto avviene in campo passa all’Avar, l’assistente video arbitro, che ha, pure lui, due display: con uno (4) segue l’azione, con l’altro (5) guarda le stesse immagini trasmesse in tv (si possono infatti analizzare anche i replay della regia televisiva).
Se nel fratempo accade un’ulteriore azione dubbia? L’Avar la segnala premendo un tasto bianco (6): servirà per ripescare le immagini quando la revisione precedente sarà terminata.
E ora? Attualmente, oltre che in Italia, questo sistema è adottato in una dozzina di Paesi (tra cui Francia, Usa, Brasile…): si tratta di comunque di una fase sperimentale, al termine della quale, nel 2019, la Fifa (la federazione che governa il calcio mondiale) deciderà se introdurlo definitivamente nel gioco. Per prendere questa decisione si baserà anche su analisi condotte dall’Università di Leuven (Belgio) che valuteranno se il Var è affidabile, se i tempi necessari per applicarlo non sono troppo lunghi ecc.