Il premier Netanyahu, che ad aprile aveva ottenuto un altro mandato, non è riuscito a formare un governo. Oggi il suo partito è testa a testa con Blu e Bianco, co-fondato dal popolare giornalista televisivo Yair Lapid
Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu (foto: Lior Mizrahi/Getty Images)
In Israele il 17 settembre si vota per la seconda volta in un anno – la prima risale allo scorso aprile – e la sesta dal 2013. Gli israeliani andranno ai seggi perché il 9 aprile scorso il primo ministro e leader del partito Likud, Benjamin Netanyahu, ha ottenuto il suo quinto mandato (il quarto consecutivo) ma non è riuscito a formare un nuovo governo. Bibi, come è soprannominato, aveva bisogno di 61 seggi per ottenere la maggioranza in parlamento – dove ce n’è un totale di 120 – ma si è fermato a quota 60 perché Avigdor Lieberman, ex ministro della Difesa e oggi leader del partito di destra Israel Beytenu, non gli ha garantito il suo appoggio.
Lieberman aveva posto come condizione all’alleanza l’estensione del servizio di leva, che in Israele è obbligatorio, anche agli ebrei ultraortossi – che al momento sono esentati per motivi religiosi. Netanyahu però si era rifiutato. La misura è infatti fortemente osteggiata dalla destra religiosa che ha permesso al premier di governare ininterrottamente dal 2009 ad oggi.
Come andrà questa volta?
Alle ultime elezioni, Netanyahu aveva ottenuto il 26,46% dei voti e 35 seggi, tanti quanti Kahol Lavan, meglio noto come Blu e Bianco, il partito fondato lo scorso febbraio dall’ex capo dell’esercito israeliano Benny Gratz e dal popolare giornalista televisivo Yair Lapid.
Secondo un recente sondaggio, Netanyahu oggi sarebbe in leggero svantaggio e otterrebbe 31 seggi, uno in meno dei 32 seggi che andrebbero al Blu e Bianco. Se ciò accadesse, sarebbero Gratz e Lapid a ricevere l’incarico di formare un nuovo governo: uno scenario che potrebbe segnare la fine della carriera politica di Netanyahu, o almeno un suo progressivo allontanamento dai ruoli di potere.
Secondo alcuni giornali israeliani, Lieberman starebbe infatti pensando di proporre ai due leader un governo di coalizione che raggruppi anche i socialisti ed eventualmente il Likud, ma senza Netanyahu. Un esecutivo di questo tipo potrebbe contare su una maggioranza di 75 seggi e avrebbe il vantaggio di non essere ostaggio dell’estrema destra religiosa che negli ultimi anni ha condizionato fortemente l’agenda politica di Netanyahu.
Alcuni analisti hanno anche ipotizzato una coalizione più spostata a sinistra formata da Blu e Bianco, Meretz, i laburisti ed eventualmente Lista comune, il partito degli arabi israeliani, che nelle ultime settimane ha aperto per la prima volta a un’alleanza con altre forze politiche. Questo esecutivo però non avrebbe i numeri per governare, visto che Blu e Bianco potrebbe contare su una trentina di seggi, Lista comune su una decina, i laburisti su sei e Meretz su quattro. Alle ultime elezioni i laburisti avevano ottenuto il peggior risultato di sempre e Meretz era riuscito a malapena a superare la soglia di sbarramento. Da allora, non è cambiato molto.
Quindi Netanyahu perderà?
Non è detto. Al netto del fatto che molte elezioni ci hanno dimostrato che i sondaggi non sono sempre affidabili – e quello che emerge dalle ultime rilevazioni è comunque un testa a testa tra il Blu e Bianco e il Likud di Netanyahu – il premier israeliano gode tuttora di un altissimo consenso nonostante sia coinvolto in tre inchieste giudiziarie e sia stato incriminato per corruzione.
Secondo Anshel Pfeffer, corrispondente dell’Economist, questa popolarità si deve al fatto che ha il premier “ha consegnato agli israeliani dieci anni di relativa pace e prosperità economica, gode di un forte consenso fra l’elettorato di destra e dell’assenza di alternative nell’opposizione”. Contrariamente agli altri paesi, Israele non ha infatti subito le conseguenze della crisi economica mondiale e il suo Pil è addirittura aumentato.
Per aumentare le sue chances di vittoria, Netanyahu ha promesso che annetterà la valle del Giordano, se verrà rieletto. Il territorio è abitato soprattutto da coloni israeliani ma è amministrato dall’organo di Autorità nazionale palestinese, l’organo di autogoverno palestinese.
Anche alla vigilia delle precedenti elezioni aveva preso impegni simili, senza però fornirne ulteriori dettagli. La sua capacità di rispettarli dipenderà ancora una volta dal risultato dalle urne e dall’appoggio di Lieberman.
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