Internet, quell’oceano di informazioni in cui oggi navighiamo ha origine in un frustrante fuori orario tra giovani ricercatori universitari, negli Usa: alle 22:30 del 29 ottobre 1969 il dottorando in informatica Charles Kline prova a inviare un messaggio da un computer dell’Università della California di Los Angeles (UCLA) a uno dello Stanford Research Institute, a oltre 500 km di distanza. Nelle intenzioni di Kline il messaggio doveva essere la parola “LOGIN”, ma furono trasmesse solamente le prime due lettere prima che il sistema andasse in crash.
Una nuova era. Iniziò così, con un “LO” spedito da un computer grande come una stanza, la storia di ARPANET: il “messaggio completo” fu poi inviato con successo un’ora dopo. L’Advanced Research Projects Agency Network (ARPANET), il precursore di Internet, era un progetto universitario finanziato dal Dipartimento della Difesa statunitense.
Quando fu avviato, nel 1958, aveva lo scopo di impedire che i sovietici riservassero all’America altre sorprese come lo Sputnik, il primo satellite artificiale. Quando i compiti di sorveglianza furono assegnati alla NASA, ARPANET fu riconvertita a rete di comunicazione tra poli universitari.
Quella sera del 1969 Kline pensò di aver contribuito a uno strumento utile per una ristretta fascia di persone, non certo di aver compiuto, a tre mesi dall’allunaggio, un altro balzo gigante per l’umanità. Inizialmente, ARPANET comprendeva soltanto due nodi, il computer di UCLA e quello di Stanford. Più tardi, quell’anno, ne furono aggiunti altri due, nell’Università della California a Santa Barbara, e in quella dello Utah, a Salt Lake City. Nel 1973, ARPANET diventò internazionale, connettendo via satellite due centri, il Norwegian Seismic Array di Kjeller, vicino a Oslo, e l’University College London.
Alcune delle caratteristiche che oggi associamo a Internet, come l’assenza di un “controllo centralizzato”, erano già in questa rete originaria, in cui le informazioni venivano organizzate in centinaia di migliaia di piccoli “pacchetti” fatti viaggiare da un nodo (un qualunque dispositivo hardware capace di comunicare con gli altri nella Rete) all’altro. Quando un nodo andava offline, i pacchetti di dati trovavano strade alternative per arrivare a destinazione, fluendo in questa trama di connessioni che cresceva progressivamente.
Regole condivise. Una comunicazione rapida e condivisa richiedeva un linguaggio comune. Le regole di questa nuova lingua – protocolli di comunicazione che definivano le norme di interazione da osservare all’interno della rete – furono formulate, nel 1974, dagli informatici Vint Cerf e Bob Kahn, autori del Transmission Control Protocol (TCP) e dell’Internet Protocol (IP). Questi insiemi di regole definivano, per esempio, il formato standard che dovevano avere i pacchetti di dati, oltre a un sistema uniforme di “indirizzi”, in modo che i network potessero trovarsi e comunicare (quelli che oggi conosciamo come indirizzi IP).
Fate i bravi. ARPANET adottò questi protocolli il 1° gennaio 1983, segnando di fatto la nascita di Internet. Inizialmente questo sistema, privo di un codice di comportamento formale, serviva a mettere in comunicazione un ristretto gruppo di accademici. Mancava di fatto una “netiquette”, ma era anche molto difficile che qualcuno approfittasse di un mezzo così utile per scopi di propaganda o commerciali. Come sottolinea il New Scientist, problemi legati a Internet che oggi ci troviamo ad affrontare, come le continue violazioni della privacy, le derive populistiche e la diffusione di fake news, affondano in parte le loro radici in quel primo periodo di contesto limitato e fiducia nelle buone intenzioni.
Di tutti. In seguito, quando Internet divenne pubblico, l’anonimità garantita dalla Rete aprì la strada ai suoi risvolti più oscuri, dalla violenza verbale alla disinformazione, fino alle attività criminali del dark web.
Nel 1989, nei laboratori del CERN, a Ginevra, nasceva il World Wide Web (WWW). Il suo inventore, lo scienziato britannico Tim Berners-Lee, lo concepì inizialmente come la descrizione di un sistema per gestire la grande mole di informazioni legata agli esperimenti del CERN tra le migliaia di scienziati che vi lavoravano: una sorta di ragnatela che permette di navigare tra vari contenuti pubblicamente disponibili sfruttando collegamenti, i link, nonché sistemi che analizzano dati e restituiscono indici dei contenuti disponibili, i motori di ricerca. Il primo web browser fu scritto dallo stesso Berners-Lee, nel 1990, e nel 1991 il web – che non è un sinonimo di Internet, ma è il suo servizio più sfruttato – fu reso pubblicamente disponibile.