L’accesso a Internet gratuito dovrebbe essere riconosciuto come un diritto umano, soprattutto nei Paesi in via di sviluppo: è l’appello lanciato dallo studio britannico pubblicato sul Journal of Applied Philosophy e condotto dall’università di Birmingham. I ricercatori, coordinati da Merten Reglitz, rilevano che l’accesso alla rete, attualmente impossibile a 2,3 miliardi di persone nel mondo, è una garanzia per difendere altri diritti fondamentali, come la vita o la libertà, e per condurre “vite minimamente decenti”.
Secondo lo studio le libertà di base, come quelle di espressione, informazione e assemblea, non possono essere esercitate se è solo una parte dei cittadini ad avere accesso a Internet. Fenomeni come la documentazione delle violenze commesse durante la Primavera araba o contro gli Afroamericani negli Stati Uniti, o ancora la campagna #MeToo, sono stati aiutati da Internet.
“L’accesso a internet – commenta Reglitz – non è un lusso, ma un diritto umano morale di cui tutti dovrebbero usufruire senza controlli e censure, in modo gratuito”. Secondo gli ultimi dati Onu alla fine del 2018 il 51% dei 7 miliardi di abitanti della Terra aveva accesso a Internet. Molte persone nelle aree più povere ancora non ce l’hanno, anche se il loro numero è in calo, visto che la tecnologia sta diventando meno costosa.
Tuttavia negli anni più recenti l’espansione della rete ha rallentato la sua corsa, segno che serve l’impegno delle istituzioni nel promuoverla. Diversi Paesi si sono impegnati a garantire l’accesso, come il Kerala in India, che intende offrirlo entro il 2019 ai suoi 35 milioni di abitanti, mentre l’Unione Europea ha lanciato WiFi4EU per permettere a ogni città europea di avere internet gratis nei principali luoghi pubblici entro il 2020. La stessa Onu ha inserito l’accesso a Internet tra i suoi obiettivi sostenibili.