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22.01.2022 In Scienza, Tecnologia

L’enigma di Tabby’s Star: megastruttura aliena o evento naturale?

E’ uno degli enigmi astronomici più bizzarri degli ultimi anni e ad oggi non ha una spiegazione certa. La stella KIC 8462852, meglio nota come Tabby’S Star o anche con il soprannome “WTF Star” (non è un richiamo al celebre slang ma significa “where’s the flux“) , continua ad alimentare le teorie più variegate e per chi non la conoscesse, il motivo è uno solo: non siamo in grado di spiegare scientificamente le variazioni di luminosità più uniche che rare registrate ormai da diversi anni dal telescopio spaziale Keplero e possiamo solo formulare ipotesi.

E queste sono in certi casi ancora più bizzarre del fenomeno in sé, ma procediamo con ordine e cerchiamo di capire perché questa stella desta tanto interesse sia tra gli scienziati che tra coloro che credono nell’esistenza di civiltà aliene più evolute della nostra.

TABBY’S STAR, UN MISTERO IRRISOLTO

Tabby’s Star si trova nella costellazione del Cigno a circa 1.470 anni luce dalla Terra e le sue incredibili variazioni di luminosità sono state individuate casualmente nell’ambito della ricerca di corpi celesti grazie al metodo del “transito”. É lo stesso modus operandi con cui vengono identificati gli esopianeti, come accaduto recentemente con un gigante gassoso sfuggito agli algoritmi della NASA e individuato grazie ai dati raccolti dal telescopio spaziale TESS.

Questo approccio si pone l’obiettivo di osservare e misurare le variazioni di luminosità di una stella, spesso causate dall’ombra del passaggio di un pianeta in orbita attorno alla stessa. Si tratta di un sistema adeguato per individuare i corpi celesti presenti sulla linea di vista, ma inadeguato per tutti quelli con un’inclinazione orbitale diversa, è dunque noto che ciò che individuiamo è probabilmente solo una minima parte di ciò che ci sarebbe realmente da scoprire. Nonostante ciò, dalla misurazione di questi cali di luce siamo in grado di estrapolare un numero incredibile di informazioni, sia dimensionali, sia geologiche, nonché dettagli piuttosto precisi relativi al periodo orbitale quando le osservazioni sono ripetute nel tempo.

Ma Tabby’s Star ha mostrato sin dalle prime osservazioni, avvenute nel 2015 da parte dell’astronoma statunitense, Tabetha S. Boyajia, un comportamento ancora più insolito evidenziando cali di luminosità transitori compresi tra il 15 e il 22%. Eppure tale sfarfallio luminoso ha da sempre evidenziato un’irregolarità tale da confondere la comunità scientifica, sia per intensità che per cadenza delle variazioni luminose.

POSSIBILI SPIEGAZIONI E TEORIE

Forti dell’esperienza nell’individuare nuovi esopianeti con il metodo del transito, il primo pensiero è stato quello di trovarsi di fronte a un caso di questa tipologia, eppure ci sono diversi “ma” ad adombrare la risposta apparentemente più ovvia.

I calcoli matematici dicono che anche un pianeta delle dimensioni di Giove sarebbe in grado, durante un eventuale di transito con simili condizioni orbitali di distanza, di oscurare Tabby’s Star non più dell’1% della sua luminosità totale. Sono quindi emerse svariate spiegazioni alternative da parte di scienziati e astronomi, che tuttavia non hanno trovato una quadra comune e sono tutt’oggi oggetto di discussione.

Tra le teorie più apprezzate e quotate dalla comunità scientifica c’è quelle secondo cui a causare l’abbassamento di luminosità sarebbe un’immensa nuvola di polvere e frammenti. Vista la grande intensità di questo sfarfallio si pensa che la causa sia da ricercare nei resti di un pianeta distrutto e posizionato in una precisa zona orbitale. Se così fosse i frammenti di questo corpo celeste sarebbero periodicamente in grado di bloccare la luce di Tabby’s Star dal nostro punto di vista.

Ma anche in questo caso non tutti gli scienziati concordano e anzi, quasi tutti sono convergono nel dire che la concentrazione di polvere e frammenti per arrivare ad un oscuramento simile dovrebbe superare oltre ogni più rosea previsione. C’è inoltre la questione della cadenza dell’evento, misurato diverse volte e apparentemente senza una logica ben definibile tra un intervallo e l’altro. E allora di cosa potrebbe trattarsi? La seconda teoria maggiormente condivisa ipotizza che la responsabilità per tale oscuramento sia da ricercare in qualche oggetto cosmico di grandi dimensioni (magari un’altra stella che darebbe vita a un sistema binario) o forse in una ammasso di corpi celesti posizionati in modo incredibilmente compatto. Ma anche in questo caso, da un lato trova risposta l’intensità del calo di luminosità, dall’altro non viene spiegata la cadenza casuale dell’evento.

E naturalmente visto che la scienza brancola nel buio non sono mancate nemmeno le teorie più estreme, come quella che ipotizza la presenza di una possibile megastruttura aliena in grado di catturare la luce di una stella a fini energetici, costruita da una civiltà decisamente più avanzata della nostra.

Questa è naturalmente la meno accreditata tra le ipotesi, ma i sostenitori di teorie fantascientifiche e di realizzazioni ingegneristiche evolute, come la fantasiosa “Sfera di Dyson”, sono convinti che a questo punto sia necessario prendere in considerazione qualunque possibilità.

Quella della sfera di Dyson è una teoria che affonda le sue radici oltre 60 anni fa e se ne parla per la prima volta in un articolo del 1959 intitolato Search for Artificial Stellar Sources of Infrared Radiation all’interno della rivista Science. Il fisico britannico e autore della pubblicazione, Freeman Dyson, ipotizzò che delle società tecnologicamente avanzatissime avrebbero potuto tentare di ingabbiare l’energia di una stella per massimizzarne l’utilizzo, e questa possibilità avrebbe permesso a noi di osservare tale fenomeno anche a distanze di anni luce. Dyson ipotizzò che la radiazione non utilizzata a fini energetici sarebbe stata emessa come radiazione infrarossa e come tale, avremmo potuto provare a identificarla osservando con i nostri telescopi spaziali quella specifica porzione dello spettro. Ad oggi non ci sono prove che Tabby’s Star sia circondata da una megastruttura di canalizzazione energetica, ma nonostante tutto l’ipotesi aliena non è stata scartata del tutto.

Vita extraterrestre, siamo soli nel Sistema Solare? Studi e teorie

Curiosità 01 Mar

Ma c’è anche un’altra caratteristica emersa 1 anno dopo la scoperta del comportamento di questa particolare stella, ossia che oltre agli oscuramenti saltuari, uno studio risalente al 2016 ha rivelato che la luminosità di Tabby’s Star è diminuita ci circa il 14% nell’arco di 100 anni. Inizialmente la conclusione dello studio venne messa in discussione poiché si basava sull’analisi delle lastre fotografiche del cielo notturno. La critica era relativa allo strumento in sé, visto che lo stesso lasso di tempo avrebbe potuto essere la causa stessa dell’apparente affievolimento del substrato. Eppure questo lento e costante affievolimento ha trovato conferma successivamente grazie all’analisi della luce emessa negli ultimi anni a diverse lunghezze d’onda, dal vicino ultravioletto al medio infrarosso, anche se al momento continua a non fornire le risposte che gli scienziati cercano. Ancora una volta, l’ipotesi della polvere come causa principale dell’oscuramento resta la più accreditata, eppure un recentissimo studio sembra voler riaprire la questione ancora una volta.

STUDI RECENTI E CONCLUSIONI

E se Tabby’s Star non fosse un caso così raro e isolato? E’ ciò che sostiene l’astrofisico Edward G. Schmidt, che verso la fine di dicembre ha pubblicato un articolo sul The Astronomical Journal, nel quale identifica altre 15 stelle dal comportamento simile e tutte appartenenti alla categoria di astri di tipo F e G (il nostro sole appartiene a questa categoria). Colpisce ancor più il fatto che tutte e 15 le stelle si trovino all’interno di una regione limitata di cielo osservabile dal punto di vista del telescopio spaziale Keplero, e formando un raggruppamento che, secondo Schmidt, dovrebbe far alzare le antenne agli scienziati impegnati nel progetto SETI (search for extraterrestrial intelligence).

L’idea alla base è molto semplice: considerato che non possiamo scartare nessuna ipotesi e al momento le cause naturali, benché siano le più accreditate, non sono completamente soddisfacenti, perché non cercare segnali radio provenienti da quella porzione del cosmo? Si ipotizza in modo molto velato che una o più civiltà tecnologicamente avanzate abbiano sviluppato tecnologie per affrontare viaggi interstellari, e che le sfere di Dyson siano in realtà molteplici. Fantascienza oltre ogni limite! Tale da far saltare sulla sedia i fan di Star Trek, eppure nulla viene ormai escluso a priori.

Il SETI non si è tirato indietro e già dal 2018 si è affidato all’Allen Telescope Array per cercare segnali radio non naturali in direzione di KIC 8462852. Al momento non è arrivata nessuna conferma o segnale radio equivocabile, ma l’enigma resta irrisolto ed è molto probabile che anche i restanti 14 candidati saranno presto oggetto di ulteriori analisi.

In conclusione, sebbene al momento non ci sia una risposta definitiva all’enigma di Tabby’s Star, quasi certamente alle spalle c’è una spiegazione scientifica al momento sfuggente, e che a quanto pare potrebbe restare tale ancora per diverso tempo. Naturalmente non smetteremo di seguirne gli sviluppi e nel caso in cui dovessero emergere novità sostanziali riprenderemo in mano l’argomento.

Articolo originale disponibile qui

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