I fronti della guerra tra Russia e Ucraina sono, purtroppo, molteplici; non a caso si parla, sin dal suo scoppio, di un conflitto ibrido a tutti gli effetti. Oltre alle armi, i mezzi e le strategie militari, nell’arsenale dell’esercito russo non mancano azioni cibernetiche che poggiano (anche) su un rigido controllo dell’informazione e un utilizzo manipolatorio dei social network, che per la controparte ucraina sono invece l’unica possibilità di mostrare in presa diretta la drammaticità del fronte più efferato, quello delle bombe e dei missili che stanno mettendo in ginocchio le città e milioni di civili.
Per la Russia, la tecnologia è diventata un’arma non meno distruttiva di quelle da fuoco, bavaglio dei dissidenti e mezzo di storpiatura della realtà a colpi di fake news e disinformazione. Ma il Paese che sta mettendo a ferro e fuoco l’Ucraina e, di riflesso, tutto il mondo occidentale, è sull’orlo di un pericoloso isolamento virtuale. Quella innalzata tra Mosca e l’Occidente rischia infatti di diventare una cortina di ferro digitale e tecnologica rafforzata da offensive e controffensive, come l’abbandono delle big tech del territorio russo da un lato e l’oscuramento di gran parte delle piattaforme digitali internazionali dall’altro.
Ma in questo scenario drammatico, è davvero possibile disconnettere un Paese intero? E quali possibilità sono rimaste alla popolazione russa per connettersi con i concittadini e con il mondo esterno, informandosi sulle reali dinamiche di ciò che accade oltreconfine? In questo articolo proviamo a ripercorrere gli ultimi accaduti, dal duello tra i colossi del tech e il governo di Mosca, alle minacce di isolamento della Russia su una rete internet locale, fino ai colpi sferrati al gigante Yandex, le vie di fuga privilegiate dagli utenti russi e il recente stratagemma delle VPN.
SOMMARIO
IL BLOCCO DEI SOCIAL INTERNAZIONALI
Al contrario delle big tech, che hanno optato per una fuga di massa dal territorio russo, i social media internazionali hanno deciso di rimanere attivi sin dall’inizio dell’invasione, con il duplice intento di osteggiare il governo di Putin e mantenersi come punto di riferimento informativo per i cittadini, l’ultimo baluardo di una comunicazione che sfugge al bavaglio del governo.
Per tale motivo, i social sono stati tra i primi media a finire nel mirino di Putin insieme alla stampa indipendente del Paese, diventando vittime di una controffensiva che risponde, tra le altre cose, alla ritirata delle big tech dalla nazione. Il 14 marzo scorso, il Roskomnadzor, l’organo della Federazione Russa a capo del controllo dei media, ha oscurato Instagram in Russia in risposta all’iniziativa di Meta di allentare le maglie della censura dei contenuti che incitano ad odio e violenza, permettendo agli utenti di entrambi i social in sua orbita di pubblicare liberamente contenuti contro la guerra e contro l’esercito russo, Putin e Lukashenko (esclusi i contenuti contro la popolazione civile russa). La nuova policy, che interessa solo Armenia, Azerbaigian, Estonia, Georgia, Ungheria, Lettonia, Lituania, Polonia, Romania, Russia, Slovacchia e Ucraina, oltre alla limitazione dell’attività di Meta sul territorio russo, ha tra le altre cose comportato l‘inserimento diretto del gruppo di Zuckerberg nelle liste delle organizzazioni estremiste.
Il caso dell’oscuramento di Instagram non è isolato: a “cadere” è stato anche Twitter, che ha tuttavia risposto alle limitazioni di Mosca con il lancio di una versione TOR della piattaforma (acronimo di “The Onion Router”), capace di aggirare la censura aumentando la protezione della privacy degli utenti. Si tratta di una rete che incanala i dati attraverso una stratificazione a “cipolla”, nascondendo quelli che identificano l’utente e aggirando, in questo caso, la censura.
Ad alzare la voce è stata anche Google, che ha ordinato il blocco dei canali YouTube collegati ai media finanziati dal governo russo, mentre TikTok ha interrotto i live streaming di contenuti dopo l’approvazione della legge russa che impone pene più stringenti per quelle che Mosca reputa “fake news” sulla guerra. Sul social cinese alcuni profili avrebbero veicolato video e immagini pro-Cremlino, contribuendo a rafforzare la propaganda di Putin ai danni dei giovani utenti mossi dal disperato bisogno di sapere quanto stia accadendo in Ucraina.
VERSO L’ISOLAMENTO: LA RUNET
Quello della Russia, in realtà, è un sogno di sovranità digitale perseguito già da molto tempo prima dello scoppio della guerra, come dimostra la genesi di RuNet: qualche settimana fa ha iniziato a circolare la notizia, riportata dalla testata bielorussa Nexa ma non confermata dal Cremlino, riguardante la presunta intenzione della Russia di disconnettersi dalla Rete internet globale per trincerarsi in una rete parallela, isolata dal mondo esterno, chiamata RuNet appunto. Anche se è ritornato agli onori della cronaca da poco, il progetto RuNet è però in lavorazione dal 2014, ed è stato riconosciuto giuridicamente da un emendamento nel 2019, quando lo stesso Putin lo dipinse come “arma di difesa” contro potenziali cyber attacchi esteri.
Un articolo pubblicato sull’agenzia di stampa russa Tass in quello stesso periodo riportava di “esercitazioni completate con successo riguardo la stabilità della rete”, ma nel 2021 l’implementazione è stata rallentata da malfunzionamenti dovuti verosimilmente alla mancanza di apparecchiature adeguate. Dopo quasi tre anni di sperimentazioni, il Paese starebbe ora pianificando una migrazione completa su un’intranet di Stato, come testimonia un documento allegato a un tweet di Nexa, in cui sono elencate le modalità di accesso alla rete per tutti gli enti statali del Paese. Questo porterebbe all’isolamento di 140 milioni di civili – già vessati da una subdola censura e dalla mistificazione della realtà – dal resto del Globo. Ma i passi da compiere verso la sovranità digitale potrebbero essere ancora numerosi e non esenti da ostacoli e criticità.
YANDEX, IL GOOGLE RUSSO VICINO AL DEFAULT
La missione di rendere la Russia un Paese autosufficiente dal punto di vista digitale, soprattutto per quanto riguarda la navigazione, fa forza sugli ausili di “casa”, uno stuolo di social media e piattaforme autoctone che imitano i modelli occidentali nelle funzioni, nelle intenzioni e spesso anche nel design.
Un esempio è Yandex, il colosso ICT proprietario del più grande motore di ricerca del Paese nonché azienda tech più potente della Russia, ribattezzata la “Google russa” per le dimensioni e il fitto portfolio di servizi e divisioni che possiede (nel 2018 ha lanciato uno smartphone proprietario).
Pur avendo scampato le sanzioni imposte dall’Occidente su gran parte delle imprese russe, la sua solidità è vacillata dopo che la Borsa di New York ne ha sospeso le negoziazioni sul titolo, tratteggiando all’orizzonte il rischio di un possibile default. Se questo dovesse verificarsi, si spalancherebbe un fronte di crisi incolmabile non solo per la posizione finanziaria dell’azienda, che ha sede legale nei Paesi Bassi ma headquarter in Russia, ma anche e soprattutto per ulteriori limitazioni alla navigazione in rete dei cittadini russi, che si vedrebbero ancora più impossibilitati a mantenere contatti con il mondo occidentale. Tuttavia, è bene sottolineare che si tratta pur sempre di strumenti in mano a Mosca, dunque non esenti da veti e manipolazioni.
LE ALTERNATIVE RUSSE AI SOCIAL
Una delle mete verso cui si è riversato l’esodo di utenti delle app internazionali oscurate è VKontakte (VK) il “Facebook” russo co-fondato da Pavel Durov (il “padre” di Telegram). Vkontakte è da tempo il social più popolare e utilizzato in Russia, ma con il conflitto ha guadagnato terreno, incentivando persino gli utenti a pubblicare contenuti in cambio del 100% delle entrate provenienti dalla monetizzazione, come riporta la stampa internazionale. La piattaforma, su cui sono presenti non pochi post inneggianti Putin, nei giorni scorsi è stata bersaglio dell’ennesimo web raid di Anonymous, che ha diffuso una serie di messaggi sulla guerra in Ucraina direttamente dall’account russo.
Altri zoccoli duri del panorama social del Paese sono l’appendice di VK, Odnoklasskini, che permette ai suoi iscritti di scambiarsi foto, video, card ed emojii, e Moi Myr, a cui si può accedere solo se si possiede un indirizzo mail russo.
Per sopperire alla mancanza di Instagram, il 28 marzo la Russia lancerà Rossgram, una versione locale del social di Mark Zuckerberg che sarà disponibile per Android e iOS inizialmente per una ristretta cerchia di creator e influencer (la stessa che lamentava in lacrime la chiusura della piattaforma madre – ignorando la gravità della guerra), per poi essere esteso all’utenza ordinaria nel mese di aprile.
Quanto ai servizi di messaggistica, WhatsApp e Telegram sono (per ora) rimasti immuni alla censura di Mosca. Telegram, in particolare, sta ricoprendo il ruolo cruciale di “corridoio” digitale tramite cui accedere al Paese o, viceversa, “uscirne”, uno dei motivi per cui è stato oggetto di un massiccio spostamento degli utenti russi: su Telegram è possibile reperire canali di informazione e politica liberi dalla censura, molti dei quali schierati contro Putin, ma anche aggiornamenti sulla guerra, immagini, video e persino il discorso del presidente ucraino Zelensky al Congresso.
AGGIRARE LA CENSURA CON LE VPN
C’è però un sotterfugio cui stanno ricorrendo gli utenti russi per scansare i blocchi imposti da Putin: l’utilizzo smodato di VPN. Una VPN, infatti, “camuffa” l’indirizzo IP dei PC simulando una posizione geografica diversa da quella effettiva, in modo tale che le persone che navigano in Rete collegandosi dalla Russia possano comunque accedere ai siti oscurati o bloccati. Da inizio marzo, l’utilizzo dei servizi VPN per iOS e Android è aumentato del 1.500% nel Paese, per un totale di circa 6 milioni di download, come riporta un’analisi di SensorTower. Tuttavia, nelle ultime settimane, le autorità russe hanno fatto chiudere circa 20 popolari servizi VPN.
COME SARÀ L’INTERNET DEL FUTURO?
Questa drammatica situazione è ancora in divenire, ma quel che è certo è che modellerà un nuovo futuro per internet, non solo per i civili russi, ma per l’intera concezione condivisa di quella che, sin dal suo avvento, si pone come una rete globale capace di connettere il mondo intero, attualmente in procinto di essere diviso da una cortina di ferro digitale. Il rischio, oltre ai danni provocati dal conflitto, è che venga meno la missione intrinseca della stessa Rete internet, da sempre intesa come forza universale e globalizzante, e si generi quello che i ricercatori del Massachussetts Institute of Technolofy definiscono “splinternet”, un’internet segmentata che potrebbe causare danni tecnologici alla Russia stessa.
Invece dell’unica Internet globale che abbiamo oggi avremmo un certo numero di reti nazionali o regionali che non si parlano tra loro e forse operano anche utilizzando tecnologie incompatibili – spiegano i ricercatori, come riporta Ansa. -Questo significherebbe la fine di Internet come unica tecnologia di comunicazione globale, e forse non solo temporaneamente”.
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