La prossima guerra tra superpotenze potrebbe durare poco, e l’uomo potrebbe essere relegato a un ruolo di secondo piano. A combattere potrebbero infatti essere robot, droni e sistemi elettronici vari, molto più veloci ed efficienti degli umani.
Non stiamo parlando di un futuro lontano: questo è il “presente”. Lo scorso maggio i dipendenti di Google hanno manifestato contro il supporto che l’azienda sta offrendo al Pentagono nello sviluppo di droni dotati di intelligenza artificiale, mentre poche settimane fa 400 scienziati hanno discusso la messa al bando della ricerca nel settore delle armi autonome. Chi con l’intelligenza artificiale ci lavora tutti i giorni e ne conosce il potenziale, è (o si professa) “spaventato” dai rischi della corsa agli armamenti intelligenti. Lo spiega Andrea Kisrch in un articolo recentemente pubblicato su Quartz.
Soldati elettronici. Rispetto ai soldati in carne e ossa, gli armamenti smart offrono numerosi vantaggi: non disobbediscono mai, non sono mai stanchi, possono svolgere il proprio letale incarico in condizioni impossibili per un essere umano, non hanno dubbi di natura etica e non hanno bisogno di addestramento. Non da ultimo, non possono perire in combattimento, lasciando un vuoto nelle proprie linee e, incidentalmente, vedove e orfani da assistere.
Un altro aspetto non trascurabile riguarda poi la comunicazione: mandare in battaglia una macchina pare più “accettabile”, per l’opinione pubblica.
Me lo faccio in cantina. Come fermare questa minaccia sul nascere? La storia insegna che i trattati sulla non-proliferazione servono a poco. Ma se costruire una bomba atomica fatta e finita richiede impianti e macchinari difficili da nascondere alla comunità internazionale, per costruire un’arma intelligente basta poco.
Carri armati e aerei convenzionali, per esempio, sono già equipaggiati con sensori, telecamere e radar che ne consentono il controllo da remoto. Basta dotarli degli opportuni sistemi di AI, per esempio derivati da quelli impiegati nelle auto senza conducente, per trasformarli in armi autonome inarrestabili.
Il ruolo della politica. Per addestrare alla guerra un sistema di intelligenza artificiale non serve nulla che non sia disponibile già oggi: per esempio i più avanzati videogiochi di combattimento, che presentano ambienti, situazioni e simulazioni estremamente realistiche. Open AI, l’azienda di Elon Musk che si occupa di intelligenza artificiale, ha presentato qualche tempo fa