Trentaseimila veicoli autonomi “infiltrati” e comandati da un hacker basterebbero a bloccare ogni forma di mobilità su strada a Manhattan. A delineare uno scenario altamente improbabile – il “peggiore possibile” nelle parole stesse dei ricercatori – è un gruppo di scienziati del Georgia Institute of Technology di Atlanta (USA).
Finora le simulazioni sulla sicurezza dei veicoli autonomi si sono concentrate sul (difficile) rapporto con i pedoni. Un cyber attack a un’auto autonoma è complicato, ma non impossibile, e potrebbe risolversi con la vettura nel completo controllo di un “pirata della strada” che agisca da remoto. Lo scenario è particolarmente inquietante se si pensa a cosa potrebbe fare un’auto “impazzita” in una città affollata: una vettura connessa piratata potrebbe trasformarsi in un’arma in movimento.
Ferme all’improvviso. In questo caso, il team si è concentrato su quello che accadrebbe se una certa quantità di smartcar venisse hackerata contemporaneamente. Un attacco che coinvolga soltanto il 10% dei veicoli totali di Manhattan sarebbe sufficiente a paralizzare il traffico su ruote in città e bloccare i servizi di emergenza (camion dei pompieri, ambulanze). Nelle loro simulazioni i ricercatori hanno arrestato veicoli a caso su strade da 2 a 6 corsie.
Nell’85% dei casi, il traffico si è bloccato completamente. Hackerare 13 auto a chilometro per corsia basterebbe a paralizzare l’intera città: l’ingorgo di traffico si diffonderebbe facilmente perché le varie aree di Manhattan sono altamente connesse da reti viarie. Il traffico non si bloccherebbe del tutto soltanto nelle aree e negli orari con pochi veicoli su strada, ma anche in quel caso la velocità di scorrimento diminuirebbe.
Un baco di sistema. Per Simon Parkinson, informatico ed esperto in cybersecurity presso l’Università di Huddersfield, Regno Unito, lo studio è il primo a quantificare la portata di un attacco su vasta scala ai veicoli autonomi. Una simile situazione è però assai improbabile: è più facile che si verifichi un blocco del genere in seguito all’aggiornamento di un software finito male. Senza contare che, se l’obiettivo fosse paralizzare una città, si farebbe prima ad hackerare i sistemi “connessi” di segnaletica stradale, capaci di comunicare con i veicoli e regolare il traffico di conseguenza.