Lungo 55 km, è il ponte marino più lungo del mondo ed è appena stato inaugurato: in tanti in queste ore stanno parlando del viadotto che unisce Hong Kong, Zhuhai e Macao, le tre grandi città sul delta del Fiume delle Perle, in Cina. L’ultima gettata di calcestruzzo è stata fatta nel mese di novembre 2017; il 24 ottobre 2018 avverrà il passaggio dei primi veicoli. Stando alle informazioni ufficiali, il costo complessivo dell’opera iniziata nel 2009 e terminata due anni dopo la consegna stimata iniziale, è stato di 20 miliardi di dollari (17,4 miliardi di euro).
Dal punto di vista ingegneristico, se sono veritieri i dati forniti dalle autorità, il ponte è veramente qualcosa di unico: un’opera ingegneristica da fantascienza. Può resistere a terremoti di magnitudo 8, a super uragani e a scontri di meganavi da carico. Per costruirlo sono state utilizzate 400.000 tonnellate di acciaio, 4 volte e mezzo la quantità usata per costruire il Golden Gate (San Francisco).
Record e più record. A circa tre quarti dalla partenza si è resa necessaria la costruzione di un tunnel sommerso lungo 6,7 chilometri, perché il delta del Fiume delle Perle è una delle aree più trafficate al mondo: in quell’area circolano quotidianamente 4.000 navi di ogni genere, dai traghetti passeggeri alle gigantesche porta-container, ed era necessario lasciare loro un passaggio.
Spiega Guo Xinglin, uno dei coordinatori dei lavori, che «il tunnel ha richiesto la costruzione e il posizionamento di 33 giganteschi tubi lunghi 180 metri, larghi 38 e alti 11, ognuno pesante 80.000 tonnellate – più o meno come una piccola portaerei. Tutti questi elementi sono stati fabbricati sull’isola di Guishan, vicino Zhuhai, e trasportati sul posto con pontoni galleggianti, mentre sul fondo del letto roccioso del fiume sono state scavate le forme adatte a “impiantare” i tubi».
Il tunnel ha gli sbocchi su due isole artificiali, ognuna delle quali di circa 100.000 metri quadrati, ancorate in acque relativamente poco profonde. Anche la costruzione di queste isole non è stata semplice. Una di esse, ad esempio, ha richiesto 120 cilindri cavi in acciaio lunghi 55 metri e del peso di 550 tonnellate, come un Airbus A380. Il ponte vero e proprio, invece, ha la sezione più lunga (29,6 km) a tre campate strallate alte tra 280 metri e 460 metri.
Ora che è stato aperto al traffico, i veicoli (29 mila al giorno tra camion, autobus e automobili, una volta che il ponte sarà arrivato a pieno regime) non potranno superare i 100 chilometri orari. Inoltre, è stato deciso che si guiderà sulla destra lungo le sezioni continentali del ponte, per passare a sinistra su quelle di Hong Kong e Macao, per rispettare gli stili di guida dei diversi luoghi. Quanto alla sicurezza, uno speciale sistema di sensori e telecamere monitorerà le condizioni di salute e stanchezza dei guidatori, allertando le autorità responsabili in caso l’autista sbadigliasse più di tre volte in 20 secondi.
Le critiche. Dopo avere snocciolato i record, passiamo ai problemi. Stando al Guardian, da alcune foto scattate lo scorso mese di aprile si vedrebbero alcune aree del litorale di una delle isole parzialmente sommerso. Ciò suscita preoccupazione per l’integrità strutturale dell’isola e, al momento, si è dato il via a un monitoraggio per garantire che la “qualità dei lavori soddisfi i requisiti”, affermano i responsabili del progetto, che fanno inoltre sapere che l’apparente affondamento di una parte del litorale era “da progetto” e che non ci sarebbe dunque nulla di anomalo.
Le perplessità si estendono però anche all’ambiente. Vari gruppi ambientalisti sostengono che la costruzione del ponte abbia messo in pericolo la popolazione dei delfini bianchi cinesi di Hong Kong. Anche su questo arrivano le rassicurazioni: il problema era stato considerato, affermano le autorità, e tutto è stato progettato e realizzato con l’obiettivo di un impatto ambientale ridotto “quasi a zero”.
Serviva? Altre critiche sono state fatte sulla sicurezza dei lavoratori che hanno lavorato al progetto: sembra che almeno 18 persone siano morte e 275 siano rimaste ferite perché i requisiti di sicurezza non erano adeguati.
Naturalmente ci sono anche molte perplessità sulla validità o necessità dell’opera in sé. Da un lato c’è chi sostiene che il ponte permetterà di collegare città di altissimo valore economico, abbattendo tempi e costi di trasferimento e incentivando il turismo. L’area servita dal ponte è abitata da 68 milioni di persone, e se in passato per andare da Zhuhai a Hong Kong occorrevano 4 ore di viaggio, con il ponte basterà un tragitto di 30 minuti.
D’altra parte, c’è chi sostiene che i collegamenti marittimi, aerei e ferroviari fossero più che sufficienti e dunque la spesa non sia valsa il risultato. Claudia Mo, parlamentare di Hong Kong, afferma senza mezzi termini che «la scelta di costruire il ponte ha un valore politico più che economico, … e dunque se ne poteva fare a meno!».
Infine, è bene ricordare che l’accesso non è aperto a tutti. Fonti giornalistiche citate dal Guardian riportano che chi viene da Hong Kong avrà bisogno di permessi speciali per accedere, e che possa ottenerne a lungo termine a patto che paghi una parte significativa di tasse in Cina o che doni denaro ad alcune organizzazioni di volontariato della provincia cinese meridionale di Guangdong. Gli altri possono sempre prendere un autobus privato. Sul ponte non sono infatti previsti mezzi pubblici, né reti di trasporto ferroviario.