Un centro di ricerca mondiale, con finanziamenti da parte di tutti i Paesi per cogliere sul nascere i segnali di eventuali nuove pandemie e intervenire tempestivamente, unendo le forze come si è fatto al Cern per scoprire il bosone di Higgs: a un anno dalla prima diagnosi di Covid-19 in Italia, il fisico Giorgio Parisi indica la ricerca come l’arma principale per contrastare future crisi come quella scatenata nel mondo dalla pandemia di Covid-19.
Più che un centro con una struttura centralizzata come è il Cern, “sarebbe necessaria una rete di centri di ricerca dislocata nei singoli Paesi ma con finanziamenti centralizzati da parte di tutte le nazioni”, dice Parisi all’ANSA. “E’ una cosa che ritengo trovo fondamentale, insieme a un piano pandemico globale: abbiamo visto – prosegue – che i piani pandemici non esistono a livello dei singoli Paesi”.
Se predisporre il piano pandemico è compito dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms), “andare nella direzione di un sistema di ricerca mondiale è fondamentale per avere centri di ricerca di prim’ordine vicini alle zone più critiche in caso di pandemia, nei quali si faccia ricerca in tutte le direzioni ad ampissimo spettro: è dalla ricerca di base che arrivano a volte scoperte inaspettate. Basti pensare ai vaccini a mRna, che erano nati per i tumori e che adesso vengono utilizzati contro il virus SarsCoV2, come quelli di Pfizer-BioNTech e Moderna”.
Una ricerca a 360 gradi permetterebbe poi di difendersi anche da nemici inaspettati: “ora siamo tutti impauriti dai virus, ma ci sono anche batteri resistenti agli antibiotici, un tema sul quale la ricerca va a rilento, e non è detto che la prossima pandemia arrivi da lì: bisogna ripensare la ricerca biomedica”.
Un centro di ricerca globale con strutture dislocate permetterebbe inoltre “di fare attività di monitoraggio sul posto”, prosegue Parisi. “Ci sono ancora tantissime domande aperte e tante voci, tutte da verificare, e manca moltissime conoscenze sul contagio, che richiedono ricerche su larga scala. Non era facile nemmeno scoprire il bosone di Higgs ma grazie a un grande centro di ricerca è stato possibile: per questo è importante investire nella ricerca, in tutte le direzioni”.
Nel bilancio di un anno dalla prima diagnosi in Italia emergono ritardi
Una sottovalutazione iniziale che ha portato ad accumulare ritardi nella gestione della pandemia di Covid-19 in tutto il mondo e che si manifestano ancora nelle campagne di vaccinazione: una situazione, rileva Parisi, comune a molti Paesi.
“L’Italia non sta peggio di alti Paesi: è un problema comune, Si sono fatti diversi errori, come un senso di sicurezza inziale di poter bloccare la malattia. Il fatto è – rileva – che in Italia e in altri Paesi non si è deciso di fare l’unica misura sensata, ossia i test molecolari su tutte le polmoniti virali”. C’è stata quindi, aggiunge, “una sottovalutazione” che ha portato molti Paesi, compresa l’Italia, ad agire “con una-due settimane di ritardo”, probabilmente dettata dalla “tendenza ad aspettare a prendere misure impopolari senza che sembrassero necessarie”. Ma “se si aspetta che l’epidemia si estenda diventa tardi. Se avessimo puntato di più sulla ricerca avremmo avuto meno problemi”.
Il problema è che “ci si è illusi su tante cose: i vaccini sono stati presi un po’ sottogamba, pensando solo alla vaccinazione e non al richiamo, e così le mutazioni, perché se è vero che il SarsCoV2 è un virus che muta poco, è anche vero che più si diffonde e più muta, come fanno tutti i virus”. Inoltre “su tutte le crisi ci sono stati ritardi, dalle decisioni sul lockdown ai sequenziamenti genetici, dei quali si parla da giugno e che solo adesso, forse, si riusciranno a fare sotto la spinta delle varianti. Se avessimo cominciato anche solo a gennaio, quando le varianti erano meno diffuse, sarebbe stato meglio”.