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31.10.2020 In Tecnologia

Curiosità Hi-Tech: l’acqua sulla Luna esiste, ma potremo sfruttarla veramente?

Pochi giorni fa la NASA ha confermato un risultato molto atteso: sulla Luna è stata identificata con certezza la presenza di acqua in zone del tutto inaspettate. Diverse ricerche lo ipotizzavano e dunque l’effetto sorpresa è stato parziale. Si tratta in ogni caso di un’evidenza di quanto questa molecola, fondamentale per la vita, sia presente in ogni angolo dell’universo.

L’acqua è importante per diverse ragioni, ma per l’uomo è fondamentale se pensiamo che senza di essa la vita non esisterebbe. Perché è così importante averla individuata sulla Luna? E soprattutto, saremo realmente in grado di sfruttarla? Sono domande a cui cercheremo di dare una risposta in questo approfondimento.

ACQUA SULLA LUNA, LE PRIME RILEVAZIONI

Cominciamo con un’evidenza: l’esistenza di acqua sulla Luna non rappresenta una vera e propria novità. Infatti, già nel lontano 2008 la sonda indiana Chandrayaan-1 rilevò la presenza di di basse percentuali di acqua molecolare, un dato che l’anno seguente venne confermato da alcune spettrografie effettuate dall’omonimo satellite posto in orbita. Anche la NASA, a distanza di un anno, rivelò di aver trovato tracce di acqua nel materiale smosso da una sonda impattatrice nel polo sud.

Dunque la vera notizia non è l’esistenza di acqua sulla Luna, ma è piuttosto il luogo di ritrovamento a sconcertare gli scienziati. Ne abbiamo già parlato nell’articolo originale ma l’aspetto più interessante è che i dati di SOFIA confermano la sua presenza anche nelle zone più illuminate dal Sole, nello specifico, nei pressi del cratere Clavius situato nell’emisfero meridionale della Luna.

Non è chiaro al momento come possa esserci dell’acqua e come venga trattenuta, ma quel che è certo è che il suo quantitativo appare davvero basso. Si parla di circa 100-400 parti per milione che, come afferma Alessandra Roy, scienziata del progetto SOFIA, “equivale all’incirca al contenuto di una lattina da 300 ml distribuita però sulla stessa superficie di un campo da calcio”. Volendo cercare altri paragoni, la sua concentrazione è inferiore a quella che si registra nel deserto del Sahara e come tale, risulta davvero minima.

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Proviamo a pensare alle difficoltà che sperimentano le zone più aride della Terra per l’approvvigionamento dell’acqua e spostiamoci per un attimo con il pensiero sulla Luna. È chiaro che si dovranno valutare soluzioni il più possibile efficienti. Sulla Terra, ad esempio, sono stati testati dei sistemi d’estrazione dell’acqua a partire dall’umidità atmosferica presente in piccole percentuali anche in zone desertiche. Il MIT ha condotto esperimenti incoraggianti nel deserto dell’Arizona, dove la percentuale di umidità risulta in ogni caso superiore a quella di luoghi più remoti. Va da sé che la mancanza di atmosfera sulla Luna non si sposa bene con queste soluzioni.

Trovare depositi d’acqua ghiacciata potrebbe essere la miglior soluzione ed è qui che entra in gioco la seconda ricerca pubblicata su Nature Astronomy (in FONTE), secondo la quale i poli e le zone in ombra perenne potrebbero rappresentare il luogo più adatto in cui cercare. Qui il sole non splende mai e le temperature possono scendere al di sotto dei -150 gradi celsius. Il problema è che si tratta di ambienti estremi e difficilmente accessibili. Ancora una volta si parla di stime e non sono propriamente una novità, infatti già nel 2010 la NASA identificò dei depositi vicino al polo nord che potrebbero contenere 600 milioni di tonnellate d’acqua ghiacciata.

Altri consistenti quantitativi d’acqua potrebbero trovarsi nelle cosiddette “trappole fredde”, ossia in zone buie all’interno di crateri, le cui dimensioni variano tra 1 cm e 1 km. La maggior parte delle trappole fredde in grado di ospitare acqua ghiacciata si trova nella zona sud, poiché le ombre permanenti all’equatore risultano troppo calde per supportare l’accumulo di ghiaccio.

PERCHE’ E’ COSI’ IMPORTANTE

Il motivo principale della sua importanza è scontato e noto a tutti, senza acqua la vita per come la conosciamo non esisterebbe ed essa rappresenta quindi una sostanza essenziale per il supporto vitale dei futuri esploratori. I suoi utilizzi sono tuttavia molteplici e tutti fondamentali per riuscire a favorire una presenza umana sostenibile sulla Luna e non solo.

Più volte la NASA ha insistito sul fatto che la conquista della Luna sarà solamente una sorta di “ponte”, un passaggio intermedio per esplorazioni più profonde del Sistema Solare. Si tratta di progetti a lungo termine che cominceranno con l’allunaggio del 2024 e proseguiranno con la costruzione di una base orbitale chiamata Artemis Gateway. Una volta che il raggiungimento della superficie lunare diventerà routine, si punterà a realizzare una vera e propria base lunare. Dunque possiamo immaginare che nell’arco di qualche decennio le missioni di esplorazione dello spazio potranno partire direttamente dalla Luna, con enormi vantaggi in termini energetici. Pensiamo all’energia necessaria a spingere un razzo fuori dall’orbita terrestre, mentre sulla Luna la gravità è circa 6 volte inferiore e risulta pertanto un’operazione molto meno dispendiosa.

E qui ci ricolleghiamo all’importanza dell’acqua, perchè come abbiamo visto nel nostro precedente approfondimento sul funzionamento di un razzo, c’è un componente dell’equazione “fondamentale” che potremo recuperare proprio da questa molecola. Parliamo dell’ossigeno liquido (O2), il comburente per eccellenza utilizzato nei razzi aerospaziali.

Curiosità Hi-Tech: come funziona un razzo aerospaziale

Tecnologia 08 Ago

La sua produzione non è poi così complicata se partiamo dall’acqua, poiché basta ricavare l’ossigeno per elettrolisi, che poi può essere raffreddato e sottoposto a pressione per ottenere l’O2. Naturalmente l’abbiamo fatta semplice e sono necessarie strumentazioni specifiche e mezzi di contenimento adeguati, ma la tecnologia c’è ed è collaudata. A questo proposito si sono già sperimentate altre soluzioni per la sua estrazione. È molto interessante l’esperimento portato avanti dall’Agenzia Spaziale Europea con la regolite lunare, che forse non tutti sanno essere composta al 40% circa da ossigeno. Il metodo di estrazione utilizzato dall’ESA è basato sull’elettrolisi e prevede che la regolite sia posizionata in un cestino metallico con sale di cloruro di calcio che funge da elettrolita, riscaldato a 950°C. Resta ovviamente da valutare l’efficienza di un sistema simile e l’attuabilità sul suolo lunare.

Non va presa in considerazione solamente l’estrazione di ossigeno, poiché anche quella dell’idrogeno è parimenti importante se pensiamo che rappresenta il combustibile alla base delle termoreazioni nucleari ed è utilizzato nell’industria aeronautica e aerospaziale per i razzi a propellente liquido, nonché come riserva energetica nelle pile a combustibile.

Infine, l’acqua risulta importante per una ragione strettamente collegata alle prime due. Può infatti essere utilizzata per creare ossigeno respirabile ed alimentare i sistemi di supporto vitale. Inoltre, diversi studi valutano persino la possibile realizzazione di un’atmosfera artificiale, ma qui entriamo in una sfera molto vicina alla fantascienza che ha già visto dibattere Elon Musk con la NASA stessa.

CHE TIPO DI ACQUA TROVEREMO?

Dimenticandoci per un attimo le difficoltà di raccolta e stoccaggio complicate dalle condizioni avverse a cui il nostro satellite ci metterà di fronte, e ammettendo pure di trovarne quantità ingenti, anche la composizione dell’acqua potrebbe risultare un problema ulteriore da risolvere.

Secondo Shuai Li, assistente ricercatore presso l’Istituto di geofisica e planetologia dell’Università delle Hawaii, l’acqua che potremmo trovare sulla Luna dovrà essere trattata per essere resa potabile. Sebbene non ci siano dati esatti al momento, il ricercatore prevede diversi scenari. Se parliamo dell’acqua estratta dalle zone più luminose, questa potrebbe contenere elevate percentuali di anortosite, una roccia bianca ricca di calcio, mentre nei crateri più grandi potrebbe presentare forti concentrazioni di materiali basaltici. È peraltro possibile che l’acqua della Luna risulti un po’ salata se prelevata da regioni in cui il processo di sublimazione abbia permesso ai sali di concentrarsi. Se poi l’origine fosse di tipo asteroideo, al suo interno potremmo riscontrare altri componenti che al momento è difficile ipotizzare.

Per concludere, le recenti pubblicazioni hanno il grande merito di aver “ufficializzato” la presenza di acqua anche in luoghi in cui ritenevamo impossibile trovarla. La scoperta è importante e storica da un punto di vista scientifico, ma da quello pratico le problematiche non sono per nulla irrilevanti.

In ogni caso, la ricerca continua e si procederà per gradi. Il primo step sarà l’allunaggio del 2024 e non c’è da escludere che questo possa subire ritardi dilatando le tempistiche previste. Estrarre e trattare l’acqua sulla Luna rappresenterà una sfida che, se superata, ci consentirà un giorno di affrontare l’esplorazione dello spazio in modo completamente diverso da quello odierno. Forse un giorno la Luna sarà una base di partenza verso pianeti remoti “per arrivare là dove nessuno è mai giunto prima”.

FONTI

Articolo originale disponibile qui

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