Cassandra Crossing/ Una non-recensione dell’episodio conclusivo della saga, peraltro già abbondantemente distrutta in Episodio VII.
Cassandra stavolta non ce l’ha fatta! È riuscita a evitare Solo: a Starwars story, contribuendo a farne il primo film in perdita del franchise, ma l’imprinting, ricevuto in età adulta dalla doppia visione di Episodio IV 42 anni fa, questa volta non le ha permesso di esimersi.
Così ieri sera, in compagnia di altri tre coetanei, Cassandra ha versato l’obolo di 10,50 Euro e si è sorbita Episodio IX, atto finale della saga come annunciato nel 1977 da George Lucas, che spiegò di aver suddiviso la sceneggiatura originale, troppo lunga e densa, in 9 episodi, di cui l’immortale Star Wars: una nuova speranza era il quarto.
Cosa dire in estrema sintesi di Episodio IX senza fare spoiler? Mai così in basso; un film senza capo né coda. Un giovane, nato ai tempi di Episodio VI, mi ha detto che Episodio IX gli era piaciuto abbastanza. Gli ho chiesto se fosse in grado di riassumermi la trama; è diventato pensieroso, e ha desistito.
ATTENZIONE: minispoiler nel seguito.
L’unica cosa da salvare di tutto il film, frutto forse del residuo di coscienza hacker di un sotto-sotto-sceneggiatore, è Babu Frik: the droidsmith, l’orsacchiotto hacker di droidi. Non tanto perché l’episodio sia importante, o perché il personaggio sia fuffoso.
Il motivo è che si tratta, secondo Cassandra e altri commentatori, di una allegoria delle conseguenze negative dei DRM – Digital Right Management systems – e sui loro effetti nefasti su un’intera società. E anche dell’importanza salvifica degli hacker, in ogni tempo e in ogni luogo, anche in una galassia lontana, lontana…
L’hacking di droidi non è una novità; ne troviamo un timido esempio già in uno dei videogiochi dell’Universo Esteso, Jedi: fallen order. Ma procediamo con ordine.
Nella nostra realtà i DRM nuociono gravemente alla cultura e alla libera circolazione della conoscenza, e al diritto di proprietà delle cose che compriamo. In Episodio IX portano addirittura alla distruzione di un pianeta, Kijimi, e alla morte di tutti i suoi abitanti.
La situazione: è stato ritrovato un pugnale con una iscrizione che rivela un segreto indispensabile per combattere i Sith. L’iscrizione è però nell’oscura lingua cerimoniale dei Sith, perciò all’androide dorato C3PO, che si vanta continuamente di conoscere 6 milioni di forme di comunicazione, viene chiesto se conosca anche quella.
C3PO risponde di sì, ma resta muto di fronte alla richiesta di tradurla. Conferma di comprendere la scritta, ma che non è in grado di comunicare la traduzione perché il suo software contiene un’istruzione, voluta dal Senato Galattico, che non gli consente di farlo, presumibilmente per impedire ai Sith di usare gli androidi catturati come strumento per comunicare con le altre specie.
Proprio come con un vero DRM; anche utilizzandolo per un motivo corretto, essendo uno strumento errato e diabolico, otteniamo conseguenze impreviste e nefaste.
Per tentare di superare questa situazione C3PO viene portato sul pianeta Kijimi dal fuffoso hacker Babu Frik. Dopo aver parzialmente aperto e “filato” il povero C3PO, Babu Frik comunica che potrà estrarre le informazioni, ma che l’operazione cancellerà completamente la memoria di C3PO, che quindi tornerà alla sua programmazione di default.
Scena commovente, in cui il droide accetta di sacrificarsi e saluta gli amici, poi Babu Frik fa partire l’hack e pone C3PO in una specie di modalità diagnostica (o forse di combattimento) in cui i suoi occhi diventano rossi. L’androide pronuncia la frase tradotta, poi si spegne, e dopo pochi secondi si riavvia; sa solo ripetere il suo saluto standard e non ricorda più nulla e nessuno.
Per lui poi ci sarà un lieto fine, mentre per gli abitanti del pianeta Kijimi no. Infatti i Sith, venuti a conoscenza della possibilità che la scritta venga tradotta, per bloccare la fuga di informazioni vaporizzano il pianeta con un altro DRM particolarmente originale e potente, uno Star Destroyer dotato del cannone precedentemente patrimonio solo della Morte Nera.
Allegoria voluta degli effetti funesti dell’uso dei DRM su di un’intera società? Forse un “hack” di Episodio IX, sfuggito alla censura di uno dei più grandi utilizzatori di DRM? A Cassandra piace pensarlo; comunque non si fa remore a impiegare l’episodio per affrontare ancora una volta l’argomento dei DRM.
Infatti proprio i DRM sono il motivo per cui Cassandra è stata creata, con l’uscita dell’Episodio I di Cassandra Crossing, quattordici anni or sono. Da allora la loro pericolosità è costantemente cresciuta.
Le conseguenze nefaste dei DRM viengono oggi sperimentate da chi compra oggetti informatizzati come cellulari, IoT, automobili o trattori, e scopre poi di non esserne il proprietario. In questo persino Episodio IX può quindi servire a qualcosa, ed essere l’argomento dell’Episodio CDXLVI di Cassandra Crossing!
Buone feste a tutti.