In Europa la pandemia di Covid-19 ha superato il picco, ma la discesa della curva epidemica non si annuncia veloce: “non sarà uno sprint, ma una maratona”, avvertono i Centri europei per il controllo delle malattie (Ecdc). Se nei Paesi europei il rischio legato alla circolazione del virus SarsCov2 è moderato e in alcuni casi basso, non è così dall’altra parte dell’Atlantico, dove soprattutto in America Latina la prima ondata della pandemia sta raggiungendo numeri altissimi in termini di casi e decessi.
Ovunque si spera nel vaccino, ma per l’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms) adesso è importante “imparare a convivere col virus”. Questo perché, osserva il capo delle Emergenze dell’Oms Mike Ryan, “speriamo di trovare un vaccino efficace, ma non è garantito che questo accada”. Di conseguenza “i governi di tutto il mondo devono trovare un equilibrio tra il controllo del virus e le conseguenze sociali ed economiche delle misure”.
In Europa la curva epidemica continua a salire solo in Polonia e in Svezia, ma gli Ecdc avvertono che “un aumento dei casi è probabile nelle prossime settimane”. Incoraggianti anche i dati sui decessi, tanto che sulla rivista “The Lancet” il gruppo dell’Imperial College di Londra, coordinato da Lucy Okell, interpreta i dati degli Ecdc individuando un plateau della mortalità in Europa assestato su valori compresi fra lo 0,5% e l’1%: un dato maggiore rispetto a quello dell’influenza stagionale, ma comunque positivo, e probabilmente dovuto alle misure di contenimento.
Guai, però, ad abbassare la guardia. “La pandemia non è finita”, dicono gli Ecdc. “Mentre osserviamo una tendenza alla riduzione in Europa, servono ancora sforzi continui per limitare la diffusione della malattia”. C’è quindi da affrontare una lotta ancora lunga, in cui “il contributo di ognuno può fare la differenza”, aggiungono riferendosi alle misure di prevenzione.
Mentre negli Stati Uniti e in America Latina la pandemia si estende a macchia d’olio, in Europa ci sono focolai bene individuabili, che richiedono comunque una stretta sorveglianza, soprattutto in vista dell’autunno. Basti pensare al recente focolaio di Roma, presso l’Irccs San Raffaele Pisana, osserva il fisico Giorgio Parisi, dell’Università Sapienza di Roma. Come potrà essere il futuro “lo vedremo bene fra una settimana, se – osserva – riusciremo a contenere bene il focolaio: è una sorta di prova generale di quanto potrà succedere in autunno”.
Al momento, prosegue, “la situazione è buona in gran parte dell’Europa, e soprattutto in Italia, Francia e Germania i casi stanno calando. In Svezia i casi non stanno scendendo e non salgono, ma il contenimento ha portato l’indice di contagio Rt vicino a 1. In Germania – prosegue – i casi stanno scendendo molto lentamente, con un tempo di dimezzamento di un mese, forse per la comparsa di focolai. I dati della Russia, invece, sembrano costruiti a tavolino”, soprattutto quelli su numero di guariti e decessi.
Imparare a convivere con il virus è importante soprattutto in vista dell’autunno, quando “le malattie respiratorie invernali potrebbero confondersi con il nuovo coronavirus: per questo bisognerebbe essere pronti a fare mezzo milione di tamponi al giorno”, dice Parisi riferendosi all’Italia. E’ una sfida tecnologica e di politica sanitaria, perché serviranno “macchine più veloci, efficaci ed economiche per i test, e almeno 50.000 persone per fare i tamponi”.