Dai sensori all’intelligenza artificiale, dal calcolo all’imaging: sono numerose le possibili applicazioni dei chip che usano circuiti di luce ‘programmabili’ per trasportare le informazioni. Ad analizzare le potenzialità di questa nuova frontiera della fotonica è uno studio internazionale pubblicato sulla rivista Nature dal Politecnico di Milano con l’Università di Stanford, il Max Planck Institute, il Massachusetts Institute of Technology, l’università di Ghent e l’Università Politecnica di Valencia.
La fotonica sta avendo una diffusione pervasiva in molti contesti ed è ormai necessario avere circuiti ottici che possano essere programmati direttamente dall’utilizzatore finale: questa versatilità permette di avere un unico prodotto per tante applicazioni diverse, quindi tempi di ricerca e sviluppo ridotti, sensibile riduzione dei costi e maggiore accessibilità a queste tecnologie.
La strategia più usata per configurare questi circuiti è quella di predisporre su un chip delle maglie di piste ottiche interconnesse, i cui nodi possono essere configurati via software e possono essere gestiti attraverso opportuni algoritmi di calibrazione e controllo. In questo modo la luce viene distribuita, reindirizzata e ricombinata in modo tale da svolgere la funzione desiderata molto velocemente e a basso consumo energetico. Se si desidera poi cambiare la funzione svolta dal circuito basta riprogrammarlo, senza doverlo sostituire fisicamente.
“Con lo stesso circuito ottico – spiega Francesco Morichetti, responsabile del progetto Superpixels per il Politecnico di Milano – possiamo scegliere se svolgere operazioni matematiche, implementare sistemi di intelligenza artificiale e apprendimento automatico, realizzare reti di sensori on-chip e sistemi di imaging, manipolare stati quantistici della luce. E la rapida convergenza tra le tecnologie elettroniche e fotoniche porterà presto ad avere tutto questo su uno stesso chip di silicio”.