È rimasto in aria per 12 secondi, più o meno quanto il volo inaugurale dei fratelli Wright, ma proprio come quell’invenzione il velivolo progettato da Steven Barrett e dai colleghi del Massachusetts Institute of Technology segna una conquista fondamentale nella storia dell’aviazione.
L’aeroplano, che per adesso è un modello di 2,45 kg di peso e 5 metri di apertura alare, è la prima macchina più pesante dell’aria (diversa cioè da un aerostato o un dirigibile) che vola senza bisogno di parti mobili (come eliche o turbine) per sollevarsi. Ci riesce grazie a un getto silenzioso (e non inquinante) di aria ionizzata – il vento ionico – generato dagli elettrodi disposti sulle ali, che strappano elettroni dall’aria circostante creando la spinta necessaria: in pratica non servono motori né propulsori, perché il piccolo velivolo produce più spinta per unità di potenza di un comune motore a getto. I risultati del lavoro sono descritti su Nature.
Come funziona. Il principio che ha tenuto sollevata l’aeromobile per 55 metri in un centro di atletica del MIT è quello dell’elettro-aerodinamica, noto dagli anni ’20 e di nuovo esplorato negli anni ’60. L’idea è di produrre la spinta propulsiva per sollevare e tenere in volo l’aereo attraverso un campo elettrico generato da una serie di fili elettrici alle estremità delle ali che si comportino da elettrodo positivo, e un’altra serie che faccia da elettrodo negativo. Una volta caricato grazie a una batteria, l’elettrodo positivo sottrae elettroni dalle molecole d’aria circostanti, che sono a loro volta attratte verso l’elettrodo negativo. Mentre si muovono verso di esso, collidono con molecole “neutre” e le spingono verso il retro dell’aeromobile, generando una spinta propulsiva.
Equilibrio precario. Finora si pensava che questa tecnologia fosse adatta a modellini da laboratorio e non a velivoli veri e propri: la spinta propulsiva può essere aumentata ingrandendo l’aereo, che a quel punto però diviene troppo pesante per sostenersi. Il team di ingegneri ha studiato per nove anni la fisica di questo tipo di macchine, utilizzando modelli computerizzati per calcolare il rapporto ideale tra peso e propulsione.
L’accento è stato posto sulla leggerezza e non sulla velocità del mezzo, che vola a 5 metri al secondo (contro i 200 metri al secondo della maggior parte dei jet commerciali). Un aereo più grande avrebbe bisogno di una batteria più grande (per alimentare gli elettrodi), e il problema del peso si ripresenterebbe.
Voli pindarici. Ora il gruppo del MIT proverà a lavorare per aumentare dimensioni e velocità della macchina, senza perdere gli obiettivi raggiunti. In futuro, questa tecnologia potrebbe essere usata per alimentare droni silenziosi (per esempio per scopi militari o per non disturbare gli animali) o voli d’alta quota a energia solare che rimangano in aria per diversi anni, come pseudo-satelliti. Nel lungo periodo, il sogno è di riuscire a far volare aerei commerciali a zero emissioni, ma siamo ancora ben lontani dal riuscirci.
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