
Un piccolo satellite, delle dimensioni di una valigia e denominato Dalian-1 Lianli, è diventato il protagonista di un esperimento senza precedenti: testare con successo in orbita un sistema operativo interamente sviluppato in casa. Rilasciato dalla stazione spaziale cinese Tiangong, questo CubeSat ha trascorso oltre mille ore nello spazio, un banco di prova formidabile per dimostrare l’efficienza e l’affidabilità della nuova piattaforma software in condizioni estreme.
Il cuore di questa impresa è OpenHarmony, una versione snella e leggera del più noto HarmonyOS di Huawei, gestita dalla fondazione cinese OpenAtom. I ricercatori delle università di Dalian e Xian hanno implementato questo sistema operativo in tempo reale (RTOS) su tre sottosistemi fondamentali del satellite: il magnetometro, il sensore solare e l’unità di assetto, componenti che ne determinano con precisione la posizione e l’orientamento. I risultati, pubblicati sulla rivista Space: Science and Technology, hanno superato le aspettative. Dopo l’aggiornamento a OpenHarmony, i sottosistemi hanno mostrato una velocità di risposta ai comandi sbalorditiva, appena due microsecondi. Questo incremento prestazionale ha permesso aggiornamenti dei dati a frequenze molto più elevate rispetto alle configurazioni precedenti, migliorando la reattività e l’efficienza complessiva della missione.
Questa non è solo una vittoria tecnologica, ma anche strategica, poiché per la prima volta, un satellite cinese ha operato combinando un sistema operativo e un chip entrambi di produzione nazionale. Questa sinergia hardware-software “fatta in casa” rappresenta una pietra miliare per Pechino, offrendo un’alternativa concreta ai sistemi operativi stranieri su cui l’industria spaziale cinese ha fatto affidamento per anni, come FreeRTOS. Sebbene queste soluzioni open-source siano state inizialmente vantaggiose, hanno mostrato i loro limiti nel momento in cui le sanzioni occidentali, in particolare quelle statunitensi, hanno ristretto l’accesso ai chip di produzione estera, rendendo problematico l’uso di software sviluppato su di essi.
La messa al bando di Huawei dal mercato statunitense nel 2019 è stata la scintilla che ha accelerato drasticamente gli sforzi della Cina per raggiungere l’indipendenza tecnologica. Sulla scia del successo della missione Lianli, il team di ricerca ha già proposto l’adozione di standard tecnici nazionali per integrare OpenHarmony in altri progetti di piccoli satelliti, un’iniziativa che mira a standardizzarne l’applicazione e a promuoverne una più ampia diffusione nel crescente settore spaziale commerciale e di ricerca del paese.