La Corte costituzionale ha giudicato inammissibile il referendum abrogativo proposto dalla Lega per trasformare l’attuale legge elettorale in un maggioritario puro. Fra le motivazioni si legge che il quesito è “eccessivamente manipolativo”
(foto: LaPresse)
Il referendum per l’abolizione della quota proporzionale dell’attuale legge elettorale non ci sarà. Lo ha stabilito la Corte Costituzionale dichiarando inammissibile il quesito presentato dal comitato promotore, dopo la richiesta arrivata da otto consigli regionali – precisamente Veneto, Piemonte, Lombardia, Friuli Venezia Giulia, Sardegna, Abruzzo, Basilicata e Liguria – tutti governati dal centrodestra.
Per i giudici costituzionali, infatti, il quesito risulta “eccessivamente manipolativo” soprattutto – scrive l’ufficio stampa della Consulta – nella parte “che riguarda la delega al governo, ovvero proprio nella parte che, secondo le intenzioni dei promotori, avrebbe consentito l’autoapplicatività della normativa di risulta”. Inoltre, la Corte ha detto di aver preliminarmente esaminato, sempre in camera di consiglio, il conflitto fra poteri proposto da cinque degli stessi Consigli regionali promotori giudicandolo “inammissibile perché, fra l’altro, la norma oggetto del conflitto avrebbe potuto essere contestata in via incidentale, come in effetti avvenuto nel giudizio di ammissibilità del referendum”.
Tradotto: la legge elettorale che entrerebbe in vigore in caso di un esito positivo del referendum richiesto, secondo i giudici, non sarebbe si potrebbe applicare subito poiché, prima di andare al voto, andrebbero ridefiniti i collegi da parte del governo, dopo il taglio dei parlamentari. Operazione troppo pericolosa – o appunto “manipolativa” come viene definita – per la democrazia.
Lo scopo del quesito sottoposto alla consulta era rendere completamente maggioritario il sistema elettorale, quindi abrogare la quota proporzionale, ovvero i due terzi, dell’attuale Rosatellum. Tra i principali sostenitori del referendum abrogativo la Lega di Matteo Salvini che voleva trasformare il voto sul sistema dei collegi uninominali come avviene nel Regno Unito. Il referendum sarebbe stato di tipo abrogativo e avrebbe richiesto il quorum del 50 per cento più uno degli aventi diritto.
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