Dalla fu “nebulosa eschimese” alle ex “galassie gemelle siamesi”, d’ora in poi tutti i termini divulgativi non più in linea col sentire comune verranno eliminati dalla comunicazione dell’ente spaziale americano
La coppia di galassie NGC 4567 e NGC 4568, colloquialmente definite anche “le gemelle siamesi” (foto: Nasa)
Razzismo e discriminazioni possono arrivare anche a migliaia e a milioni di anni luce dalla Terra, attraverso i nomi che la comunità scientifica attribuisce – in modo più o meno ufficiale – agli oggetti spaziali. Così, sull’onda lunga delle proteste e delle iniziative venute dopo la brutale uccisione di George Floyd a maggio, l’agenzia spaziale statunitense ha deciso di dare un proprio contributo nella lotta contro ingiustizie, pregiudizi e storture di antico retaggio.
Se da un lato la nomenclatura astronomica formale è un insieme di ostici codici alfanumerici simili a targhe automobilistiche su cui nessuna obiezione può essere sollevata, dall’altro ci sono i nomignoli con cui spesso i corpi celesti vengono chiamati informalmente. Questi soprannomi sono utilissimi nella divulgazione e nelle chiacchiere sullo spazio (anche tra esperti), ma allo stesso tempo possono veicolare messaggi piuttosto discutibili, magari ritenuti socialmente accettabili nel momento in cui sono stati coniati ma oggi non più tollerabili.
Quella della Nasa è una presa di posizione che guarda soprattutto al futuro e alla nomenclatura che verrà, ma in senso retroattivo l’agenzia ha annunciato pure un’accurata revisione di tutta la terminologia attualmente in uso. E i casi problematici già emersi sono almeno un paio. Qualcuno ritiene si sia andati fin troppo a cercare il pelo nell’uovo, forzando interpretazioni discriminatorie parecchio sottili, ma l’iniziativa punta senz’altro nella giusta direzione.
La nebulosa razzista
Il caso più emblematico tra quelli evidenziati in un comunicato stampa dalla Nasa aggiornato a poche ore fa è quello della nebulosa planetaria NGC 2392, visibile anche con un semplice telescopio amatoriale e collocata nella costellazione dei Gemelli. Oltre a essere nota come nebulosa clown, NGC 2392 è soprannominata anche nebulosa eschimese, e anzi nella versione italiana di Wikipedia è proprio quest’ultima espressione a dare tutt’ora il nome alla pagina.
Il termine eschimese però, la cui etimologia potrebbe derivare o da aayaskimeew (ossia fabbricante di racchette da neve) oppure meno probabilmente da mangiatori di carne cruda, è considerato dai diretti interessati come dispregiativo, ed è di origine coloniale. Inoltre viene usato per riferirsi a due gruppi etici distinti – gli Inuit del nord del Canada e dell’Alaska e gli Yupik dell’estremità orientale della Russia – che non si identificano con la definizione. La Nasa ha dunque deciso di eliminare del tutto il nome di nebulosa eschimese, senza sostituirlo.
La nebulosa NGC 2392, nota anche come “nebulosa clown” o “nebulosa eschimese” (foto: Nasa)
Arrivano le galassie congiunte
Anche se in Italia nel 2020 la parola congiunto evoca ricordi legati al lockdown, di fatto è questa la versione socialmente corretta di un’altra espressione che la Nasa ha deciso di mettere al bando: gemelli siamesi. Nello specifico si tratta di altre due galassie, NGC 4567 e NGC 4568, che si trovano nella costellazione della Vergine a una distanza dalla Terra di 60 milioni di anni luce. Nonostante i loro centri distino circa 20mila anni luce, dal nostro punto di vista di osservatori terrestri le due galassie appaiono accostate (come mostra l’immagine in alto in questo articolo), e per questo hanno meritato il nome di galassie farfalla o galassie gemelle siamesi.
La Nasa, in linea con il sentire comune statunitense, ha preferito adottare la dicitura più semplice di galassie gemelle o galassie congiunte, eliminando il riferimento alla parola siamese. Questa, infatti, anche nella lingua italiana deriva dai gemelli nati nell’Ottocento Chang e Eng Bunker (originari del Siam, l’odierna Thailandia) che erano uniti a livello del tronco e furono allora presentati e trattati come fenomeni da circo. Peraltro la parola siamesi è comparsa anche in un famoso brano del classico Disney Lilli e il Vagabondo, dove due gatti identici erano impiegati come escamotage cinematografico per stereotipare la cultura asiatica, tanto che oggi in alcuni casi la malformazione congenita viene erroneamente associata a una precisa area geografica.
Perché questa attenzione alle minoranze?
Come già anticipato, i cambi nome in cui si concretizza questa piccola rivoluzione culturale interna alla Nasa non sono di per sé qualcosa di eclatante. Nomi palesemente razzisti o chiaramente discriminatori sono stati esclusi ben prima del 2020, o più probabilmente non sarebbero mai nemmeno stati adottati. Un episodio particolare del 2019 è quello dell’asteroide binario Ultima Thule (oggi 486958 Arrokoth): l’oggetto celeste era stato chiamato in onore della leggendaria isola della mitologia europea, ma poi il riferimento a Thule è stato eliminato perché adottato in contemporanea da un’organizzazione antisemita tedesca. In quel caso non era il nome in sé a essere problematico, ma c’era il rischio che qualcuno accostasse le due realtà.
Riguardo invece alle novità degli ultimi giorni, per il pubblico italiano va detto che sia la parola eschimese sia siamese potrebbero apparire di per sé non così problematiche, tanto da essere considerate parte del gergo comune. E ciò ha determinato anche qualche resistenza nei confronti dell’iniziativa della Nasa. Proprio qui, infatti, sta la difficoltà nel compiere il salto di livello verso una scienza e una nomenclatura astronomica più inclusiva: non limitarsi a eliminare quei termini che la maggioranza ritiene inaccettabili, ma provvedere a togliere pure quelli che offendono o urtano la sensibilità di specifiche minoranze, che magari vivono in aree geografiche distanti.
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