
Un team di scienziati italiani ha proposto due avveniristiche tecnologie per raggiungere il lontanissimo e gelido mondo ai confini del Sistema Solare, sfruttando un’occasione irripetibile. Fantascienza? Forse, ma è bene approfondire la questione. Continuate nella lettura se vi siete incuriositi.
Lontano, ben oltre l’orbita di Plutone, vaga un mondo ghiacciato e solitario, un vero e proprio fossile cosmico che potrebbe custodire i segreti della nascita del nostro Sistema Solare. Si chiama Sedna, un pianeta nano scoperto nel 2003, così distante che per completare una singola orbita attorno al Sole impiega oltre 11.000 anni. Proprio questa sua caratteristica lo rende un obiettivo scientifico di prim’ordine, una capsula del tempo rimasta quasi indisturbata per miliardi di anni.
La sua enorme lontananza, tuttavia, rappresenta anche la più grande sfida per l’esplorazione. Ma tra poco più di cinquant’anni, nel 2076, Sedna farà il suo passaggio più ravvicinato al Sole, un evento astronomico chiamato perielio. Si tratta di un’occasione che non si ripeterà per i successivi diecimila anni, un appuntamento celeste che un gruppo di scienziati italiani non vuole assolutamente mancare. Anche in quel momento, la sua distanza sarà sbalorditiva: circa 11,2 miliardi di chilometri dalla nostra stella, quasi tre volte la distanza che separa il Sole da Nettuno.
È proprio per colmare questa immensa distanza in un tempo ragionevole che entra in gioco la proposta audace del team di ricercatori, pubblicata sul server di pre-stampa arXiv. L’idea è quella di impiegare tecnologie di propulsione non convenzionali, in grado di imprimere a una sonda velocità impensabili per i razzi tradizionali. Le opzioni sul tavolo sono due, entrambe affascinanti e al confine della fantascienza.
La prima si affida a una vela solare, un concetto già dimostrato con successo, come nel caso della sonda LightSail 2 della Planetary Society nel 2019. Questa tecnologia sfrutta la spinta generata dai fotoni, le particelle di luce emesse dal Sole, che colpiscono una superficie riflettente molto grande e sottile. Per rendere il viaggio ancora più rapido, gli scienziati propongono di rivestire la vela con un materiale speciale che, riscaldandosi, rilascia molecole, fornendo una spinta aggiuntiva attraverso un processo noto come desorbimento termico. Una sonda così leggera, non dovendo trasportare carburante, potrebbe raggiungere Sedna in appena sette anni, ma sarebbe in grado solo di effettuare un sorvolo ravvicinato.
L’altra opzione, ancora più avveniristica, è un razzo a fusione nucleare, il cosiddetto Direct Fusion Drive (DFD), attualmente in fase di sviluppo presso il Plasma Physics Laboratory dell’Università di Princeton. Questo motore è progettato per generare sia spinta che energia elettrica da una reazione di fusione nucleare controllata. Offrirebbe un’accelerazione continua e una spinta notevole, con il vantaggio di poter inserire una sonda più piccola direttamente nell’orbita di Sedna, permettendo uno studio prolungato e dettagliato.
Tuttavia, questa tecnologia deve ancora superare enormi sfide ingegneristiche, legate alla stabilità del plasma, alla dissipazione del calore e alla sua longevità nelle proibitive condizioni dello spazio profondo. La scelta tra un viaggio rapido e un’analisi approfondita dipenderà da quali frontiere tecnologiche riusciremo a superare per primi.