La leggende che lega 5g e coronavirus non nasce dal nulla. Da quando onde radio sono usate nella società di massa, circolano voci su un loro scopo offensivo, o su danni collaterali nascosti
Londra, 10 aprile 2020 (foto: by Justin Setterfield/Getty Images)
Lo scorso 6 aprile Wired Uk ricostruiva nascita e diffusione della teoria del complotto che lega 5g e coronavirus. Il punto zero sarebbe stato un articolo pubblicato a gennaio da un giornale belga. Secondo un medico di base chiamato Kris Van Kerckhoven, l’epidemia era scoppiata a Wuhan a causa delle sue antenne 5g. L’idea cominciò a diffondersi. In breve dai gruppi anti-5g in lingua olandese arrivò fino agli influencer internazionali. Per febbraio la teoria del complotto era seconda solo a quella del virus creato in laboratorio. Alla fine la leggenda ha avuto effetti tangibili nel mondo fisico, con diversi casi di antenne distrutte (5g o meno). Anche in Italia c’è stato un caso recente, ma non è chiaro se c’entri in qualche modo la diceria sul coronavirus.
Probabilmente è ancora presto per sapere se davvero sia stato quell’articolo a scatenare tutto, almeno in Europa. Il giornalista belga che intervistava Van Kerckhoven sembrava conoscere già la teoria prima di chiederne conferma: forse il giornale è stato solo un super-spargitore, non il punto di origine. Ma soprattutto Wired Uk ricorda che anche questa leggenda non nasce dal nulla. Il nuovo standard 5g faceva discutere da prima della pandemia: c’è chi teme rischi per la salute, anche se il consenso è che non ponga più rischi dei precedenti (teoricamente meno). Ma in realtà è da quando le onde radio sono usate nella società di massa che circolano voci su un loro scopo offensivo, o su danni collaterali nascosti, come ci ricorda anche Pessimists Archive.
If you think 5G conspiracies are nuts, check out the ones about radio from the early 20th Century https://t.co/YNmxZm8Oez
— Pessimists Archive™ (@PessimistsArc) April 10, 2020
Panico senza fili
Dall’introduzione dei cellulari ci si è posti il problema dei possibili danni alla salute causati dal loro utilizzo. E questo, piaccia o no, è del tutto naturale e desiderabile. Se la popolazione cambia abitudini in massa per una nuova tecnologia, c’è un interesse pubblico ad approfondire la questione. Sui cellulari, visti gli studi eseguiti, c’è da anni un solido consenso sulla sicurezza di questi dispositivi. Il problema è che se esiste un rischio ed è molto basso, è anche difficile da fotografare. Allo stesso tempo è impossibile provare un rischio nullo, e bisognerebbe piuttosto valutare ogni tecnologia in una cornice costi/benefici.
Per questo, anche prima del 5g, il dibattito si è periodicamente riacceso grazie a inchieste e sentenze di tribunale, ma in assenza di novità rilevanti tanto sul piano scientifico che su quello normativo. Ma i cellulari non sono le sole diavolerie senza fili che temiamo, o che impariamo a temere. Forse non tutti ricordano che 12 anni fa Report riciclò un servizio della Bbc che agitava lo spauracchio dei danni da wi-fi. Si parlava di elettrosensibilità, raccontando casi di bambini che si erano sentiti male dopo l’installazione degli hot-spot a scuola. Paolo Attivissimo sul suo blog specificava che la Bbc aveva poi accolto critiche e precisazioni sul servizio, alle quali non si fa cenno nella versione italiana. Anche in questo caso la paura dei presunti danni da Wi-fi non se n’è mai andata, ed è periodicamente rievocata da giornali e riviste. Tra i suggerimenti più originali per non rinunciarvi, usare specifiche piante per l’assorbimento delle radiazioni elettromagnetiche: povero Spatifillo…
Il raggio della morte di Marconi
Il 25 aprile è anche l’anniversario della nascita di Guglielmo Marconi. All’inventore (per convenzione) della radio è legata una leggenda sugli utilizzi ostili della sua tecnologia: il raggio della morte. Si dice che prima di morire nel 1937 Guglielmo Marconi stesse lavorando per Benito Mussolini a un’arma che avrebbe cambiato le sorti della guerra. Basata sulle invisibili onde radio, poteva fermare il motore di un mezzo nemico a distanza, fosse un aeroplano o un carro armato. Nel libro Mussolini si confessa alle stelle (1952) il giornalista fascista Ivanoe Fossani scrive anche che Marconi, su consiglio del Papa, non gli consegnò l’arma per ragioni etiche. Questo è quanto il dittatore gli avrebbe rivelato in un’intervista del 20 marzo 1945.
Che la testimonianza di Fossani sia o meno attendibile, non cambia il fatto che la Wunderwaffe italica non è mai esistita. La sua leggenda è probabilmente legata agli esperimenti di radiolocalizzazione condotti da Marconi a Torre Chiaruccia nel 1935, quando cominciarono a circolare voci in merito. Ma appartiene all’ampia famiglia delle leggende sui raggi della morte, con moltissimi inventori coinvolti, da Majorana all’immancabile Tesla.
Come ha spiegato a Wired l’esperto Giuseppe Stilo, il raggio della morte è declinato in modi molto diversi, a volte opposti. Lo si inventa per arricchirsi, o per venderlo alla potenza straniera migliore offerente. Oppure lo si inventa per patriottismo, e fornire al proprio Paese l’arma che lo renderà invincibile. In altre narrazioni invece lo si progetta per pacifismo: è un’arma talmente distruttiva che se i suoi piani andassero a tutti, renderebbero folle l’idea di un nuovo conflitto sul tipo della Prima Guerra Mondiale.
Ricordando Haarp
Che le onde radio possano, in qualche modo, favorire la diffusione del coronavirus può sembrare assurdo. Eppure chi è motivato può facilmente trovare prove supporto. Per esempio non è difficile trovare studi sugli effetti dei campi elettromagnetici sul sistema immunitario, anche se ci dicono ben poco sui presunti danni per gli umani (a oggi non dimostrati). Ci sono anche diversi medici che, come l’esperto intervistato dal giornale belga, sono ansiosi di farsi passare da Galileo. Quindi, almeno in alcune versioni, la narrazione che lega 5g e coronavirus cerca di appoggiarsi su un fondo di verità.
Nessuno invece ha mai capito come avrebbe dovuto funzionare Haarp, il programma di ricerca per lo studio della ionosfera accusato per vent’anni di aver provocato disastri in mezzo mondo. Per le sue antenne nulla era impossibile, dal controllo mentale a quello del clima, dalla creazione di terremoti e uragani agli attentati dell’11 settembre. Non a caso è stata definita la Balena bianca delle teorie del complotto. Nonostante non fosse segreto (aveva anche un sito web), era facile immaginare che Haarp e le sue antenne stessero combinando qualcosa di losco.
Ma ogni bella storia deve finire, o almeno reinventarsi: dal 2015 ha cessato di essere (anche) un progetto militare (per le telecomunicazioni a lunga distanza) e le sue antenne (spente) sono rimaste alla University of Alaska Fairbanks.
La siccità? Colpa della radio
Liquidare i timori delle nuove tecnologie come luddismo rischia di essere poco produttivo. Persino le teorie del complotto meritano analisi più approfondite di quelle dei frame tecnofobici. Come in altri casi, non è necessariamente il rifiuto della scienza a fare da propellente, potrebbe essere invece il sospetto verso le istituzioni che gestiscono la tecnologia. Oltre a questo è perfettamente ragionevole pretendere più sicurezza possibile, senza cadere nella trappola paralizzante dell’inesistente rischio 0.
Detto questo, ci si potrebbe comunque chiedere quanto possiamo tornare indietro nel tempo e trovare timori altrettanto infondati del coronavirus diffuso dal 5g. Almeno un secolo, cioè da quando la radio è diventata comune. Come riporta Gizmodo, nel 1924 la rivista Science and Invention pubblicava un articolo sulle diverse colpe attribuite senza basi alla radio. Tra queste c’erano anche calamità come siccità e terremoti.
Il debunking scritto all’epoca da Hugo Gernsback è del tutto simile a uno di quelli che si potrebbero leggere oggi sul 5g o sui cellulari, almeno fino al momento in cui comincia a prevedere il futuro (del resto sarebbe diventato autore di fantascienza). Per i nostri giorni Gernsback prevedeva un avvenire radioso in cui avremmo usato le onde radio per rinvigorire non solo il nostro corpo, ma anche per far crescere le piante più velocemente. Ma le avremmo anche usate per dominare il tempo atmosferico, sebbene a scala locale. A quanto pare nemmeno la divulgazione si salva dalle leggende metropolitane…
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